Evangelizzare con i piedi (camminando) – Mercoledì della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Mercoledì della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Cor 3,1-9 Sal 32
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,38-44
È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato.
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
Evangelizzare con i piedi (camminando)
Quando parliamo di evangelizzazione dovremmo sempre tornare a meditare pagine come queste nelle quali è tracciato il profilo del messaggero che reca la buona notizia del Regno di Dio. La predicazione di Gesù non prescinde dall’incontro con gli uomini feriti dal peccato, incattiviti dalla rabbia, indeboliti dalle delusioni. Ad essi Gesù è inviato dal Padre per far risuonare la parola del Vangelo e far risplendere la potenza dello Spirito che libera, sana, consola e salva. Per incontrare l’uomo bisogna innanzitutto ascoltare e lasciarsi condurre dalla voce del povero, anteponendo ai propri progetti il bisogno dell’altro. Mettersi a servizio non significa offrire una proposta di prestazione, ma chinarsi sulla realtà assumendo lo sguardo e i sentimenti di Dio che, come fa un padre con il suo bambino, si china verso i più piccoli per dar loro da mangiare (cf. Os 11). Non di meno, oltre l’ascolto e l’andare verso l’altro, è necessario aprirsi agli altri e accoglierli con cordialità e semplicità. Tante volte, presi dall’ansia della prestazione, perdiamo di vista lo stile con il quale relazionarci. La tenerezza con la quale Gesù si china sull’anziana suocera di Simone e la delicatezza del tocco della mano con cui entra in contatto con gli intoccabili, suggeriscono il fatto che l’annuncio del Vangelo non può prescindere da uno stile di prossimità caratterizzato dalla compassione. Essa non è in alcun modo sinonimo di debolezza caratteriale e lo dimostra il fatto che Gesù coniuga tenerezza e determinazione sia nel fronteggiare il nemico che si nasconde dietro le mentite spoglie di un pio discepolo, sia anche nel respingere le avances di coloro che vorrebbero trattenerlo per godere del suo potere taumaturgico. Gesù si sottrae alle lusinghe e alle richieste dalla gente non perché rinnega la propria responsabilità ma perché vuole responsabilizzarla e renderla protagonista del proprio riscatto. Dove giunge il Vangelo la vita rinasce ma questo dono va coltivato perché impariamo da Gesù come vivere in questo mondo e renderlo con la carità migliore di come lo abbiamo trovato.
Signore Gesù, Parola che rivela l’amore del Padre e carezza di Dio che comunica la sua Vita, ascolta la preghiera di chi invoca la tua presenza. Con tenerezza di madre chinati ad asciugare le lacrime di chi soffre e porgi la tua mano perché, spinti e sorretti dalla potenza della tua misericordia, possiamo recuperare le forze perdute a causa del peccato che ci debilita per riprendere il nostro servizio a favore degli altri. Con l’autorità di un padre la tua parola ci liberi dall’ipocrisia della falsa cortesia sotto cui si nascondono giudizi taglienti come spade e rendici puri di cuore, capaci di sincerità di affetti e franchezza nella comunicazione.