
Le tappe e gli intoppi della felicità – Lunedì della VIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Lunedì della VIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Sir 17,20-28 Sal 31

Concedi, o Signore, che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà di pace
e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro del Siràcide Sir 17,20-28
Volgiti all’Altissimo e allontanati dall’ingiustizia.
A chi si pente Dio offre il ritorno,
conforta quelli che hanno perduto la speranza
e li rende partecipi della sorte dei giusti.
Ritorna al Signore e abbandona il peccato,
prega davanti a lui e riduci gli ostacoli.
Volgiti all’Altissimo e allontànati dall’ingiustizia;
devi odiare fortemente ciò che lui detesta.
E riconosci i giusti giudizi di Dio
e persisti nella sorte che ti è assegnata
e nella preghiera al Dio altissimo.
Negl’inferi infatti chi loderà l’Altissimo,
al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode?
Non perseverare nell’errore degli uomini iniqui;
prima di morire manifesta la tua lode.
Da un morto, che non è più, non ci può essere lode,
chi è vivo e sano loda il Signore.
E loderai Dio e ti glorierai della sua misericordia.
Quanto è grande la misericordia del Signore,
il suo perdono per quanti si convertono a lui!
La gloria di Dio è l’uomo vivente
Il Siracide invita l’uomo al pentimento perché diventi ciò per cui è stato creato, cantore con la lode della misericordia di Dio tra i viventi. Questo, infatti, è il progetto di Dio: vivere con gli uomini e condividere con essi la gioia della comunione. La vocazione di ognuno è appartenere al regno dei beati. Pentirsi non significa piangersi addosso per i propri peccati, ma fare spazio nel proprio cuore alla Parola che consola chi, ingabbiato dai sensi di colpa, dispera di essere ammesso alla comunione con Dio. La coscienza del peccato non deve suggerire atteggiamenti di ripiegamento su di sé che fanno affondare negl’inferi della solitudine, ma, facendo prevalere la nostalgia dell’abbraccio del Padre, deve spingere l’uomo ad andargli incontro. Più che inutilmente analizzare scrupolosamente la propria coscienza e macerarsi per gli errori compiuti, per le occasioni perdute, per i fallimenti, è più utile volgere il pensiero ai beni eterni che il Signore ha preparato per noi mediante il suo Figlio Gesù, speranza di salvezza e gioia eterna.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,17-27)
Vendi quello che hai e vieni! Seguimi!
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Le tappe e gli intoppi della felicità
Nel Vangelo di Marco solo coloro che hanno uno spirito impuro corrono incontro a Gesù e si gettano in ginocchio. In questo caso solo apparentemente quest’uomo ne è libero. Infatti, non grida verso di Lui supplicando di lasciarlo in pace e non tormentarlo, al contrario, lo chiama maestro buono. Gesù di rimando conferma che buono è solo l’Uno, cioè Dio. Come tutti gli indemoniati anche quest’uomo riconosce Gesù come Dio. La domanda che l’uomo rivolge a Gesù rivela la sua inquieta ricerca di felicità. Rispondendo a Gesù che gli indica i comandamenti riguardanti il prossimo, il tale afferma che da sempre egli ha fatto ciò che la legge prescrive. Quell’uomo è sulla buona strada perché ha iniziato a fare ciò che è necessario e Gesù lo guarda con amore. A questo punto Gesù gli propone un salto di qualità: ritornare alla vita ma con uno stile diverso, quello di chi non fa dipendere la sua vita dalle cose che possiede, che non si preoccupa di aggiungere e incrementare il tesoro che gli assicura serenità economica, ma di usare i suoi beni per i poveri, cioè investire per coloro che non hanno possibilità di restituire. Gesù chiede di passare dal fare ciò che è necessario, ciò che stabilisce la norma del vivere civile, alla possibilità di fare scelte dettate dall’amore gratuito. In definitiva spetta solo alla nostra volontà determinare la gratuità (se rinunciamo al guadagno) o la non gratuità (se calcoliamo un ritorno) delle nostre azioni. A san Francesco è attribuita questa frase: “Cominciate col fare quello che è necessario, poi quello che è possibile; all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. È nella possibilità dell’uomo educare il proprio io perché dallo stadio infantile del possedere sviluppi la capacità di dare. La strada della felicità parte dal fare il proprio dovere, prosegue con l’esercizio del condividere, giunge alla vetta dell’offerta totale di sé, soprattutto nella sofferenza fino alla morte. Infatti, non c’è gioia più grande, e che nessuno potrà rubare, che dare la propria vita. Morire per i peccatori è impossibile all’uomo, ma possibile a Dio. A questo impossibile l’uomo può giungere solo se vive ciò che gli è possibile con Gesù. Gesù ci dice che è possibile condividere gratuitamente, basta solo confidare in Dio. Fermarsi a fare solo ciò che è necessario rende la vita grigia e triste. Possiamo avere tutto ciò che serve per vivere, come l’uomo ricco, ma mancare dell’Uno, cioè non avere Dio nel cuore, perché esso è pieno dell’attaccamento alle cose. Quando manca Dio, manca tutto, tutto ciò che ci fa fare il possibile e quindi anche l’impossibile. Senza Dio possiamo fare ciò che è necessario ma solo con Dio tutto è possibile, anche quello che è umanamente impossibile, basta crederci!
Preghiamo
Signore Gesù, il tuo sguardo d’amore punta direttamente al cuore, dove decidiamo per quale causa spendere la nostra vita: per avere o per essere. Pensiamo che per realizzare i nostri desideri dobbiamo pagare un prezzo mentre ci riveli che la felicità è a portata di mano. C’insegni però ad aprirla per donare, non a stenderla per afferrare. L’avidità ci fa essere ritardatari agli appuntamenti della carità, sebbene siamo puntuali nell’esecuzione dei doveri. Aiutaci a riconoscerti nei poveri perché la gioia più vera sta nel loro sorriso bello come il raggio di sole che trafigge la cortina di nubi oscure dopo la pioggia.
