Amare la libertà significa farsi liberare per amare – Lunedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Lunedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Cor 5,1-8 Sal 5
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 6,6-11
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
Amare la libertà significa farsi liberare per amare
A volte dietro la scusa di non poter fare il bene nascondiamo il fatto di non volersi impegnare per gli altri. È paradossale che il sabato da giorno di libertà dalla schiavitù del male diventa quello in cui, nei fatti, si pretende di emanciparsi da Dio svincolandosi dalla responsabilità nei confronti dei fratelli. La festa ha un valore terapeutico perché permette di mettere al centro non il valore della produzione, a cui l’uomo spesso è assoggettato, ma la persona stessa, anche se limitata dal suo peccato. Gesù ci insegna a non valutare le persone fermandoci a ciò di cui sono capaci e a quanto possono produrre ma a riconoscere in ciascuno l’immagine di Dio e, dunque, nei fratelli il riflesso di sé stessi. Gesù da una parte svela i pensieri cattivi degli scribi e dei farisei e dall’altra fa uscire dall’anonimato l’uomo dalla mano destra paralizzata per renderlo protagonista dell’opera della salvezza che Lui è venuto ad attuare. Tutti sapevano che quell’uomo aveva un problema, ma nessuno si è preso cura di lui perché la sua identità non si sovrapponesse alla menomazione di cui era affetto. Vittima dell’indifferenza l’uomo nella sinagoga era invisibile agli occhi degli uomini ma non a quelli di Gesù, che invece lo chiama al centro dell’assemblea e gli chiede di mostrare la parte malata del suo corpo. Così La Parola di Dio ci educa a non nascondere la parte malata di noi perché alla fine questo «segreto di pulcinella» non porta che a isolarci. Al contrario, Dio ci chiama ad andare verso il centro della vita che è il suo cuore e, ascoltando e mettendo in pratica la sua parola, a essere protagonisti nel nostro riscatto. Salvare una vita significa rendere capace una persona di trasformare i suoi limiti in risorsa per il bene di tutti.
Signore Gesù, Tu conosci i miei pensieri giudicanti e le mie paure paralizzanti, la tua parola mi chiami ad uscire dall’anonimato nel quale mi rinchiudono i pregiudizi degli altri e i miei sensi di colpa. Donami un cuore libero dall’invidia che arma la vendetta. Fammi sentire l’amore del Padre nel cui cuore ho un posto speciale e aiutami ad essere accogliente verso tutti perché, nei piccoli gesti di attenzione per i fratelli più piccoli si manifesti la maternità della Chiesa.