L’amen di Giuseppe – SAN GIUSEPPE
SAN GIUSEPPE
2Sam 7,4-5.12-14.16 Sal 88 Rm 4,13.16-18.22
Dio onnipotente,
che hai voluto affidare gli inizi della nostra redenzione
alla custodia premurosa di san Giuseppe,
per sua intercessione concedi alla tua Chiesa
di cooperare fedelmente
al compimento dell’opera di salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal secondo libro di Samuèle 2Sam 7,4-5.12-14.16
Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre.
In quei giorni, fu rivolta a Natan questa parola del Signore:
«Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno.
Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
Amore eterno
Davide confida al profeta Natan di voler costruire una dimora stabile per il Signore come quella che abita lui. Infatti, il re si era costruita una casa con legno di cedro mentre l’Arca dell’Alleanza era custodita ancora sotto la Tenda del convegno. Essa era il segno della vicinanza di Dio al suo popolo nel tempo del suo pellegrinare nel deserto e il successivo ingresso nella Terra promessa. Tuttavia, il Signore rivela a Davide, mediante il profeta Natan, che, per quanto sia lodevole l’iniziativa, essa deve essere ricompresa. Non sarà Davide a costruire una casa a Dio, ma il contrario, portando a compimento le promesse fatte ai Patriarchi. Il tempio sarà edificato da Salomone, discendente di Davide. In tal modo si realizzerà la parola di Dio. Lui è il costruttore della casa e che ne garantisce la stabilità. L’opera umana, perché sia duratura, deve essere poggiata sulla roccia della parola di Dio. L’obbedienza alla parola di Dio rafforza il legame tra il Padre e il Figlio, tra Dio e il suo Popolo e lo rende eterno come la roccia. Come Dio custodisce per sempre l’amore per il suo popolo, così l’uomo, custodendo nel suo cuore la Parola e mettendola in pratica, edifica sé stesso sulla salda roccia della misericordia divina.
Salmo responsoriale Sal 88
In eterno durerà la sua discendenza.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».
«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 4,13.16-18.22
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza.
Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.
Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
Padre nella fede
Ogni cosa creata è dono di Dio all’uomo. Egli la riceve gratuitamente dalle Sue mani. Abramo è padre nella fede di tutti i popoli, senza distinzione di etnia o religione, perché la benedizione che Dio gli ha concesso passi ad ogni uomo che ne segue l’esempio. Abramo non aveva ricevuto altro comando se non la parola che Dio gli rivolgeva. Egli l’ha messa in pratica anche andando contro la sua umana speranza, ma sostenuto solamente dalla fiducia in Dio e nella certezza che Lui dà la vita anche ai morti. Abramo è, dunque, luminoso esempio che conforta coloro che nella prova sono tentati di abbandonare la comunità o cercano scorciatoie che sembrano assecondare i nostri desideri, ma che, invece, portano fuori strada.
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 1,16.18-21.24
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
La stringatezza del racconto evangelico permette al lettore di fare ricorso alla fantasia per cogliere nel silenzio di Giuseppe il suo travaglio interiore necessario perché ne uscisse fuori un uomo più maturo, uno sposo più fedele e un padre più amorevole. Giuseppe è chiamato «lo sposo di Maria» ed è definito «uomo giusto». Aveva dato la sua parola a Maria e nel suo cuore lei era già la sua sposa. Entrambi aspettavano il giorno nel quale Maria sarebbe stata accolta in casa sua, in attesa poi di avere un bambino, coronamento del loro amore. Il tempo della «prova» per verificare l’integrità di Maria coinvolge anche Giuseppe catapultato in un mistero più grande delle sue attese. Giuseppe vive il fidanzamento come tempo di discernimento. Viene, per così dire, costretto dagli eventi che, suo malgrado, lo inducono a riflettere per compiere una scelta consapevole anche se sofferta. È un tempo di crisi e, come tale, è tempo di scelte. Giuseppe, come ogni innamorato, sogna e la sua immaginazione disegna la forma e i contorni delle sue attese. Il fidanzamento più che essere il tempo dei sogni diventa il momento del sogno nel quale mettersi in ascolto del mistero della vita. Davanti ad esso non possiamo che riconoscere quanto immensamente più grande dei nostri desideri sia il disegno di Dio. Maria non è più solo la sposa che gli avrebbe dato dei figli, ma il suo grembo è gravido della storia dell’uomo che attende il Salvatore. Giuseppe impara l’arte del discernimento. Dio parla a Giuseppe nel sogno ovvero quando è nel sonno della morte. Il sonno, infatti, è metafora della morte tempo nel quale non siamo più padroni di noi stessi. Quando cediamo le armi del controllo sulla nostra vita e sul futuro degli altri Dio trova lo spazio per rivelarci il senso più profondo della vita. Essa ci appare come mistero, cioè il progetto di Dio al quale egli ci invita a partecipare. Giuseppe dice il suo amen accettando di collaborare con Dio, unisce il suo sì a quello pronunciato da Maria. L’adesione alla volontà di Dio unisce Maria e Giuseppe rendendo il loro amore eterno e fecondo.
Signore Gesù, sei entrato nella comunità degli uomini attraverso una famiglia, come tante altre, eletta ad essere la tua prima dimora in mezzo a noi. Non era ancora una famiglia, ma tu l’hai resa tale perché in te essi hanno unito i loro cuori. Hanno avuto la forza di rinunciare ai loro sogni, il coraggio di credere alla Parola di Dio e la generosità di convergere sul progetto di vita che era loro rivelato. Ti chiedo di donare anche a me lo Spirito di sapienza e giustizia che ha animato Giuseppe nel discernere e aderire alla volontà di Dio. Certamente non ti offendi se rivolgendomi a Giuseppe gli chiedo di starmi accanto nell’esercizio della mia paternità. Accompagnandomi, come ha fatto con te, mi insegni a sognare con il cuore rivolto al Cielo e gli occhi attenti ai fratelli.