Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore – La preghiera di Sara

Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore – La preghiera di Sara

3 Dicembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

VI giorno – Con la preghiera la speranza di vita vince la rassegnazione della morte

Dal Libro di Tobia (3, 1-17)

1 Con l’animo affranto dal dolore, sospirai e piansi. Poi iniziai questa preghiera di lamento: 2“Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. 3Ora, Signore, ricòrdati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e per gli errori miei e dei miei padri. 4Violando i tuoi comandamenti, abbiamo peccato davanti a te. Ci hai consegnato al saccheggio; ci hai abbandonato alla prigionia, alla morte e ad essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci hai dispersi. 5Ora, quando mi tratti secondo le colpe mie e dei miei padri, veri sono tutti i tuoi giudizi, perché non abbiamo osservato i tuoi comandamenti, camminando davanti a te nella verità. 6Agisci pure ora come meglio ti piace; da’ ordine che venga presa la mia vita, in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è preferibile la morte alla vita. Gli insulti bugiardi che mi tocca sentire destano in me grande dolore. Signore, comanda che sia liberato da questa prova; fa’ che io parta verso la dimora eterna. Signore, non distogliere da me il tuo volto. Per me infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande angoscia, e così non sentirmi più insultare!”.7Nello stesso giorno a Sara, figlia di Raguele, abitante di Ecbàtana, nella Media, capitò di sentirsi insultare da parte di una serva di suo padre, 8poiché lei era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: “Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome. 9Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non dobbiamo mai vedere né figlio né figlia”. 10In quel giorno dunque ella soffrì molto, pianse e salì nella stanza del padre con l’intenzione di impiccarsi. Ma, tornando a riflettere, pensava: “Che non insultino mio padre e non gli dicano: “La sola figlia che avevi, a te assai cara, si è impiccata per le sue sventure”. Così farei precipitare con angoscia la vecchiaia di mio padre negli inferi. Meglio per me che non mi impicchi, ma supplichi il Signore di farmi morire per non sentire più insulti nella mia vita”. 11In quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: “Benedetto sei tu, Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte le tue opere per sempre. 12Ora a te innalzo il mio volto e i miei occhi. 13Comanda che io sia tolta dalla terra, perché non debba sentire più insulti. 14Tu sai, Signore, che sono pura da ogni contatto con un uomo 15e che non ho disonorato il mio nome né quello di mio padre nella terra dell’esilio. Io sono l’unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né un fratello vicino né un parente per il quale io possa serbarmi come sposa. Già sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guarda a me con benevolenza: che io non senta più insulti”.

16In quel medesimo momento la preghiera di ambedue fu accolta davanti alla gloria di Dio 17e fu mandato Raffaele a guarire tutti e due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio, e a dare Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e così scacciare da lei il cattivo demonio Asmodeo. Di diritto, infatti, spettava a Tobia prenderla in sposa, prima che a tutti gli altri pretendenti. Proprio allora Tobi rientrava in casa dal cortile e Sara, figlia di Raguele, stava scendendo dalla camera.

Con la preghiera la speranza di vita vince la rassegnazione della morte

Tobi è un deportato ebreo che vive nella grande capitale assira, Ninive. Ha una moglie, Anna, e un figlio, Tobia. È un uomo giusto, Tobi, che fa l’elemosina, aiuta i poveri con il suo denaro e seppellisce i correligionari morti, sfidando i severi decreti assiri. Ma a quest’uomo giusto capita una grande disgrazia: diventa improvvisamente cieco. Il cielo per lui s’oscura, il mondo attorno si confonde nell’ombra. Non può più camminare se non guidato da qualcuno. Pure sua moglie lo insulta: A che cosa sono servite le tue elemosine? A che cosa è servito fare il bene? Guarda come sei ridotto! Ferito da quelle parole, forse più ancora che dalla stessa cecità, Tobi si rivolge a Dio, lamentandosi.

Tobi, uomo anziano e molto religioso, è incapace di aprirsi al futuro ed è chiuso in un passato che lo opprime. La cecità di Tobi è come un simbolo della gabbia di osservanze religiose che, invece di liberarlo, rischiano di soffocarlo.

La preghiera di Tobi è la prima di una serie di cinque preghiere presenti nel libro di Tobia. Nel libro di Tobia le preghiere servono, prima di tutto, a sottolineare i momenti chiave della narrazione. La preghiera è per lui il momento nel quale il credente, posto a contatto con Dio, comprende il senso di ciò che è accaduto e anticipa addirittura quel che accadrà. Tobi confessa il peccato suo e del popolo. In virtù della giustizia retributiva egli considera la sua cecità come partecipazione alla punizione inflitta da Dio al popolo conseguente al peccato d’idolatria. Per ottenere il perdono d’Israele e il suo ritorno, egli è disposto a morire piuttosto che vedere umiliato il suo popolo. Tobi si rende disposto a rinunciare alla vita per salvare il suo popolo. La preghiera è sia il riconoscimento della presenza divina che la confessione delle colpe umane. La preghiera dell’uomo non può non nascere dalla situazione concreta nella quale egli vive; nella sua situazione disperata Tobi non chiede altro se non di morire. “Sono pieno di tristezza” (v. 6): la preghiera di Tobi è segno della disperazione in cui è caduto un uomo per il quale tutto sembrava risolto nell’ubbidienza a valori ritenuti incrollabili; ma le certezze di Tobi sono franate e persino davanti a Dio non resta altro che la prospettiva della morte. Tobi rappresenta quel tipo di credenti che, di fronte alle difficoltà, non sanno più davvero che fare se non attaccarsi a quelle forme tradizionali che hanno caratterizzato la loro religiosità. È una preghiera tra disperazione e speranza, che tuttavia sarà ugualmente gradita al Signore perchè è una preghiera sincera.

Cambiando decisamente registro, la storia ci mette di fronte alla figura di una ragazza. S’intrecciano due storie ferite accomunate dalla vergogna per gli insulti ricevuti e dall’idea che solo la morte avrebbe portato la pace. Sia Tobi che Sara pregano il Signore affinché possano essere salvati e sottratti alla sofferenza causata da parole ingiuriose e ingiuste. Tobi e Sara fanno due preghiere diverse.

Sara, vessata da Asmodeo, causa reale della morte dei suoi sette mariti, che viene accusata di essere assassina. Per la giovane donna è un disonore troppo grande da sopportare e un peso che pensava di liberarsene mediante la morte suicida. Sara riflette sulle conseguenze del suo gesto autolesionista e sul disonore che sarebbe ricaduto sulla sua famiglia. Perciò non le resta altro che affidarsi a Dio. Il problema di Tobi è quello di una religiosità scrupolosa, ma angosciante, pur se sincera. Quello di Sara è l’incapacità di gestire la propria sessualità proprio a causa della sua religiosità che interpreta la relazione con l’altro come un rapporto di dipendenza; si pensi a come Sara, nella sua preghiera, difenda davanti a Dio la propria purezza in campo sessuale, nel momento stesso in cui si lamenta di non essersi potuta sposare, perché i suoi mariti sono morti … Il problema di Sara è legato, almeno in buona parte, alla sua dipendenza dal padre. Con fine intuito psicologico il narratore osserva che Sara vuole impiccarsi nella stanza del padre, come estremo atto di disperazione e di accusa insieme, e che è proprio il pensiero del dolore che al padre essa avrebbe causato con la sua morte a distoglierla da questo intento. L’amore per il padre è paradossale: impedisce a Sara di crescere, di diventare donna e di amare un altro uomo, ma anche la salva dalla morte. Se per il vecchio Tobi è rimasto solo il passato, per la giovane Sara non solo non c’è alcun passato, ma non c’è neppure l’unico futuro che una donna israelita del tempo poteva sperare: l’essere moglie e madre. Anche per Sara la preghiera è un miscuglio di disperazione e di speranza. La preghiera non è una formula magica, grazie alla quale l’uomo ottiene da Dio tutto ciò che vuole.

La preghiera di benedizione fatta da Sara attira la benevola attenzione di Dio anche sulla supplica lamentosa di Tobi. Entrambe vengono ascoltate e Dio interviene non con la morte ma con la vita che restituisce la vista a Tobi e libera Sara dalla schiavitù che rende sterili alla libertà che restituisce la fecondità. Il narratore lo sa molto bene: la preghiera è prima di tutto la capacità di affidarci a Dio, di porre la nostra vita nelle sue mani. La preghiera, poi, è capace di modificare il nostro atteggiamento verso la vita e di aprirci strade che non avevamo mai pensato di percorrere, di non farci perdere tutta la sua speranza.

Dall’enciclica di Benedetto XVI Spe Salvi, n.33

In modo molto bello Agostino ha illustrato l’intima relazione tra preghiera e speranza in una omelia sulla Prima Lettera di Giovanni. Egli definisce la preghiera come un esercizio del desiderio. L’uomo è stato creato per una realtà grande – per Dio stesso, per essere riempito da Lui. Ma il suo cuore è troppo stretto per la grande realtà che gli è assegnata. Deve essere allargato. « Rinviando [il suo dono], Dio allarga il nostro desiderio; mediante il desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace [di accogliere Lui stesso] ». Agostino rimanda a san Paolo che dice di sé di vivere proteso verso le cose che devono venire (cfr Fil 3,13). Poi usa un’immagine molto bella per descrivere questo processo di allargamento e di preparazione del cuore umano. « Supponi che Dio ti voglia riempire di miele [simbolo della tenerezza di Dio e della sua bontà]. Se tu, però, sei pieno di aceto, dove metterai il miele? » Il vaso, cioè il cuore, deve prima essere allargato e poi pulito: liberato dall’aceto e dal suo sapore. Ciò richiede lavoro, costa dolore, ma solo così si realizza l’adattamento a ciò a cui siamo destinati [26]. Anche se Agostino parla direttamente solo della ricettività per Dio, appare tuttavia chiaro che l’uomo, in questo lavoro col quale si libera dall’aceto e dal sapore dell’aceto, non diventa solo libero per Dio, ma appunto si apre anche agli altri. Solo diventando figli di Dio, infatti, possiamo stare con il nostro Padre comune. Pregare non significa uscire dalla storia e ritirarsi nell’angolo privato della propria felicità. Il giusto modo di pregare è un processo di purificazione interiore che ci fa capaci per Dio e, proprio così, anche capaci per gli uomini. Nella preghiera l’uomo deve imparare che cosa egli possa veramente chiedere a Dio – che cosa sia degno di Dio. Deve imparare che non può pregare contro l’altro. Deve imparare che non può chiedere le cose superficiali e comode che desidera al momento – la piccola speranza sbagliata che lo conduce lontano da Dio. Deve purificare i suoi desideri e le sue speranze. Deve liberarsi dalle menzogne segrete con cui inganna se stesso: Dio le scruta, e il confronto con Dio costringe l’uomo a riconoscerle pure lui. « Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dalle colpe che non vedo », prega il Salmista (19[18],13). Il non riconoscimento della colpa, l’illusione di innocenza non mi giustifica e non mi salva, perché l’intorpidimento della coscienza, l’incapacità di riconoscere il male come tale in me, è colpa mia. Se non c’è Dio, devo forse rifugiarmi in tali menzogne, perché non c’è nessuno che possa perdonarmi, nessuno che sia la misura vera. L’incontro invece con Dio risveglia la mia coscienza, perché essa non mi fornisca più un’autogiustificazione, non sia più un riflesso di me stesso e dei contemporanei che mi condizionano, ma diventi capacità di ascolto del Bene stesso.

Preghiamo

Dio fedele,

che nella beata Vergine Maria

hai dato compimento alle promesse fatti ai padri,

donaci di seguire l’esempio della Figlia di Sion

che a te piacque per l’umiltà

e con l’obbedienza cooperò alla redenzione del mondo.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.