Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore – Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore – Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

14 Gennaio 2025 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 3,7-14 Sal 94

Ispìra nella tua paterna bontà, o Signore,
i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
perché veda ciò che deve fare
e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Dalla lettera agli Ebrei Eb 3,7-14
Esortatevi a vicenda, finché dura questo oggi.

Fratelli, come dice lo Spirito Santo:
«Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori
come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.
Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: hanno sempre il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.
Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo».
Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.


La voce della speranza per ritrovare la fede smarrita
L’autore della Lettera agli ebrei esorta i «fratelli santi», ovvero i battezzati, a prestare attenzione a Gesù che è chiamato «apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo» (3,1). Egli è apostolo perché inviato da Dio agli uomini e sommo sacerdote perché li rappresenta davanti a Lui. Gesù è dunque inviato dal Padre per essere mediatore di comunione tra Dio e gli uomini. Questa missione Gesù non se l’è attribuita da solo ma il Padre ha reso suo figlio «degno di fede», cioè lo ha abilitato col dono dello Spirito, a essere il Salvatore. La missione di Gesù la si comprende a partire da quella di Mosè che pure Dio ha stabilito tra i suoi fratelli quale profeta e mediatore per condurre il popolo nella Terra promessa e lì, da liberi, svolgere anche il proprio servizio cultuale.
L’invito a prestare attenzione a Gesù si traduce nel riconoscere che Egli è la Parola di Dio attraverso cui il mondo è stato creato per essere la casa di Dio tra gli uomini. Nel piano di Dio il popolo d’Israele doveva attraversare il deserto per quarant’anni e, finalmente entrare nella terra promessa sulla quale gli Israeliti avrebbero potuto vivere da persone libere. Tuttavia, la liberazione non consiste solo nell’essere sottratti alla potenza mortifera del peccato, come Israele fu riscattato dal potere del Faraone; la vera libertà è abitare con Dio e diventare abitazione di Dio. La via per giungere alla libertà passa attraverso il deserto della prova nella quale la fede viene purificata dalla crisi e si rivela per quello che è veramente: obbedienza fiduciosa alla volontà di Dio oppure pretesa di piegare Dio alla propria volontà. L’idolatria è il contrario della fedeltà. L’idolatria porta alla morte, mentre la fedeltà, che è il cammino della vita guidati dalla Parola di Dio, conduce alla vera libertà, ossia alla vita. Infatti, vivere in Dio vuol dire essere a servizio della vita e del bene del fratello.

Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,40-45
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore
Il termine lebbra nel linguaggio biblico comprende varie tipologie di malattia della pelle. L’epidermide è soglia che mette in comunicazione l’esterno con l’interno del corpo, la parte interiore e invisibile della persona con quella visibile. La malattia della pelle era considerata contagiosa come il peccato che è pericoloso non solo perché aggredisce la persona ma anche chi entra in contatto con essa. La lebbra era considerata come l’atto di accusa di Dio scritto sulla pelle in modo che tutti fossero consapevoli del peccato per mantenersi a debita distanza da esso. Si comprende allora perché il lebbroso preghi di essere purificato, cioè di essere perdonato. La lebbra, come appunto il peccato, è un male che solo Dio può sanare. La legge dell’Antico Testamento, che faceva divieto di toccare un lebbroso, esprimeva una verità che spesso oggi non è accolta: esiste il peccato, cioè il male generato dai pensieri, parole, azioni erronee. La denuncia del peccato è letta come un giudizio sulla persona, sicché molto spesso essa viene rimandata al mittente con sdegno. Il vero problema sorge quando noi stessi non riconosciamo l’evidenza del peccato scritta sulla nostra pelle, cioè nel modo pensare (male), parlare (male), agire (male). Il corpo, sia nella sua dimensione psicologica sia in quella fisica, non mente mai. L’uomo che prega davanti a Gesù innanzitutto ascolta il suo corpo, che gli racconta il suo peccato. La guarigione può avvenire solo se si chiede aiuto e lo si accetta. Non si tratta di un male congenito, ma di una drammatica omissione nella scelta della relazione vitale con Dio. Chi si chiude alla relazione con Dio non trasgredisce tanto un comando esterno, ma si procura un male che si riverbera nelle relazioni con gli altri. Se l’origine del male è chiudersi alla relazione di aiuto, la terapia inizia col chiedere aiuto nella relazione con Dio e con i fratelli.
Il lebbroso chiede a Gesù di purificarlo, cioè di aiutarlo a riallacciare la relazione con Dio. Gesù viene incontro ad ogni uomo proprio per questo! La compassione che Gesù prova per quell’uomo gli permette di passare dalla pelle di quell’uomo, in cui era scritta la denuncia del suo peccato, al suo cuore che mendicava aiuto nel ricominciare ad amare Dio e i fratelli. Gesù tende la mano per colmare la distanza tra Dio e l’uomo ma al tempo stesso per riaffermare la differenza che c’è tra il bene e il male. La misericordia non trasforma il male in bene, ma colui che soffre a causa del peccato in un uomo libero dal male e gioioso nel compiere il bene. Attraverso il contatto fisico Gesù condivide la sua vita, lo Spirito Santo che lo unisce al Padre in una relazione di amore che dà pace. Toccare è più che dare! Gesù, entrando in contatto con quell’uomo, non gli dona qualcosa che poi potrà perdere, ma, purificandolo, cioè perdonandolo, lo introduce nell’amicizia con Dio che non perderà mai fino a quando non sarà lui stesso a rifiutarla di nuovo.

Preghiamo
Signore Gesù, come quel lebbroso vorrei vincere tutte le resistenze a presentarmi davanti a te per chiedere il tuo aiuto. La vergogna per il senso di colpa mi porta spesso a nascondermi al tuo sguardo perché pretendo di sostituire te col mio io e giudicarmi. Mi capita di fermarmi alla pelle e non ascoltare il cuore che mi dice: cerca il suo volto! Quanto è bello ascoltare la sua voce che, come il suono di un ruscello, genera in me la sete di te! Ed è allora che dal cuore nasce la mia preghiera: io lo so, tu lo vuoi, perdonami, dammi vita, abbracciami, fammi sentire il calore della tua maternità e la sicurezza della tua paternità!