Il bisogno di amore e il desiderio di amare – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Es 22,20-26 Sal 17 1Ts 1,5-10
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 22,34-40
Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Il bisogno di amore e il desiderio di amare
Il grande comandamento è la meta a cui tende il viaggio dell’uomo. Davanti a sé ogni persona ha il futuro che è il tempo del verbo con cui è coniugato il verbo amare. Tutto l’uomo, con i suoi sentimenti, emozioni e pensieri è orientato verso il momento in cui sarà tutt’uno con Dio in quell’armonia nuziale che è la vita eterna. Dio invita tutti alla festa, di cui parlava la parabola ascoltata due domeniche fa. La festa è esperienza di comunione in cui tutti partecipano all’unico banchetto preparato da Dio e ciascuno condivide quello che ha come fece il tale che mise a disposizione i cinque pani e i due pesci e che sfamarono una moltitudine.
La via per raggiungere la salvezza è l’amore al prossimo, cioè la carità fraterna. S’impara ad amare il prossimo man mano che si apprende il modo di amare sé stessi. La vita, infatti, è un processo di maturazione fatto di fasi che va dalla fanciullezza all’adultità passando per l’adolescenza e la giovinezza. Man mano che si cresce il bisogno di amore matura in desiderio di amare. La maturità umana e spirituale parte dal bisogno di accudimento, proprio del bambino, e dalla necessità di essere riconosciuti degni di fiducia, proprio dell’adolescente, per concretizzare il desiderio di amare l’amato.
Il Signore nel comandamento esprime quello che gli sta più a cuore; i destinatari del suo amore di padre sono i più deboli e vulnerabili: il forestiero, la vedova e l’orfano, l’indigente e il misero. Dio esercita la sua forza amando e prendendosi cura di coloro che possono confidare solamente in Lui. Lui stesso si dà questo comando, Dio non può non amare, se non amasse rinnegherebbe sé stesso. Le caratteristiche dell’amore di Dio diventano l’orizzonte a cui tende quello dell’uomo. Nella pagina dell’Esodo sono sottolineati quattro tratti essenziali dell’amore: il ricordo, la protezione, la giustizia, la gratuità. Dio ricorda sempre a sé stesso l’impegno preso con l’uomo di essergli accanto e aiutarlo a camminare come fa un padre e madre. L’uomo deve ricordare di essere forestiero su questa terra e che può rimanere sulla via giusta e progredire nel suo pellegrinaggio solo se si fa accogliere e lui stesso dà ospitalità agli altri. L’amore ci fa compagni di viaggio! Il secondo tratto caratteristico dell’amore di Dio è l’attenzione protettiva verso i più deboli. Il lutto è la condizione di vulnerabilità in cui si è più esposti ad essere sfruttati. La vita ci riserva esperienze di vuoto e smarrimento in cui è più facile che s’insinui la tentazione della dipendenza dall’alcool, dalle droghe o dal gioco. Dio è sempre attento al grido di aiuto, così come l’uomo deve essere pronto a cogliere e rispondere al bisogno della sorella e del fratello, soprattutto quelli che soffrono la solitudine e la mancanza di una famiglia sana e solida. La carità non specula e non è autoreferenziale. Se è vero che l’amore è generativo allora l’aiuto che si offre non può essere occasione di guadagno. Dio ci ama e non ci impone dei doveri da compiere che superano le nostre possibilità. Ogni cosa che Egli ci affida ce la presta perché noi possiamo restituire a Lui il suo amore con il servizio libero e gioioso ai fratelli. Dio non solo presta e ma aiuta anche a restituire, cioè a risollevarci dal peso dei debiti nei confronti degli altri ed essere in grado di realizzare qualcosa di bello per tutti. La carità fraterna non è assistenzialismo che fa rimanere l’altro schiavo delle sue dipendenze, ma si incarna nelle relazioni di aiuto che restituiscano alla persona la dignità dell’autodeterminazione e il senso della responsabilità.
La Carità è la sorgente della vita dell’uomo perché tutto nasce dall’amore di Dio; la Carità è la via sulla quale i fratelli s’incontrano e camminano insieme aiutandosi a vicenda; la Carità è la meta, è il compimento, è tutto perché è tutto ciò che rimane quando ogni cosa finisce. L’amore è l’unico bene per cui vale la pena vivere e la vita è l’incontro tra il bisogno di amore e il desiderio di amare!
Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore!