I segni dell’amore di Dio sono segnali di speranza
Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 6,5-8; 7,1-5.10 Sal 28
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,14-21
Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode.
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
I segni dell’amore di Dio sono segnali di speranza
Anche la terza traversata del mare di Galilea è caratterizzata da una crisi che questa volta è interna al gruppo dei discepoli. Essi discutono tra loro del fatto che si ritrovano sulla barca con un solo pane perché hanno dimenticato di prenderli. Tutto questo mentre Gesù li mette in guardia dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode. I farisei ed Erode, ciascuno con le sue caratteristiche, sono l’emblema della incredulità. L’orgoglio porta ad ottenebrare la mente e ad indurire il cuore. I gesti e le parole di Gesù cadono nel dimenticatoio e scivolano via come acqua sulla pietra non lasciando traccia. Il formalismo dei farisei e l’ambizione di Erode sono virus presenti nel cuore dei discepoli che, trovandosi in difficoltà, reagiscono in maniera disperata e aggressiva perché manca loro la memoria del cuore che alimenta la speranza.
Ogni avvenimento della nostra storia porta con sé un valore e un insegnamento da custodire nel cuore e che torna utile per affrontare i lunghi viaggi della vita, soprattutto nei suoi passaggi cruciali. Quando viene a mancare la salute e la malattia ci porta via le forze fisiche e psicologiche, la morte di una persona importante crea un vuoto profondo nel cuore, la precarietà del lavoro non permette di vedere con serenità il futuro, possiamo trovarci anche noi nella stessa condizione dei discepoli in mezzo al mare con Gesù. Egli è con noi sempre, anche quando abbiamo il dubbio che non gli importi nulla del nostro destino oppure quando, traumatizzati da qualche disgrazia, gridiamo contro di lui come se fosse la causa di tutto il dolore che ci affligge.
Gesù ci chiede di non arrenderci nel cercare e trovare con lui e in lui il senso della povertà, della sofferenza e della morte. Nelle situazioni che appaiono vicoli ciechi siamo naturalmente portati o a condurre estenuanti discussioni per trovare i colpevoli o a rassegnarci abbandonando fatalisticamente ognuno al proprio destino. Gesù ci indica una terza via. Ricordare significa guardare il passato con gratitudine per coglierne nel presente i segni che l’amore ha lasciato. Dio lascia sempre dei segni del suo passaggio nella nostra vita che sono intelligibili solo alla luce della fede. Essi diventano segnali di speranza perché possiamo andare avanti.
Non conta quanto abbiamo o ci è rimasto, ma quanto di bene possiamo fare a partire dal poco che abbiamo. Se i drammi sono un duro colpo alla staticità della vita e della fede, ricordiamo quelle volte in cui la solidarietà e la condivisione sono state la via di fuga di situazioni che apparivano senza soluzione. Con Gesù siamo chiamati noi stessi ad essere se non pane intero, anche semplici briciole, messe nelle mani di Dio perché tutti possano saziarsi.
Signore Gesù, credo che sei con me nella mia barca, sia nel tempo della calma sia quando imperversa la tempesta. Aumenta in me la fede nel momento della prova, soprattutto quando le difficoltà della vita creano nel cuore un vuoto di solitudine e la disperazione confonde la mente. Possa sempre riconoscere con gli occhi della fede i segni della tua provvidenza e conservarne il grato ricordo perché essi siano per me segnali luminosi di speranza per proseguire il cammino attraverso i suoi passaggi, soprattutto quelli più dolorosi.