Purificazione del cuore – Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – s. Cecilia
Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – s. Cecilia
Ap 10,8-11 Sal 118
O Dio,
che ogni anno ci allieti
con la memoria di santa Cecilia,
concedi che i mirabili esempi della sua vita
ci offrano un modello da imitare
e proclamino le meraviglie
che Cristo tuo Figlio opera nei suoi fedeli.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo Ap 10,8-11
Presi quel piccolo libro e lo divorai.
Io, Giovanni, udii una voce dal cielo che diceva: «Va’, prendi il libro aperto dalla mano dell’angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra».
Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele».
Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re».
Consolazione e compassione
Mentre nei capitoli precedenti si scatenano le forze del male, i capitoli 10 e 11 vedono il compimento teologico del piano di Dio. In Ap 10, 1-7 c’è l’annuncio dell’angelo: Giovanni vede un angelo potente che scende dalle nubi; ha gambe che sembrano due colonne di fuoco ed è portatore del messaggio di Dio. Questa figura angelica è Gesù glorioso, portatore di un messaggio dalla portata cosmica, in quanto un garante della parola di Dio. Egli ha in mano un piccolo libro aperto. Si tratta del Vangelo, la storia di Dio. Nei versetti da 8 a 11 c’è il discorso di Dio, la voce dal cielo; viene chiesto a Giovanni di prendere il libro dalle mani dell’Angelo. Giovanni si avvicina e prega l’Angelo di dargli il Libretto; dobbiamo pregare per avere il Vangelo, non possiamo pretenderle che ci viene donata. A Giovanni viene chiesto di divorare il Libro, cosi come era stato chiesto ad Ezechiele (Ez. 3,1) di mangiare il rotolo scritto prima di parlare alla casa d’Israele. Il Vangelo va assimilato come il nutrimento. Esso è la consolazione che ci spinge ad essere consolatori non prima, però, di essere compartecipi delle sofferenze di Dio e dei nostri fratelli. L’amarezza della compassione si coniuga con la dolcezza della consolazione e della speranza di cui non siamo solo comunicatori ma, innanzitutto fruitori.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 19,45-48
Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Purificazione del cuore
Ciò che scandalizza Gesù entrando nel tempio è la totale esclusione di Dio dalla sua casa. Il Signore ha immaginato lo spazio sacro, prima la tenda mentre Israele pellegrinava nel deserto e dopo il tempio quando si stabilì nella terra promessa, come luogo d’incontro con il suo popolo. Quando preghiamo facciamo del nostro corpo il tempio nel quale Dio ci dà appuntamento e, se siamo due o più riuniti nel suo nome, Gesù è in mezzo a noi. La preghiera è l’esperienza della intimità familiare, come nel cenacolo durante l’ultima cena che Gesù consumò con gli apostoli e i discepoli più stretti, quando spezzò il pane e lo distribuì e fece passare il calice del vino. La preghiera fa del luogo in cui si celebra la casa di Dio e degli uomini. La preghiera è il vero «commercio», come lo chiamavano i latini, perché Dio accoglie ciò che gli offriamo e Lui in cambio dona sé stesso. Diventando uomo e morendo sulla croce, Dio ha preso su di sé i nostri peccati e ci ha donato la sua vita. Sia concettualizzare che affannarsi a fare tante cose sono il modo con il quale emarginiamo Dio nella nostra vita e dalle nostre chiese. Non dovremmo preoccuparci di quante cose sappiamo di Dio o in quante iniziative siamo coinvolti, ma di come e quanto preghiamo perché da questo dipende come e quanto amiamo. Gesù non si oppone alle persone, ma al loro modo di pensare e di agire che deforma la relazione privandola del suo aspetto più essenziale che è la gratuità. Cacciare i venditori dall’area del tempio significa purificare lo spazio delle relazioni da ogni forma di utilizzo dell’altro. Le maniere forti e le parole taglienti come un rasoio smascherano la falsità che corrode dall’interno l’esistenza facendola implodere miseramente e improvvisamente. Gesù mira a ristabilire la sana relazione con Dio in modo che l’uomo riacquisti il senso della sua posizione filiale davanti a Lui e fraterna con gli altri.
Il modo con cui gestiamo la rabbia dice la sua origine. La rabbia per un’ingiustizia induce l’uomo dal cuore puro a lottare per eliminarla e per ristabilire la giustizia; invece quella che nasce dall’orgoglio ferito si trasforma in risentimento e si traduce in complotto contro qualcuno. Gesù viene a purificare il nostro cuore perché, liberato dall’avidità che genera rivalità e violenza distruttiva, divenga lo spazio in cui può realizzarsi il desiderio di comunione con l’altro nella pace. Infatti, la nostra interiorità può facilmente affollarsi di pensieri e desideri “inconfessabili” tenuti nascosti dietro il paravento del formalismo religioso. Essi si cacciano solamente con la forza della Parola di Dio che è capace di bonificare il cuore e trasformarlo da nascondiglio di cattive intenzioni a sala da pranzo dove fare festa con il Signore.
Signore Gesù, vero Pontefice tra Dio e l’uomo, la forza della tua Parola purifichi il mio cuore da ogni forma di avidità e di avarizia. Il fuoco del tuo Spirito bruci consumando tutte quelle intenzioni cattive la cui radice produce ogni tipo di peccato. Consacrami nella verità affinché il mio corpo sia il tempio nel quale Dio dimora. Accogli dalle mie mani l’offerta della gioia e del dolore, della fatica del lavoro quotidiano e trasformala in pane di vita eterna. Tu che mi hai scelto tra gli uomini e ad essi mi hai inviato per seminare il Vangelo, guidami sulla via dei tuoi comandamenti perché ad immagine tua possa essere sacerdote affidabile e misericordioso a servizio dei miei fratelli.