Dalla bramosia del potere alla compassione – XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Is 53,10-11 Sal 32 Eb 4,14-16
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,35-45
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Dalla bramosia del potere alla compassione
Gesù aveva appena ribadito per la terza volta che a Gerusalemme, dove era diretto con i suoi discepoli, avrebbe subito umiliazione e morte ma da essa sarebbe stato liberato con la risurrezione. Quanto più si avvicinava l’ora della Pasqua tanto più gli apostoli sembravano allontanarsi dal loro Maestro per inseguire le loro fantasie. I discepoli precedentemente avevano già discusso tra loro chi fosse il più grande e, dunque, chi di loro fosse più capace di assumersi la responsabilità di prendere il posto di Gesù. L’idea fissa è quella di guadagnare il posto giusto dal quale gestire e controllare. Le fantasie, caldeggiate e coltivate nell’intimo del cuore, vengono poi proiettate sugli altri caricandoli delle proprie attese. È facile che esse diventino pretese, criteri di scelta e il fine per cui vivere. Tra queste fantasie la più comune, ma anche la più nociva, è l’avidità o sete di potere.
I due fratelli, discepoli della prima ora, chiedono a Gesù di essere i suoi collaboratori più stretti nel momento in cui sarebbe giunto all’apice della gloria e avrebbe conquistato finalmente il potere. Essi esprimono la loro decisa volontà di partecipare all’esercizio della sua autorità. Sembrano avere le idee chiare, ma così non è perché essi, dice loro Gesù, non sanno quello che chiedono. Infatti, quella che sembra essere una semplice richiesta di favore nasconde il tentativo di piegare Gesù alla loro volontà di potenza. Formalmente essi chiedono di partecipare alla gloria di Gesù, ma nei fatti essi pretendono che il Maestro si adatti alla loro volontà. Per il raggiungimento del loro obbiettivo si dichiarano disposti e pronti a bere lo stesso calice di sofferenza di Gesù e a ricevere il suo medesimo battesimo. In realtà, essi non sanno quello che dicono, convinti di poter meritare il premio in forza della loro volontà e capacità di affrontare qualsiasi lotta. Essi sono disposti a fare qualsiasi sacrificio per ottenere ciò che desiderano. Ma Gesù non può dare loro ciò che essi chiedono perché la gloria verso cui è indirizzato il cammino del Signore è di tutt’altra natura. Infatti, egli invita i discepoli a partecipare della sua gloria intesa come servizio e dono della propria vita.
La logica del possesso, fatta propria dai governanti delle nazioni che le dominano e le opprimono, crea fratture nella comunità perché induce coloro che la seguono, o che la subiscono, a forme fratricide di competizione per occupare i posti di prestigio o garantirsi dei privilegi. Il desiderio di raggiungere il potere, che è fine a sé stesso, o semplicemente di intendere la vita solamente come godimento, genera ingiustizie e dissidi; Gesù, al contrario, mette a servizio della volontà del Padre la sua e in quest’opera coinvolge i discepoli per condividere con loro il potere dell’amore che genera pace e giustizia. Gesù è il servo di Dio che si offre a Lui perché si compia la sua volontà e si consegna nelle mani degli uomini per coinvolgersi totalmente nelle loro vicende dolorose, per sanarle, ed educare al servizio. Solo l’amore che si fa servizio sana il cuore dell’uomo e lo salva dalla morte causata dal peccato. Per esercitare il potere dell’amore, che libera e riscatta, bisogna percorrere la via del servizio, la quale passa attraverso la compassione, ovvero la partecipazione alla sofferenza dell’uomo e di Dio, simboleggiata dal calice da bere e dal battesimo nel quale essere immersi. L’obbedienza fiduciosa al Padre genera nel cuore di Gesù la compassione che lo porta a bere fino infondo il calice dell’amarezza e ad essere battezzato, ovvero a immergersi nell’onda del peccato, per indicare il suo pieno e totale coinvolgimento nell’umanità peccatrice. Infatti, la Lettera agli Ebrei parla di Gesù come del Sommo Sacerdote grande perché ha saputo prendere parte alle nostre debolezze, messo alla prova in ogni cosa, escluso il peccato. Perché Gesù si è coinvolto totalmente nella nostra umanità? Per compiere la volontà del Signore, quella di fare di noi un regno e sacerdoti ad immagine di Gesù che è inviato dal Padre per servire e dare la sua vita in riscatto per molti.
Per questo dono di grazia possiamo accostarci e unirci pieni di fiducia a Colui che è stato fatto re e che non esige una tassa da pagare, ma dispensa la grazia che ci rende uomini felici perché a servizio della pace e della giustizia di Dio.
Signore Gesù, Tu sei il ponte nel quale s’incontrano la ricchezza della misericordia del Padre e la miseria della nostra povera umanità, ci accostiamo a Te con sentimenti di fiducia e di gratitudine e ti chiediamo il dono dello Spirito perché la nostra volontà sia sempre orientata verso Dio. Il tuo esempio ci insegni che grande non è colui che comanda sugli altri, ma chi si fa servo dei fratelli. Estingui la bramosia del potere e del possesso, disinnesca i meccanismi di competizione che ci rendono avversari e nemici, donaci la grazia di avere vera compassione per chi soffre a causa del suo e altrui peccato. Insegnaci a vincere la paura, a combattere l’orgoglio, a sconfiggere la diffidenza che ci dominano con l’esercizio della preghiera di lode e del servizio umile e disinteressato affinché anche noi, crescendo nel senso di responsabilità verso gli altri, possiamo essere costruttori di ponti di pace e di vera fraternità.