L’anoressìa affettiva e la terapia della relazione di amore – Santa Teresa d’Avila
Santa Teresa d’Avila
Rm 1,16-25 Sal 18
+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,37-41)
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro.
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
L’anoressìa affettiva e la terapia della relazione di amore
Tra coloro che seguono Gesù ci sono anche persone che fanno un cammino spirituale, che sono inseriti nella comunità nella quale svolgono anche un ruolo educativo. Uno di questi doveva essere il fariseo che invita a casa sua Gesù per il pranzo. La mensa domestica diventa il luogo nel quale approfondire alcune tematiche, senza aver paura che vada di traverso qualcosa. Probabilmente è Gesù stesso che, con il suo atteggiamento difforme dalle abitudini rituali, suscita meraviglia e fa sorgere la domanda.
Nella vita ci sono azioni istintive e quelle che, pur fatte consapevolmente, sono meccaniche, cioè prive di un senso che sostanzia una relazione. Per esempio una moglie, mamma, figlia programma la giornata e si domanda: cosa devo fare? Viene naturale impostare la pianificazione sulle cose che si devono fare. Spesso le cose da dover fare si ripetono in maniera abitudinaria e quindi meccanica. La persona è chiamata a conferire valore di novità e vitalità a quello che fa domandandosi per chi lo fa. In altri termini, ogni azione va collocata sempre nell’ambito di una relazione, con se stessi, con gli altri e con Dio.
Le abluzioni prima di prendere cibo sono prescritte dalla legge perché l’uomo che si siede a mensa che non sta solo mangiando ma si sta nutrendo di ciò che Dio nella sua provvidenza ha dato. Il mangiare da semplice azione istintiva per colmare la fame diventa una situazione nella quale vivere una relazione nella quale si riceve e si dona.
La vita si gioca sulla capacità di intessere relazioni sane nelle quali si cresce attraverso i passaggi dell’età che non siamo noi a scegliere ma che possiamo solamente riempire di senso, amando.
Il solo senso del dovere, tra l’altro imposto dal di fuori, non sostiene la volontà nei passaggi della vita, soprattutto quelli più dolorosi che sono anche quelli più decisivi. Ostinarsi a mantenersi uguali esteriormente, ad apparire sempre all’altezza delle attese, a salvaguardare l’apparenza, ma trascurando di curare la propria interiorità, è una patologia dell’anima. Si tratta dell’anoressìa affettiva, cioè dell’assenza del desiderio di amare, inteso come scelta di donare la propria vita all’altro.
Le rotture delle relazioni sono il risultato della mancata rottura con un modo di vivere centrato sull’apparire perfetti in modo da non essere giudicati o corretti.
Dare in elemosina quello che c’è dentro significa far uscire da sé, attraverso il racconto di sé, ciò che, condividendo, diventa patrimonio comune.
Quando i rituali domestici e religiosi diventano occasioni nelle quali deporre sull’altare della preghiera e del dialogo fraterno la vita interiore, si abbattono le barriere della paura e del formalismo alimentate dal giudizio.
Nelle relazioni non ci sono rubriche da seguire o protocolli da applicare, ma esse si reggono solamente sulla regola della benevola accettazione di sé e degli altri e sul desiderio di essere felici insieme.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!