La preghiera è l’affaccio dal cuore di Dio sul Paradiso, la comunione dei Santi – Giovedì della XI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Giovedì della XI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Sir 48,1-14 Sal 96
+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,7-15)
Voi dunque pregate così.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
La preghiera è l’affaccio dal cuore di Dio sul Paradiso, la comunione dei Santi
L’insegnamento di Gesù sulla preghiera costituisce il cuore del discorso delle beatitudini perché essa rappresenta il muro portante che regge l’impalcatura della nostra vita. Il Maestro mette in guardia da due atteggiamenti che fanno crescere storto questo muro e perciò reso pericolante e precario. Si tratta dell’ipocrisia di chi si mostra devoto, ma è vuoto (ma pieno di sé), perché gli interessa accreditarsi agli occhi degli altri piuttosto che entrare in intimità con Dio; l’altro pericolo è quello di imitare i pagani, cioè coloro che vengono considerati estranei perché sono fuori della comunità del popolo eletto, nella verbosità della loro preghiera e nella pomposità dei loro sacrifici. Tutto ciò che è “barocco”, ridondante, ampolloso, eccentrico, risulta pesante e incapace di raggiungere il cielo. La preghiera rischia di essere un’autocelebrazione e la liturgia una realtà staccata dalla vita.
La preghiera più che di un luogo o linguaggi specifici, ha bisogno dello spazio interiore nel quale porsi alla presenza del Padre per ascoltarlo e farsi ascoltare da Lui. Non diciamo cose nuove o sveliamo segreti; infatti né io, confessando i miei peccati o le mie angosce, svelo qualcosa che Dio non sappia, né il Signore mi rivela una sorte o un esito che io non conosca.
Gesù ci insegna a pregare non tanto suggerendoci delle parole da dire, ma indicandoci una postura spirituale da tenere. Con il suo esempio ci aiuta a metterci alla presenza di Dio in un modo tale da permettere a Lui di incontrarci tra le pieghe e le piaghe della nostra vita.
Pregare significa tornare dal Padre, cioè volgere verso di Lui (il cielo) il nostro viso consegnandoci a Lui nudi come siamo, cioè privi di meriti ma animati solamente dalla speranza e dalla fiducia nel suo amore. Elevare il cuore a Dio nella preghiera ci offre la possibilità di essere davanti a Lui non come un giudice dalla cui sentenza dipende la nostra sorte, ma affidarci alle mani di una madre che con amorevolezza cura le ferite e con premura riveste e ridona dignità ai figli che l’hanno perduta.
Pregando ci specchiamo negli occhi di Dio che non sono iniettati di risentimento, ma brillano per la gioia perché contemplano il volto del figlio amato. In quegli occhi non vediamo solo noi, ma anche gli altri, i nostri fratelli per i quali è riservata la stessa ricompensa.
Pregando contempliamo il volto del Padre, ma anche il nostro come Dio ci sogna. I suoi occhi sono come una finestra spalancata sul nostro futuro, la pienezza di vita nella comunione dei santi. Il perdono ai nostri fratelli, superando le resistenze che il Maligno ci mette nel cuore, altro non è che l’anticipazione nel presente della gioia della comunione fraterna nell’eternità.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!