Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore – La preghiera di Mirìam
La preghiera di Mirìam
Dal Libro dell’Esodo 15,1-13.17-21
1 Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
“Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.
2Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!
3Il Signore è un guerriero,
Signore è il suo nome.
4I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.
5Gli abissi li ricoprirono,
sprofondarono come pietra.
6La tua destra, Signore,
è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico;
7con sublime maestà
abbatti i tuoi avversari,
scateni il tuo furore,
che li divora come paglia.
8Al soffio della tua ira
si accumularono le acque,
si alzarono le onde come un argine,
si rappresero gli abissi nel fondo del mare.
9Il nemico aveva detto:
“Inseguirò, raggiungerò,
spartirò il bottino,
se ne sazierà la mia brama;
sfodererò la spada,
li conquisterà la mia mano!”.
10Soffiasti con il tuo alito:
li ricoprì il mare,
sprofondarono come piombo
in acque profonde.
11Chi è come te fra gli dèi, Signore?
Chi è come te, maestoso in santità,
terribile nelle imprese,
autore di prodigi?
12Stendesti la destra:
li inghiottì la terra.
13Guidasti con il tuo amore
questo popolo che hai riscattato,
lo conducesti con la tua potenza
alla tua santa dimora…
17Tu lo fai entrare e lo pianti
sul monte della tua eredità,
luogo che per tua dimora,
Signore, hai preparato,
santuario che le tue mani,
Signore, hanno fondato.
18Il Signore regni
in eterno e per sempre!”.
19Quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare. 20Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un tamburello: dietro a lei uscirono le donne con i tamburelli e con danze. 21Maria intonò per loro il ritornello:
“Cantate al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare!”.
La speranza canta la salvezza donata da Dio
Il canto è una preghiera. È altresì l’impegno ad elevarci al di sopra delle grettezze della vita e a riavvicinarci alle radici. La tradizione ebraica indica dieci momenti significativi nella storia d’Israele marcati da inni di lodi: il primo risuonò nella notte in cui gli israeliti furono liberati dall’Egitto (Isaia 30,29), seguito dal Cantico del Mare (Esodo 15,1-21).
La serie si conclude con il celebre «Shir Hashirìm» o Cantico dei Cantici composto dal Re Salomone. Il decimo si chiamerà «Shir Chadàsh» o Canto Nuovo e sarà emesso in onore della Salvezza definitiva, che cancellerà per l’eternità le sofferenze e l’odio dalla faccia della terra, quindi degna di una melodia nuova.
Il Canto del Mare, dopo il passaggio del Mar Rosso, occupa certamente uno spazio preponderante nella liturgia ebraica: esso viene recitato ogni giorno nella preghiera mattutina ed è letto in pubblico due volte all’anno, a Pesach (Pasqua) e a Shabbàt Shirà. Questo inno riveste due caratteri, uno femminile e uno maschile. Gli uomini lodarono accoratamente il Signore, grati della Sua misericordia. Tuttavia, mancava un aspetto che solo la dimensione femminile poteva apportare. E che solo Miriàm, sorella maggiore di Mosè, testimone di tutte le pene patite dal suo popolo in Egitto, era in grado di esprimere. Solo lei, tramite quella viscerale sensibilità materna (e fraterna), vide e toccò concretamente la reale crudeltà dell’esilio.
Mirìam, sorella maggiore di Mosè, nascosta dallo spessore dei canneti, che sorveglia la culla di Mosè galleggiante sul Nilo, ritenendosi responsabile di quel lattante come, peraltro, di tutti gli altri, fiduciosa nella Liberazione, perseverante nell’incitare i suoi prossimi a procreare e a non abbattersi nonostante l’afflizione della schiavitù, evoca l’immagine di un’altra matriarca, discreta e mite ma significativa: Rachele.
Il profeta Geremia dichiara che Rachele, nel suo solitario sepolcro a Bet Lechem (Betlemme), versa costantemente amare lacrime per il martirio dei suoi figli. È lei, ancor più dei patriarchi, a provare un lancinante dolore per il suo popolo. L’intensità dei sentimenti femminili nonché la loro forza e tenacia conducono, al termine delle angustie, ad una gioia altrettanto immensa.
Miriam è la donna carismatica che sulle rive del Mar Rosso prende in mano i tamburelli e intona esultante il canto di vittoria in onore del Signore, coinvolgendo nel canto e nella danza le ragazze e le donne del suo popolo. È il testo noto come “il canto del mare”, una delle pagine più antiche della Scrittura. È lei che intona il ritornello, ripetuto dall’intera assemblea: «Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere» (v. 21). Non c’è madre ebrea che non ami insegnare a suo figlio il canto di Miriam, il canto della vittoria insperata e gratuita, il canto della libertà.
La liberazione dall’Egitto è annuncio di riscatto da qualsiasi forma di schiavitù ed è profezia che si compie con la Pasqua di Cristo. Essa è il motivo del canto dei redenti riportato dal presbitero Giovanni nell’Apocalisse, rappresentante della Chiesa che, da madre come Rachele, soffre per la persecuzione dei suoi figli e piange per la loro morte ma è anche, ma al tempo stesso come Miriam sa riconoscere l’opera di Dio e intona un canto di lode: «2 Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine, 3 cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello:
«Grandi e mirabili sono le tue opere,
o Signore Dio onnipotente;
giuste e veraci le tue vie,
o Re delle genti!
4 Chi non temerà, o Signore,
e non glorificherà il tuo nome?
Poiché tu solo sei santo.
Tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati». (Ap 15, 2-4).
Mirìam è immagine della Chiesa, generazione dei redenti da Cristo, che non elogia sé stessa ma la sua lode è rivolta solamente a Dio perché solo Lui è il Salvatore. Il canto di Mirìam, come quello dei redenti, non è ripetizione di formule elaborate da altri ma è la preghiera che nasce dal cuore che esulta alla presenza di Dio che si rivela in modo originale in ogni evento di liberazione e perdono.
Quello che intona Mirìam è il ritornello, come a dire che la preghiera di lode dà il ritmo alle fasi dell’esistenza e senso ad ogni passaggio della vita, anche se doloroso.
Quando Mirìam con suo fratello Mosè e il popolo passa attraverso il Mar Rosso è novantenne; nonostante l’età danza al ritmo dei tamburelli che accompagnano il canto. È il suo cuore che esulta e danza perché è in festa.
Dai « Discorsi » di sant’Agostino vescovo (Serm. 34, 1-3.5-6; CCL 41, 424-426)
Cantiamo al Signore il canto dell’amore
“Cantate al Signore un cantico nuovo, la sua lode risuoni nell’adunanza dei santi.
Siamo stati ammoniti di cantare al Signore un cantico nuovo. L’uomo nuovo sa qual è il cantico nuovo. Il cantare è espressione di gioia, e, se pensiamo a ciò con un po’ più di attenzione, è espressione di amore. Perciò colui che sa amare la nuova vita, conosce anche un cantico nuovo. Dobbiamo dunque sapere cosa sia questa vita nuova, a causa del cantico nuovo. Infatti tutto appartiene ad un unico regno, l’uomo nuovo, il cantico nuovo, il testamento nuovo. Perciò l’uomo nuovo canterà il cantico nuovo e farà parte del testamento nuovo.
Non c’è nessuno che non ami, ma bisogna vedere che cosa ama. Dunque non veniamo ammoniti a non amare, ma a scegliere l’oggetto del nostro amore. Ma che cosa scegliamo, se prima non veniamo scelti? Perché non siamo in grado di amare, se prima non siamo amati. Ascoltate l’apostolo Giovanni: Amiamo anche noi, perché egli per primo ci amò . Tu cerchi per l’uomo il motivo per il quale debba amare Dio, e non troverai affatto, se non perché Dio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo amato ha dato se stesso, ha dato affinché noi potessimo amarlo. Che cosa egli abbia dato affinché noi lo amassimo, ascoltatelo in modo più chiaro dall’apostolo Paolo: L’amore di Dio, dice, è stato riversato nei nostri cuori. Da dove? Forse da noi? No. Da chi dunque? Dallo Spirito Santo elargitoci.
Avendo dunque tanta fiducia, amiamo Dio da Dio. Ascoltate più chiaramente lo stesso Giovanni: Dio è amore, e chi dimora nell’amore, dimora in Dio, e Dio dimora in lui. Non è sufficiente dire: L’amore è da Dio. Chi di noi oserebbe dire ciò che è stato detto: Dio è amore?. Lo disse colui che sapeva ciò che aveva.
Dio, a farla breve, si offre a noi. Ci dice: Amatemi e mi avrete, perché non potete neppure amarmi, se non mi avrete.
O fratelli, o figli, o stirpe cattolica, o seme santo e supremo, o rigenerati e nati in modo soprannaturale in Cristo, ascoltate me, anzi per mezzo mio: Cantate al Signore un cantico nuovo. Ecco, dici, io canto. Tu canti, certamente canti, lo sento. Ma la vita non abbia mai a testimoniare contro le tue parole.
Cantate con la voce, cantate con la bocca, cantate con i cuori, cantate con un comportamento retto: Cantate al Signore un cantico nuovo. Mi chiedete che cosa dovete cantare di colui che amate? Senza dubbio vuoi cantare di colui che ami. Cerchi le sue lodi da cantare? L’avete sentito: Cantate al Signore un cantico nuovo. Cercate le lodi? La sua lode risuoni nell’assemblea dei santi. Il cantore, egli stesso, è la lode che si deve cantare. Volete dire le lodi a Dio? Voi siete la lode che si deve dire. E siete la sua lode, se vivete in modo retto.”
Preghiamo
O Dio d’infinita sapienza,
tu hai scelto come Madre del Salvatore
la beata Vergine Maria,
eccelsa tra gli umili e i poveri di Israele;
fa’ che accogliendo con fede viva la tua parola
impariamo a riporre solo in te
ogni speranza di salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.