Evangelizzare coniugando esigenza e gentilezza – Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Evangelizzare coniugando esigenza e gentilezza – Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

14 Gennaio 2025 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 2,14-18 Sal 104

Ispìra nella tua paterna bontà, o Signore,
i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
perché veda ciò che deve fare
e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Dalla lettera agli Ebrei Eb 2,14-18
Egli doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare misericordioso.

Fratelli, poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e aver sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

Dio si è fatto fratello di carne
L’autore della Lettera agli Ebrei introduce con questa riflessione la descrizione dell’opera salvifica di Dio che, attraverso Gesù, Sommo Sacerdote misericordioso e degno di fede, si prende cura degli uomini. Il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo per condividere con i fratelli di carne la condizione mortale perché tutti i «mortali» potessero essere «viventi» in Dio. Per questo Dio Padre si «prende cura» degli uomini; è da qui che don Lorenzo Milani trae il suo motto “I Care”, «mi interessa», che si oppone al fascista “me ne frego”. La cura di Dio non è rivolta agli angeli, puri e perfetti spiriti, ma alla stirpe di Abramo che invece e fatta di uomini e donne fatti di carne e sangue, impastati di bellezza e fragilità.
Già le prime pagine della Bibbia ci raccontano di un Dio premuroso la cui attenzione verso l’uomo precede la sua esistenza. L’amore di Dio verso la sua creatura nasce dal suo sogno di creare con lui una relazione affettiva profonda. L’amore genera relazione le cui trame formano il tessuto della vita. La creazione è descritta nel Genesi (Gen 1-2) come la preparazione dell’ambiente in cui vivere tale relazione di amore. La scelta di prendersi cura si traduce innanzitutto nel creare le condizioni perché Dio incontri e viva la comunione con l’uomo. Anche il profeta Isaia nel «Canto della vigna» (Is 2), ripresa dalla parabola di Gesù (Mt 21), richiama le opere di Dio nella storia della Salvezza al fine di fare dell’uomo il Signore del creato. Dunque, un primo segno della cura è la creatività attraverso la quale germogliano le occasioni d’incontro.
Dio ancora si prende cura coinvolgendosi, partecipando, facendo strada insieme con l’uomo. La figura del buon Samaritano (Lc 10) indica il modo con il quale Dio diventa uno di noi. La parabola di Luca ha come sfondo non la strada che sale a Gerusalemme e che indicherebbe la via della legge e dei precetti, ma quella che scende da Gerusalemme a Gerico, dal cielo alla terra, anzi sottoterra. Non si tratta della carriera per raggiungere le alte sfere, ma della via sulla quale si vive la missione. Gesù, dal “Tempio celeste” è inviato da Dio per fare del nostro corpo il suo Santuario. Al contrario del sacerdote e del levita, che considerano esaurito il loro servizio liturgico e si disinteressano dei fratelli più poveri, il Samaritano celebra la divina liturgia accostandosi al malcapitato, curandogli le ferite, facendosi carico di lui e creando una rete di solidarietà.
La cura non è semplicemente assistenzialismo, ma è esercizio della paternità e maternità e, in quanto tale, è generativa. Infatti, la cura non è un insieme di prestazioni offerte, ma è un cammino nel quale Dio guida ad essere persone responsabili che nel servizio ai fratelli, animato dalla compassione, trasmettono con gioia e generosità quello che con gratitudine hanno ricevuto e che li ha trasformati ad immagine di Gesù, Figlio di Dio e Fratello di ogni uomo.

Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,29-39
Gesù guarì molti che erano afflitti da varie malattie.

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Evangelizzare coniugando esigenza e gentilezza
Il racconto di Marco passa dal luogo sacro della Sinagoga, in cui Gesù libera un uomo dallo spirito impuro che lo possedeva, a quello della casa nella quale avviene un’altra liberazione. La suocera di Simone, che era a letto in preda ad una febbre che la debilitava, viene guarita da Gesù che, avvicinandosi a lei, l’aiuta ad alzarsi prendendola per mano. Quanta delicatezza si scorge nel gesto silenzioso di Gesù che non compie un’azione spettacolare ma pieno di tenerezza.
Non di rado capita che diamo fondo a tutte le nostre energie nelle cose che facciamo e arriva un momento in cui ci spegniamo e ci blocchiamo. La febbre è un segnale che il nostro corpo ci lancia per dirci che siamo “in riserva”. Quando siamo particolarmente tesi e facilmente c’ “infuochiamo” probabilmente abbiamo bisogno di quel contatto personale attraverso il quale passa il calore umano che ci guarisce.
Il gesto di Gesù è un insegnamento esemplare a Simone e ai suoi familiari, ma anche alla Chiesa che deve ritornare a vivere al suo interno una maggiore familiarità ispirata alla delicatezza con la quale Gesù si avvicina alla donna anziana. Presi dall’attivismo e dal ridurre la pastorale a iniziative e attività, corriamo il rischio di perdere di vista l’essenziale e le relazioni personali diventano formali. Persone attive nella comunità possono sentirsi messe da parte dopo essere state usate per la realizzazione di opere o iniziative. Non basta pregare per chi non sta bene, ma bisogna farsi presente con delicatezza e pazienza.
Tuttavia, è necessario anche cogliere tutte le occasioni per farsi aiutare a superare i momenti di crisi che ci bloccano. Gesù ha aiutato la donna ad alzarsi, ma solo dopo che si è lasciata aiutare ha vinto la febbre che la debilitava.
Gesù è duro ed esigente con il maligno ma gentile con le persone fragili. Impariamo a coniugare esigenza e gentilezza affinché gli interventi educativi non procurino danni ma siano un’occasione di riscatto e di ripresa.
Il servizio non è solo l’effetto dell’azione di Dio e della Chiesa, ma anche quella terapia che ognuno può praticare per sé affinché riprenda in mano la sua vita e ne faccia un dono d’amore. Il servizio che nasce dall’incontro con Gesù diventa lo stile di evangelizzazione nella Chiesa attraverso la carità fraterna.

Preghiamo
Signore Gesù, che ti possa incontrare in ogni gesto di gentilezza che ricevo. Tante sono le volte che, amareggiato e deluso, mi lascio andare a quei pensieri che m’infiammano di rabbia. Delicatamente ti fai prossimo a me nella quotidianità di una vita che in apparenza sembra il capezzale di un moribondo mentre con te diventa il parto di una nuova vita. Mi tiri fuori dai labirinti mentali del risentimento e del rimpianto perché venga alla luce l’uomo nuovo che gioisce non per ciò che conquista ma per come ama. Insegnami a pregare prima che sorga del sole perché l’aurora non annunci solo l’inizio di un altro giorno come gli altri ma illumini la strada della speranza sulla quale seguirti per annunciare e donare il Vangelo dell’Amore.