Esempio di catechesi domestica – Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario
Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Fil 1,1-11 Sal 110
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Esempio di catechesi domestica
La casa di un capo dei farisei diventa il luogo nel quale Gesù fa catechesi con gesti e parole. Non è un’aula scolastica in cui s’imparano nozioni e concetti astratti ma uno spazio domestico nel quale la cattedra diventa la mensa attorno a cui sono seduti i commensali. Non è neanche un giorno qualsiasi, ma è sabato, è tempo di festa. Il desco amicale è l’ambiente ideale scelto da Gesù per offrire insegnamenti importanti perché non c’è occasione più piacevole di un convivio per comprendere che solo la carità ci rende felici.
Siamo abituati a organizzare la nostra vita ritmandola sui tempi del lavoro e stiamo perdendo il valore della festa che dovrebbe assumere un ruolo centrale come il perno attorno a cui tutto gira e a partire dalla quale deriva il nostro impegno. La festa, infatti, ci suggerisce il fatto che essa non è la fine del lavoro ma il suo fine e il compimento. La domenica per noi cristiani non è il fine settimana ma è il giorno del Signore. In questo giorno di festa Egli stesso ci riunisce attorno alla mensa. È festa ogni volta che incontriamo Gesù e c’incontriamo insieme come fratelli.
La catechesi di Gesù non segue un programma stabilito calato dall’alto ma trae ispirazione dalle situazioni della vita, soprattutto quelle che suscitano domande importanti. Gesù non intende semplicemente rendere note delle verità, ma desidera introdurci e coinvolgerci nel progetto d’amore di Dio. Non dobbiamo negare il fatto che molti si allontanano dalla comunità perché si sentono «osservati» e giudicati per come parlano, vestono, pensano. Gesù insegna che lo stare insieme ci permette di incontrarci per donarci sguardi di compassione come quello suo nei confronti dell’uomo malato. Uno dei pericoli che stiamo correndo in questo tempo di pandemia è quello di perdere il gusto dell’essere l’uno davanti all’altro e di scambiarci parole senza sguardi. Un tale modo di stare insieme è come l’acqua che scivola sulla pietra.
Attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, nelle nostre case o nel tempio, scopriamo che davanti a Dio non siamo degli «osservati speciali» ma che Lui è quel Padre che prontamente va a salvare il figlio caduto nel pozzo dal quale non potrebbe uscirne senza il suo aiuto. La catechesi in gesti e parole è dunque un’esperienza grazie alla quale non solo conosciamo chi è Dio, ma soprattutto riconosciamo che Lui è il primo paladino del nostro diritto ad essere felici e impariamo che noi stessi possiamo essere artefici della nostra gioia quando prendiamo Gesù per mano, ci lasciamo guarire e andiamo ad annunciare ai fratelli il lieto annuncio dell’amore di Dio con concreti gesti di carità.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!