Nelle mani di Dio l’uno per l’altro – Martedì della IV settimana di Pasqua
Martedì della IV settimana di Pasqua
At 11,19-26 Sal 86
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 10,22-30
Io e il Padre siamo una cosa sola.
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Nelle mani di Dio l’uno per l’altro
La mancanza di fiducia porta a vedere le cose in maniera opaca. Vorremmo che gli altri fossero chiari nel loro modo di parlare e di agire ma non ci rendiamo conto che l’ambiguità che imputiamo agli altri è dentro noi stessi. Così è accaduto anche a Gesù al quale i Giudei chiedono di parlare apertamente e dichiarare se è lui il Cristo o no. I segni compiuti da lui, non ultimo quello che ha visto la guarigione di un uomo nato cieco, sono una chiara dimostrazione che è giunto il tempo messianico. Lo crede l’uomo sanato che, partendo dalla sua guarigione, riconosce in Gesù non un peccatore, come invece vorrebbero far intendere le autorità, ma un uomo che viene da Dio. Le opere di Gesù testimoniano che è il Pastore secondo il cuore di Dio, come promesso dal profeta Geremia. Le guarigioni mostrano la cura amorevole che Dio ha verso i poveri. Chi sperimenta l’amore di Dio acquista consapevolezza del fatto di appartenergli come figlio e non come schiavo. Il legame che si instaura non è di dipendenza come se Dio facesse favori in cambio di una qualche contropartita. Dio si prende cura di noi perché ci ama e per questo non fa semplicemente qualcosa ma dà la sua vita. Questo vuol dire che si crea un legame parentale che, tuttavia, ha futuro se da parte nostra c’è l’impegno a crescere nel rapporto con lui. La fede non matura grazie a dinamiche automatiche o per forza d’inerzia, ma matura in virtù di una graduale e sempre più intima relazione con Dio grazie alla quale si diventa parte di quella bellissima familiarità divina che unisce Gesù al Padre. A questo ci conduce Gesù se ascoltiamo la sua parola e seguiamo il suo esempio di vita. La fede ci aiuta a vedere il nostro futuro con meno incertezza perché il pastore, donando la sua vita sulla croce, ci ha spalancato le porte del cielo.
Signore Gesù, pastore secondo il cuore di Dio, limpido specchio nel quale contemplare il volto del Padre e il mio destino celeste. Aiutami a uscire dall’incertezza e dall’ambiguità e ad accogliere il dono della fede, della tua vita, perché riconosca di essere, come Te, figlio amato dal Padre. Guarisci la cecità del mio egoismo e della presunzione di bastare a me stesso che mi portano a rifiutare il tuo aiuto, ad escludermi dalla tua misericordia, a sottrarmi al tuo abbraccio. Raccontami quanto è bello confidare in te che mi accogli come dono speciale del Padre. Prendimi per mano e metti le mie, deboli e tremanti, in quelle del Padre, forti e sicure, come è il suo amore per Te e per me.