Meglio le imperfezioni di un volto rugoso che la perfezione di una maschera rigida – Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
2Ts 2,1-3.13-17 Sal 95
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 23,23-26
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
Meglio le imperfezioni di un volto rugoso che la perfezione di una maschera rigida
L’ipocrisia assume varie forme, una delle quali è la scrupolosità dietro cui si nasconde l’amore spropositato al proprio io. Allo scrupoloso non interessa Dio, né tantomeno gli altri con i loro bisogni, ma esclusivamente se stesso. Ciò che conta è costruire di sé un’immagine tale da guadagnare consensi. Ragion per cui ci si concentra su quei particolari che riguardano l’apparenza e si trascurano quelle cose che appartengono all’essenziale. L’ipocrita ha un’attenzione particolare alla maschera che indossa perché possa apparire integerrimo agli occhi degli altri. Se da una parte l’ipocrita è autocentrato, dall’altro è dipendente dal giudizio altrui. Più s’ingegna nel mettersi in mostra più si nasconde allo sguardo di Dio e alla luce della propria coscienza.
Lo scrupoloso non accetta l’imperfezione e non comprende che ci rende felici proprio quell’incontro personale che avviene nello spazio delimitato dai nostri limiti. Spesso spendiamo le migliori energie per dimostrare agli altri quello che vorremmo essere nel vano tentativo di accreditarci per quello che non siamo. Si innesca un meccanismo di competizione per distinguerci dagli altri al fine di attestare che siamo migliori degli altri.
Saremmo molto più sereni e genuini se ci accontentassimo di essere migliori di come siamo e non i migliori. Capiremmo, infatti, che essere migliore significa impegnarsi a progredire nell’ambito della giustizia, della misericordia e della fedeltà, cioè in tutto ciò che a che fare con i rapporti umani. Queste sono le pietre miliari della strada sulla quale seguire Gesù. Con lui impariamo ad attribuire maggiore valore alle relazioni interpersonali piuttosto che essere scrupolosi nelle pratiche di devozione e ad avere più attenzione alle persone piuttosto che curare l’apparenza dei convenevoli o le forme esteriori di religiosità.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore.