La vita bella sboccia come un fiore nel deserto – Sabato della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Sabato della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Giac 3,1-10 Sal 11
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,2-13
Fu trasfigurato davanti a loro.
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».
La vita bella sboccia come un fiore nel deserto
Quello che doveva essere un piccolo ritiro con i tre apostoli più “duri” diventa un’esperienza di rivelazione e di vocazione. Ciò che avviene ha dello straordinario e inedito. Come tale, gli spettatori non comprendono nulla di quello che sta accadendo e sono spaventati, tuttavia, rimangono affascinati al punto che Pietro sente di dover esprimere la sua grande meraviglia. Benché siano timorosi essi non fuggono ma, al contrario, vorrebbero rimanere lì insieme a Gesù e ai suoi ospiti; per entrare in discorso Pietro propone la costruzione di tre tende. In realtà essi stessi sono chiamati ad essere la tenda nella quale Dio incontra l’uomo. Per questo Dio li copre con la sua ombra, li abbraccia invitandoli a riconoscere Gesù come suo Figlio, ma anche il loro fratello maggiore. Ascoltarlo significa obbedirgli con fiducia e seguirlo per condividere con lui la benedizione che il Padre gli ha dato. Il libro della Genesi afferma che quando Dio vide l’uomo che aveva creato esclamò la sua gioia: «è bellissimo!». Cosa ha portato Dio a esprimersi in questo modo? Cosa l’affascina? Dio non rimane stupefatto per le grandi opere dell’uomo ma del Figlio suo che lo ama di un amore di tenerezza e di fiducia anche nel momento più alto del dolore. Non è una bellezza estetica e umana, ma divina; è la bellezza dell’amore. Sulla croce nel cuore di Dio è entrato il dolore del peccato e nel cuore dell’uomo è riversata la gioia del perdono. Con Gesù crocifisso Dio assume il nostro dolore senza alcuna protezione; ecco perché non c’è bellezza più pura di quell’amore senza veli.
Signore Gesù, sulla croce Tu riveli la bellezza dell’amore la cui luce non ci abbaglia ma ci affascina. Quando il dolore ci colpisce duramente col suo frastuono ci avvolga l’abbraccio del Padre e la sua voce ci rassicuri che non siamo soli perché Lui è lì con noi per aiutarci anche quando ci sentiamo abbandonati. Sin dalla nascita conosciamo il trauma del distacco di cui il peccato rinnova il ricordo che alimenta la paura. La luce della fede accesa in noi nell’ora della tua morte trasfiguri la nostra vita affinché anche noi non ci vergogniamo della croce ma, uniti a Te possiamo essere nel mondo portatori della bellezza del tuo amore che sana e salva l’uomo.