Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore

Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore

29 Novembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

La preghiera di Ester

Dal Libro di Ester 4 (testo greco)

Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri ⌈e di immondizie.⌉ Umiliò⊥ duramente il suo corpo ⌈e, con i capelli sconvolti, coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse:⌉

⌈”Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta.

Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore!

Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale.

Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori.

Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore!

Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato alla tavola di Aman; non ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito, se non in te, Signore, Dio di Abramo.

O Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati, liberaci dalla mano dei malvagi e libera me dalla mia angoscia!”.⌉

RESPONSORIO Cfr. Est 4, 17 r.s.h.; Gb 24, 23 (volg.)

R. Dammi coraggio, o Re dei santi e signore di ogni

autorità; * metti sulla mia bocca una parola giusta e

misurata.

V. Donaci uno spazio per la penitenza, non chiudere

la bocca di quelli che ti lodano;

R. metti nella mia bocca una parola giusta e misurata.

La preghiera nella prova

Di fronte alle minacce di male, la preghiera di Ester sale a Dio, unitamente a quella degli altri ebrei, in un atteggiamento penitenziale (digiuno), che dice l’umiltà dell’invocazione e non la pretesa o peggio l’ingiuria. Anzi Ester raccoglie e coinvolge in questo atteggiamento, oltre agli altri ebrei, anche le sue ancelle (non ebree), insomma tutto l’ambiente che la circonda. È la reazione di chi si sente sola e minacciata, e che quindi cerca conforto, sostegno, comunione … anche se alla fine ella sa che rimarrà sola davanti al re e pagherà di persona.

Il tema della solitudine è particolarmente sentito da chi viene a trovarsi nella prova, nella minaccia del male, perché gli amici spesso si allontanano quando sentono avvisaglia di pericolo. Quanto invece si sente il bisogno di qualcuno che ti stia vicino, che condivida magari in silenzio il tuo dolore, che non ti faccia sentire solo davanti alla minaccia di male. Attorno ad Ester si crea solidarietà, e questo li conforta e li aiuta a proseguire; ma l’aiuto degli altri non basta: ci vuole un aiuto più grande, quello di Dio.

Ecco allora la preghiera che sale a Dio, al Dio che salva. Nel racconto prima della preghiera di Ester vi è quella di Mardocheo la quale è diretta al Signore creatore che ha nelle sue mani tutto il creato, e al Signore che ha scelto Israele come suo popolo, il Dio di Abramo e di Israele, che gli è sempre stato vicino, come nella liberazione dall’Egitto. Per questo, nella sua fedeltà, ora è richiamato ad assistere il suo popolo in questo pericolo. Ma è anche il Dio della verità, della verità del cuore, a cui Mardocheo affida lo sguardo sulle sue buone intenzioni, sulla sua fedeltà, anche se gli altri non lo vedono o travisano. Nella sua preghiera Mardocheo chiede che questo Signore cambi il lutto in gioia: riaccenda la speranza! Dall’altra la preghiera di Ester, che nel momento della prova si rifugia nel Signore, manifestandogli la sua solitudine e la sua angoscia e dicendogli che Lui è l’unico che la può soccorrere e salvare. Con la sensibilità tipica della donna, ella fa più riferimento alla sua vita personale; attira l’attenzione di Dio nella sfera più intima dei suoi sentimenti; vuol toccare e smuovere il suo cuore alla pietà. Non nasconde i suoi limiti e neppure il peccato che può aver albergato nel popolo di Israele, portandolo all’esilio; ma manifesta anche il suo sincero attaccamento a Lui; confida che ella non ha posto la sua gioia nelle fastosità di cui è stata circondata come regina, ma nel bene che Dio ha sempre avuto nei confronti del suo popolo e che lei ha ascoltato e ricevuto nella sua famiglia. Per questo chiede a questo Signore di liberare il suo cuore dall’angoscia e di far rinascere in esso speranza di vita.

Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo

(Lett. 130, 12, 22 – 13, 24; CSEL 44, 65-68)

Non troverai nulla che non sia già contenuto in questa preghiera

Chi dice: «Come ai loro occhi ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così ai nostri occhi mostrati grande fra di loro» (Sir 36, 3) e: I tuoi profeti siano trovati pii (cfr. Sir 36, 15), che altro dice se non: «Sia santificato il tuo nome»? Chi dice: «Rialzaci, Signore nostro Dio; fa’ risplendere il tuo volto e noi saremo salvi» (Sal 79, 4), che altro dice se non: «Venga il tuo regno»? Chi dice: «Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola e su di me non prevalga il male» (Sal 118, 133), che altro dice se non: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra»? Chi dice: «Non darmi né povertà né ricchezza» (Pro 30, 8), che altro dice se non: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»? Chi dice: «Ricordati, o Signore, di Davide, di tutte le sue prove» (Sal 131, 1) oppure: Signore, se così ho agito, se c’è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a coloro che mi facevano del male, salvami e liberami (cfr. Sal 7, 1-4), che altro dice se non: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»? Chi dice: «Liberami dai nemici, mio Dio, proteggimi dagli aggressori» (Sal 58, 2), che altro dice se non: «Liberaci dal male»? E se passi in rassegna tutte le parole delle sante invocazioni contenute nella Scrittura, non troverai nulla, a mio parere, che non sia contenuto e compreso nel Padre nostro. Nel pregare, insomma, siamo liberi di servirci di altre parole, pur domandando le medesime cose, ma non dobbiamo permetterci di domandare cose diverse. Queste cose dobbiamo domandarle nelle nostre preghiere per noi e per i nostri cari, per gli estranei e, senza dubbio, anche per gli stessi nemici, quantunque nel cuore di chi prega possa sorgere o prevalere un sentimento differente per l’una o l’altra persona, a seconda del grado più o meno stretto di parentela o di amicizia. Eccoti così, a mio modo di pensare, non solo le disposizioni con le quali devi pregare, ma anche che cosa devi chiedere. Non perché te l’insegno io, ma perché ti viene detto da colui che si è degnato di istruire noi tutti. Si deve cercare la vita beata e chiederla al Signore Dio. In che consista l’essere beato è stato discusso a lungo da molti con motivazioni diverse. Ma non è necessario ricorrere a tanti autori e a tante trattazioni. Nella Sacra Scrittura è stato detto tutto con poche parole e con piena verità: «Beato il popolo il cui Dio è il Signore» (Sal 143, 15). Per appartenere a questo popolo e arrivare a contemplare Dio e vivere eternamente con lui, teniamo presente questo: Il fine del precetto è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (cfr. 1 Tm 1, 5). Nella enumerazione di queste tre virtù invece di «coscienza» si trova «speranza». Risulta dunque che la fede, la speranza e la carità conducono a Dio colui che prega. Chi crede, spera, desidera e considera attentamente che cosa debba chiedere al Signore nell’orazione domenicale, arriva certamente fino a Dio.

RESPONSORIO Cfr. Sal 101, 2. 18; 129, 2

R. Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il

mio grido: * tu non disprezzi la supplica del povero.

V. Siano attenti i tuoi orecchi alla voce della mia

preghiera:

R. tu non disprezzi la supplica del povero.

PREGHIAMO

Signore, che alla tua Chiesa pellegrina sulla terra

hai dato nella beata Vergine Maria un pegno di sicura speranza,

fa’ che quanti sono oppressi dal tedio della vita,

trovino in lei rifugio e conforto.,

e quanti disperano di salvarsi, si aprano a una fiducia nuova.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli. Amen.