La «cordata» del perdono – Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Martino di Tours

La «cordata» del perdono – Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Martino di Tours

9 Novembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Martino di Tours

Tt 1,1-9   Sal 23  

O Dio, che hai fatto risplendere la tua gloria

nella vita e nella morte del santo vescovo Martino,

rinnova nei nostri cuori le meraviglie della tua grazia,

perché né morte né vita ci possano separare dal tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito Tt 1,1-9

Stabilisci alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati.

Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.

Le struttura nella chiesa a servizio della comunione e della crescita di fede

Paolo indirizza una missiva a Tito che, da discepolo e collaboratore dell’apostolo, viene da lui costituito per continuare la sua opera a Creta. Paolo è stato fondatore di alcune comunità cristiane attraverso la predicazione del Vangelo. Il primo annuncio suscitava la fede dei credenti i quali formavano le chiese, piccole comunità, che si riunivano nelle case. Questi piccoli gruppi di cristiani, alla partenza dell’apostolo, dovevano essere accompagnati nel prosieguo del loro cammino di fede. Per questo motivo venivano individuati dei responsabili con il compito di continuare l’opera pastorale iniziata dall’apostolo. Le istruzioni dell’apostolo non sono semplicemente finalizzate a creare una struttura organizzativa, ma a fornire dei criteri di discernimento per scegliere nella comunità persone che, chiamate da Dio, potessero svolgere il ministero a favore della crescita spirituale dei battezzati. Tito è incaricato da Paolo di formare coloro che avrebbero assunto il ministero pastorale di guidare la comunità. Paolo, nell’indirizzo di saluto condensa tutta una teologia della salvezza e dell’apostolato. La sua predicazione nasce dall’incontro con Gesù risorto e il suo apostolato è risposta alla vocazione ricevuta da Dio Padre. Attraverso Gesù si comunica e si realizza la salvezza per tutti gli uomini progettata dal Padre, della quale Paolo è servo. Come l’apostolato di Paolo è generato dall’amore di Dio ed è subordinato al suo mistero di salvezza, così anche quello di coloro che sono chiamati a collaborare nel ministero pastorale. Come l’incontro con Gesù e con coloro Dio gli ha affidato come fratelli, ha plasmato l’umanità di Paolo, nel medesimo modo anche l’ascolto della Parola e il loro ministero pastorale cambia il cuore di coloro offrono un servizio  a nome della Chiesa e per il bene di tutta la Chiesa.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 17,1-6

Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!

Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».

Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

La «cordata» del perdono

Gesù ricorda ai suoi discepoli che non sono vagabondi solitari ma appartengono alla comunità di pellegrini che puntano alla comunione di vita fraterna. Potremmo immaginare una cordata nella quale ognuno è legato all’altro da una fune per scalare la montagna. I peccati dei membri della comunità sono all’ordine del giorno, ma senza la giusta attenzione si possono causare gravi scandali che coinvolgono soprattutto i più fragili. Gesù è molto severo verso coloro che sono superficiali e indulgenti con sé stessi non rendendosi conto del grave danno arrecato con il loro modo di fare. Bisogna essere sempre vigili su sé stessi, innanzitutto. Uno degli scandali più drammatici è la rigidità nel giudizio. Ho ascoltato un intervento di una signora ad una radio sedicente cattolica che disprezzava il Concilio Vaticano II e demonizzava i Pontefici che, a suo dire, avevano tradito la purezza della fede cristiana per entrare in dialogo col mondo. Quanto scandalo ha arrecato questa donna a coloro che l’hanno ascoltata. Lei, che parlava della necessità di essere in Grazia di Dio per accostarsi alla comunione, si è posta fuori della Chiesa inducendo all’errore altre persone (speriamo nessuna). Per lei valgono le dure parola di Gesù il cui insegnamento sul perdono è invece mirabilmente tradotto nel magistero della Chiesa e nella sua opera di accoglienza di tutti i suoi figli che chiedono misericordia. Chi chiede perdono, anche se ripetutamente, lo fa perché è consapevole della sua fragilità ma crede nella misericordia di Dio e confida nella benevolenza dei fratelli. Se lui non si stanca di chiedere perdono, perché dovrei stancarmi di dare a lui ciò che Dio non mi rifiuta mai? Perdonare vuol dire rimanere sempre sulla strada che porta alla comunione. Essa è l’unica sicura perché su di essa troviamo il Signore. Altre strade ci porteranno lontano dalla vita vera. Hanno ragione gli apostoli a domandare una fede più grande perché solo con il dono di Dio possiamo riconoscerci bisognosi della sua misericordia e possiamo rinsaldare i nostri legami fraterni offrendo la riconciliazione.

Signore Gesù, capofila della «cordata» fraterna del perdono, fa crescere la nostra fede affinché possiamo sempre confidare nella tua misericordia e radicare la nostra amicizia nell’esperienza quotidiana del tuo amore che riconcilia. Aumenta la consapevolezza della gravità del nostro peccato che induce un altro fratello ad errare lontano da Te, che invece rimani saldamente al timone della barca della Chiesa, anche se scossa dalle onde degli scandali e degli abusi dei suoi figli. Sciogli le nostre meschine rigidità, cada la maschera dell’ipocrisia, fa che ci convertiamo al vangelo della misericordia rinnegando ogni forma di iniquo legalismo che non genera nulla e che, al contrario, impedisce alla Grazia di Dio di seminare la pace. Il seme della fede fruttifichi in gesti di accoglienza, di ascolto e di perdono.