La Carità non sceglie il servizio ma cerca chi servire – Martedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Martedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Fil 2,5-11 Sal 21
Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa’ che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fil 2,5-11
Svuotò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Fratelli,
abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Il cammino della croce e della gloria
L’apostolo Paolo esorta i Filippesi a non lasciarsi coinvolgere in logiche estranee al vangelo inculcate da coloro che solo in apparenza sono amici fidati, ma che seminano divisione e alimentano le contrapposizioni nella comunità. Il segno distintivo del cristiano è la comunione che si fonda sull’imitazione di Gesù Cristo. Egli è la vera immagine dell’uomo figlio di Dio non corrotto dal peccato. Infatti, Gesù non ha considerato la sua condizione divina come qualcosa da possedere egoisticamente, come se fosse il padrone assoluto, ma l’ha messa a servizio dei fratelli assumendo la condizione di servo. Si è fatto tutto simile all’uomo, eccetto il peccato, affinché fosse chiaro a tutti la vocazione comune alla santità. Questa è la vera gloria alla quale Dio da sempre vuole condurre gli uomini. L’abbassamento è la via della croce attraverso la quale si giunge alla gloria. Per il cristiano il servizio e l’abbassamento verso i fratelli sono connessi con l’esperienza della mortificazione. Essa, però, non annichilisce l’identità della persona, ma, liberandola dal peccato che ne deturpa la dignità, la esalta in maniera straordinaria. Gesù è l’esempio di come per amore si può toccare il fondo dal quale il Signore Dio solleva collocando i suoi eletti su troni di gloria.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 14,15-24
Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
La Carità non sceglie il servizio ma cerca chi servire
Gesù, stando a casa di uno dei capi dei farisei che lo aveva invitato per pranzare, viene osservato con attenzione dagli altri e offre loro tre insegnamenti importanti. Dapprima guarendo l’idropico indica nella pratica della carità il compimento della legge; poi, osservando come gli invitati sceglievano i primi posti, suggerisce loro di non ambire agli onori ma desiderare di servire con umiltà; infine esorta colui che lo ospita a rivolgere l’invito ai poveri e agli emarginati perché essi non hanno nulla da contraccambiare. Beato, ovvero la persona realizzata, è colui che sceglie di servire Dio negli ultimi e si fa suo gioioso portavoce verso i più poveri.
Il sabato, per noi cristiani la domenica, è un giorno di festa nel quale celebriamo l’amore misericordioso di Dio che ci guarisce dal peccato perché tutti possano partecipare al banchetto eterno. Il pasto festoso sulla terra è anticipazione di quello che Dio prepara per noi nel Cielo. È lo stesso Dio che ci invita alla mensa terrena e al banchetto celeste, cioè ci esorta a vivere la carità fraterna attraverso il servizio umile per preparaci a godere a pieno della festa nel giorno della risurrezione, compimento del regno di Dio.
La festa inizia oggi quando ci viene chiesto di essere missionari della carità e di raggiungere gli ultimi, poveri, storpi, zoppi e ciechi, di solito esclusi dai convivi umani, per invitarli a partecipare all’incontro con Dio. In questo incontro con c’è nulla da spartire ma tutto da condividere.
L’invito che Gesù ci rivolge è innanzitutto quello di partecipare della sua stessa missione e praticare la carità fraterna non come dovere, ma come vocazione. Potremmo essere come quei tali che rifiutano l’invito trovando scuse, alcune persino banali. Se ci pensiamo, quanti pretesti accampiamo per rinunciare a servire, perché siamo concentrati su noi stessi e i nostri affari in affannosa ricerca di conferme, attestati e gratificazioni. Il tempo per fare ciò che ci piace lo troviamo o facciamo quello che ci impone un certo senso del dovere. Ma né l’uno, né l’altro ci dà vera gioia; nel primo caso perché facciamo dipendere la nostra felicità dal conseguimento di obbiettivi umani, nel secondo caso perché il fare solo il proprio dovere nasconde la ricerca di un contraccambio che spesso non trova riscontro secondo le aspettative.
Costringere ad entrare non indica una forzatura violenta, ma il potere della testimonianza gioiosa della carità che esercita una forza di attrazione e di convincimento più grande della coercizione.
Chi crede in Gesù sposa il suo modo di pensare e fa sua la missione per la quale egli è venuto. Così il discepolo di Cristo quanto più cresce nella carità, tanto più brilla di felicità. La Carità non può essere finta. La carità ipocrita è quella che facciamo dopo aver selezionato il “servizio” da svolgere. La Carità non sceglie un servizio ma cerca chi servire. Questa è la vera carità che ci fa pregustare la perfetta letizia.
ORATIO
Signore Gesù, grazie perché inviti tutti al banchetto che hai preparato per i figli di Dio, tutti gli uomini. Tu stesso ti offri come nutrimento e sostegno nelle nostre umane fragilità e povertà. Con la forza dell’eucaristia portiamo il Vangelo a tutti anche a chi lo rifiuta e lo disprezza. Aiutaci a non temere le avversità e le persecuzioni subite nell’esercizio del ministero che tu ci affidi, e a rispondere sempre con mitezza a chiunque ci chieda di raccontare anche con il silenzio e le lacrime nascoste quale speranza ci spinge ad amare tutti, in particolare i nemici. Amen.