Vergine madre, figlia del tuo Figlio, Umile ed alta più che creatura – MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

Vergine madre, figlia del tuo Figlio, Umile ed alta più che creatura – MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

1 Gennaio 2020 Off Di Pasquale Giordano

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

Nm 6, 22-27   Sal 66   Gal 4,4-7   

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21)

I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 

Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Vergine madre, figlia del tuo Figlio, Umile ed alta più che creatura

L’ottava di Natale coincide con l’inizio di un nuovo anno solare. In questo giorno natalizio la Chiesa ci invita ancora una volta a volgere lo sguardo sul bambino adagiato nella mangiatoia. Questo è il segno indicato dall’angelo che ai pastori aveva annunciato la nascita del «Salvatore, il Cristo Signore». Come Maria che, dopo l’annuncio dell’angelo e la rivelazione di quello che Dio stava compiendo in sua cugina Elisabetta, in fretta si reca da lei così i pastori vanno a Betlemme per «vedere l’evento» che il Signore aveva fatto loro conoscere. L’annuncio mette in cammino per cercare quei volti sui quali risplende la luce di Dio. È già un evento che Dio parli agli uomini e, se viene ascoltato, la sua parola tocca il cuore. 

Il cuore di ciascuno parla e la sua parola è vera. Il cuore sollecitato da un evento ci dice chi siamo, in quale stato d’animo ci troviamo. Dobbiamo imparare a saper decifrare la parola del cuore. La parola ascoltata nel cuore e dal cuore ci spinge ad una decisione, ad orientare la vita in una certa direzione, in ultima analisi ci provoca a scegliere chi amare, a chi donare la nostra vita. 

Colti di sorpresa, svegliati dal torpore della routine giornaliera, appesantiti dai doveri che incombono, siamo avvolti e coinvolti dalla gloria di Dio, toccati dall’annuncio gioioso di una nascita; in quel momento dobbiamo scegliere se ritornare alle nostre occupazioni e preoccupazioni e fare finta di nulla o alzarci per andare a vedere il segno ed incontrare il bambino. Si tratta di una scelta di stile di vita: cedere alla pigrizia spirituale e aspettare che le cose cambino fuori di noi o rispondere mettendoci in gioco e accettando la sfida di ricominciare sempre di nuovo. Gli eventi della vita non sempre sono in linea con le nostre attese eppure essi portano con sé spunti per reinventarsi e rigenerarsi nell’amore.   

I pastori si mettono in cammino alla ricerca del bambino appena nato. Sanno che non lo troveranno in palazzi sontuosi e neanche negli alloggi comuni ma in una grotta, ricovero di animali. I pastori, abituati all’odore delle pecore, trovano il bambino adagiato nella mangiatoia e suoi genitori a custodirlo. L’intuito dei pastori è la fede semplice dei piccoli che vede e coglie l’essenziale. Essi riconoscono nel bambino il segno che le parole dell’angelo sono vere. Veramente è nato il Salvatore, il Cristo Signore atteso. Quella dei pastori è una gioia tanto semplice quanto irrefrenabile e che esprimono nel narrare la loro straordinaria esperienza. I pastori diventano a loro volta evangelizzatori della gioia. La loro testimonianza non era ritenuta attendibile nel contesto di un processo, ma essi si sentono destinatari dell’attenzione commovente da parte di Dio e investiti della missione di testimoniare quello che hanno udito e visto. Il messaggio che essi proclamano mette in luce la credibilità della Parola di Dio e il fatto che essa si realizzi nelle pieghe della ordinarietà della vita.  

La fede semplice dei pastori mette insieme l’altissimo tenore dell’annuncio angelico e l’umilissimo segno di un bambino adagiato in una mangiatoia. L’opera di Dio non inizia a manifestarsi attraverso segni nella natura che incutono terrore e panico, ma si rivela nell’evento della nascita di un bambino la cui vista suscita tenerezza e dolcezza. Solo il cuore dei semplici sa cogliere la semplicità di Dio nel volto di un bambino.

Anche Maria custodisce nel suo cuore le parole dell’angelo, quelle di Elisabetta e in ultimo anche quelle dei pastori, tutti concordi nel riferirsi al bambino come il Signore che viene a salvare. La parola dei profeti udita interpreta il significato del segno che si vede e ne rivela il suo altissimo valore. Non c’è nulla di più grande e di unico dell’amore di Dio che salva e questo accade nel più semplice dei modi, nell’essenzialità al limite della soglia di povertà. 

Contemplando il bambino nella mangiatoia alla luce della parola profetica, i pastori e Maria diventano essi stesi segni dell’amore di Dio che privilegia i piccoli e i poveri, gli uomini e le donne che hanno la consapevolezza di non bastare a sé stessi e coniugano la parola di Dio al loro vissuto riconoscendo nella propria vita la via che Dio sceglie di percorrere per salvare l’uomo. 

Il bambino nella mangiatoia rivela che Dio sceglie non uomini e donne con super poteri e che non gratifica coloro che sceglie con capacità particolari e sensazionali. Con Maria siamo chiamati anche noi a conservare nel cuore la parola di Dio e ad accostarla alla nostra vita, spesso segnata da ferite. Le nostre insufficienze e le nostre debolezze sono diventate patrimonio di Dio in quel piccolo bambino come lo saranno in maniera ancora più evidente nell’uomo della croce. La nostra povertà non è un ostacolo a diventare come Dio, ma è la via privilegiata per essere veramente figli suoi, perché è quella attraverso la quale Dio ci raggiunge per sanarci. 

Ti auguro una buona giornata e ti benedico di cuore!