Ascensione del Signore – Lectio Divina

Ascensione del Signore – Lectio Divina

11 Maggio 2021 0 Di Pasquale Giordano

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO B)

At 1,1-11   Sal 46   Ef 4,1-13   

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 16,15-20

Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

In origine il vangelo secondo Marco si concludeva con la fuga dal sepolcro delle donne impaurite. Esse disattendono le parole loro rivolte dal giovane vestito di una veste bianca che trovano nel sepolcro vuoto. La paura prevale ed esse tacciono ciò che avevano visto e udito. È un silenzio imbarazzante che qualche tempo dopo è stato colmato dall’intervento di un redattore il quale, ispirandosi ai racconti di Luca, conclude la narrazione evangelica con un riferimento all’ascensione di Gesù e all’invio missionario degli apostoli. Quindi leggiamo oggi la parte conclusiva della seconda finale canonica del vangelo secondo Marco. Gesù risorto, apparendo agli Undici, li rimprovera di non aver creduto ai testimoni ai quali si era mostrato vivo. La reticenza delle donne interpella il lettore con due interrogativi. Il primo riguarda l’identità del giovane vestito di una veste bianca e che richiama l’altro giovane, testimone dell’arresto di Gesù nel Getzemani, che invece fugge via nudo. Il secondo riguarda il messaggio del giovane nella tomba vuota; se le donne hanno tenuto nascosto il messaggio, chi lo ha portato agli altri fino ad arrivare al lettore? Questa conclusione, che sembra monca, induce a riflettere sulle due possibilità di approdo della sequela di Cristo. Da una parte si può fuggire per paura rifiutando di portare a termine la missione ricevuta, dall’altra la figura del giovane mostra che la fede è l’adesione a Cristo nella morte per essere associati a Lui nella risurrezione. Credere significa compiere lo stesso itinerario pasquale di Gesù che, attraverso la spoliazione di sé stesso, si è lasciato rivestire dal Padre. L’abbassamento fino alla morte e alla morte di Croce è stato l’atto di amore più grande di Gesù che è venuto non per farsi servire ma per servire e dare la propria vita. In questo itinerario l’ultima parola è affidata alla vita.

I vv. dal 9 al 20 non rientrano nel piano narrativo dell’evangelista ma richiamano episodi narrati sia nel vangelo di Luca che in quello di Giovanni. Dopo un breve sommario che riferisce le apparizioni del risorto (cf. Lc 24 e Gv 20.21), abbiamo l’apparizione agli Undici e l’invio missionario con i segni che accompagneranno coloro che credono. La conclusione è affidata al narratore che sottolinea il «passaggio delle consegne» tra Gesù che ascende al cielo e i suoi che si incamminano sulle strade del mondo. Nella seconda conclusione vediamo sviluppate tre parole che descrivono il tempo inaugurato dalla Pasqua di Cristo, il tempo della Chiesa, del compimento della salvezza: Apparire, Inviare, accompagnare. Gesù si fa incontrare personalmente e va incontro ai discepoli recuperando il rapporto con loro. L’invio missionario porta a compimento la vocazione di fare dei discepoli i «pescatori di uomini». Gesù, Cristo e Figlio di Dio, mediante lo Spirito Santo è il protagonista della storia della salvezza attraverso la storia dei discepoli.

La fuga e il silenzio delle donne mettono in evidenza la incredulità dei discepoli la cui difficoltà risiede da una parte dal non riuscire ad entrare nella logica «scandalosa» dell’amore di Dio e dall’altra a diffidare della testimonianza di coloro che sono chiamati ad essere portavoce della risurrezione. Fin quando il vangelo è considerato come un messaggio morale da comprendere e praticare al pari di un qualsiasi sistema filosofico o ideologico, esso troverà resistenze nell’essere accolto. È necessario che il vangelo sia un’esperienza d’incontro personale nel quale l’amore di Dio non va ridotto a postulato teorico ma sia una realtà che trasfigura la vita. Chi crede si salva, cioè porta a successo la sua vita che, al contrario è condannata al fallimento. La fede ci rende testimoni di Cristo, missionari dell’amore di Dio. Gesù elenca dei segni che rivelano il fatto che la fede si sta traducendo in un evento di salvezza. Gli esorcismi, il maneggiare serpenti e la protezione dal veleno, il parlare lingue nuove e il curare gli ammalati delineano il programma missionario del Cristo a cui Gesù associa i credenti. Questi segni richiamano brani degli Atti degli Apostoli in cui si narrano le parole e i gesti dei missionari del Vangelo, in particolare, Pietro e Paolo. Il centro di questa pericope è l’accenno alla «elevazione» di Gesù in cielo e alla sua «intronizzazione» alla destra del Padre. Il v. 20 sembra essere una sintesi degli Atti degli Apostoli il cui programma è descritto nella prima lettura della Messa. Nelle ultime parole del narratore si respira l’universalità di un annuncio nelle cui parole emerge il fatto che il Signore, mai stanco di camminare con i suoi sulle strade del mondo, agisce in loro consolidando la parola dei discepoli con i segni che l’accompagnano. Gesù continua a fidarsi degli uomini increduli e incapaci con le loro sole forze di essere fedeli al mandato ricevuto e affida nelle loro mani i tesori del disegno di Dio che vuole salvare tutti gli uomini.