Il vero guaio è pensare di salvarsi da soli – Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario
Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Gal 5,18-25 Sal 1
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 11,42-46
Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge.
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».
Il vero guaio è pensare di salvarsi da soli
Il vangelo di Luca è puntellato di beatitudini ma anche di «guai». Sulla bocca di Gesù e degli uomini appaiono espressioni di lode nei confronti, per esempio, di Maria. Ella, piccola fanciulla di Nazaret, è chiamata beata da Elisabetta perché ha creduto alla parola di Dio e il figlio stesso sembra indicarla come modello del discepolo che mette in pratica il vangelo. La beatitudine del discepolo di Cristo, come quella di Maria, poggia sulla capacità di cucire, mettere insieme l’amore a Dio e ai fratelli, armonizzare la volontà propria e quella divina. In questa trama di relazioni di cura si tesse la tela della propria vita in cui non emerge il proprio “io” egoista ma viene generato il “noi” di coloro che si amano, della comunità.
Il «guai» non è una condanna ma una parola che diagnostica il male che minaccia la nostra vita e che mette in pericolo anche quella degli altri. Il male non curato diventa contagioso, diffondendosi senza che ce ne accorgiamo. Il peccato è subdolo e sa ben truccarsi per apparire bene. Gesù lo denuncia chiaramente indicandolo nella presunzione di sostituirsi a Dio e di salvarsi da sé. I farisei incarnano l’atteggiamento di chi vede senza voler essere visto, giudica senza voler essere giudicato. Amare i primi posti e i saluti significa mettersi in mostra per ricevere onori e riconoscimenti. Mettersi in mostra è cosa ben diversa dal farsi vedere, cioè dall’incontrare e farsi incontrare da Dio.
La beatitudine è generata dall’incontro in cui si ama l’altro e ci si lascia amare, nel quale si intercetta il cuore dell’altro e ci si lascia leggere dentro dall’altro. Il guaio è quando ci si scherma, ci si nasconde non accettando di essere visti interiormente. Le parole di Gesù svelano il sommerso che è nel cuore dell’uomo che, non accettando di essere oggetto di cura, si nasconde dietro la ritualità dei gesti o la rigida formalità delle norme.
Con il salmista potremo riconoscere la salutare azione della Parola che, come spada a doppio taglio, entra in profondità non per offendere, ma per guarirci: «Bene per me se sono stato umiliato, perché impari ad obbedirti» (Sal 118, 71).
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!