La scaltra saggezza – Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Carlo Borromeo
Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Carlo Borromeo
Fil 3,17-4,1 Sal 121
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 16,1-8
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
La scaltra saggezza
L’amministratore della parabola, come il figliol prodigo di quella precedente, approfitta della sua posizione per sperperare inutilmente la ricchezza. Questo atteggiamento viene chiaramente denunciato e stigmatizzato al punto che il padrone decide di togliergli l’amministrazione non prima di avergli intimato di rendicontare e portare in pareggio il bilancio. L’uomo si trova ad un punto di non ritorno dove si gioca la sua vita. Come il figlio minore che ragiona tra sé e decide di ritornare a casa confidando nell’accoglienza del padre, così l’amministratore escogita una strategia per trasformare quella crisi in opportunità. Egli non ha sottratto nulla al suo padrone ma semplicemente ha rinunciato a quello che gli spettava dalla transizione esigendo dai debitori solamente ciò che legittimamente era dovuto al padrone. La soluzione rivela un cambiamento di mentalità dell’amministratore che da avido di guadagno diventa più saggio preferendo investire nelle relazioni con i debitori del suo padrone piuttosto che approfittarne ancora di più magari aumentando il prezzo da pagare e i margini del suo profitto. La disonestà dell’amministratore non viene misconosciuta ma al contempo viene lodata la sua astuzia. Con questa parabola Gesù insegna ai discepoli non solo ad essere come il figliol prodigo che mette da parte l’orgoglio e l’amor proprio per ritornare dal Padre e chiedere di essere riammesso a casa, ma anche come quell’amministratore che, rinunciando ai suoi interessi, punta tutto sull’amicizia con i debitori del suo padrone. La scaltrezza dei figli della luce consiste nel riconoscere il valore dell’amicizia che supera di gran lunga quella dei beni che possiamo accumulare. Essi non servono a salvarci la vita mentre gli amici veri, quello che anche noi abbiamo aiutato nel tempo del bisogno, sono quelli che ci ritroviamo nei momenti critici e senza dei quali cadremmo nella disperazione.
Signore Gesù, dona ai tuoi discepoli la saggezza del cuore perché, rinunciando all’orgoglio e all’avidità, possiamo cogliere l’opportunità che ci è offerta per i meritati castighi di investire tutto sull’amicizia fraterna. C’ insegni a non fermarci alla critica e al giudizio del disonesto ma ad imitare la sua creatività, non per speculare, ma per imparare a finalizzare le rinunce al bene superiore della comunione fraterna. Donaci la “furbizia” dello Spirito non per accumulare beni caduchi, ma per accrescere il legame di amore con i fratelli e in questo modo garantirci, con la vita eterna, i beni che non periscono.