Novena dell’Immacolata 2024 – Beato chi spera nel Signore
La preghiera di Anna, madre di Samuele
Dal Primo Libro di Samuele 1,10-18.19b-20.24-28.2,1-11
Anna aveva l’animo amareggiato e si mise a pregare il Signore, piangendo dirottamente. 11Poi fece questo voto: “Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo”.
12Mentre ella prolungava la preghiera davanti al Signore, Eli stava osservando la sua bocca. 13Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò Eli la ritenne ubriaca. 14Le disse Eli: “Fino a quando rimarrai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!”. 15Anna rispose: “No, mio signore; io sono una donna affranta e non ho bevuto né vino né altra bevanda inebriante, ma sto solo sfogando il mio cuore davanti al Signore. 16Non considerare la tua schiava una donna perversa, poiché finora mi ha fatto parlare l’eccesso del mio dolore e della mia angoscia”. 17Allora Eli le rispose: “Va’ in pace e il Dio d’Israele ti conceda quello che gli hai chiesto”. 18Ella replicò: “Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi”. Poi la donna se ne andò per la sua via, mangiò e il suo volto non fu più come prima.
Elkanà si unì a sua moglie e il Signore si ricordò di lei. 20Così al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, “perché – diceva – al Signore l’ho richiesto”. Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. 25Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli 26e lei disse: “Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. 27Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. 28Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore”.
2,1 Allora Anna pregò così:
“Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia forza s’innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io gioisco per la tua salvezza.
2Non c’è santo come il Signore,
perché non c’è altri all’infuori di te
e non c’è roccia come il nostro Dio.
3Non moltiplicate i discorsi superbi,
dalla vostra bocca non esca arroganza,
perché il Signore è un Dio che sa tutto
e da lui sono ponderate le azioni.
4L’arco dei forti s’è spezzato,
ma i deboli si sono rivestiti di vigore.
5I sazi si sono venduti per un pane,
hanno smesso di farlo gli affamati.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita.
6Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
7Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta.
8Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farli sedere con i nobili
e assegnare loro un trono di gloria.
Perché al Signore appartengono i cardini della terra
e su di essi egli poggia il mondo.
9Sui passi dei suoi fedeli egli veglia,
ma i malvagi tacciono nelle tenebre.
Poiché con la sua forza l’uomo non prevale.
10Il Signore distruggerà i suoi avversari!
Contro di essi tuonerà dal cielo.
Il Signore giudicherà le estremità della terra;
darà forza al suo re,
innalzerà la potenza del suo consacrato”.
11Poi Elkanà tornò a Rama, a casa sua, e il fanciullo rimase a servire il Signore alla presenza del sacerdote Eli.
L’amore sponsale casto e consolante
Il primo libro di Samuele si apre con la presentazione dell’origine del protagonista della prima parte del racconto. Il profeta Samuele, infatti, è l’anello di congiunzione tra l’epoca dei Giudici e quella monarchica. I primi tre capitoli ruotano attorno al santuario di Silo in cui era custodita l’Arca dell’alleanza al cui servizio c’era il sacerdote Eli con i suoi due figli. La prima e la terza parte narra la nascita di Samuele e il suo ingresso nel Santuario e successivamente la rivelazione che il giovane riceve da Dio. La seconda parte invece racconta le vicende drammatiche dei figli corrotti di Eli che muoiono a causa della loro infedeltà.
La pericope odierna descrive i rapporti tesi all’interno della famiglia di Elkanà che ha due mogli, delle quali una era sterile e l’altra feconda. Anna, la donna che non aveva dato figli a Elkana, era doppiamente afflitta. Il dolore dell’umiliazione per il fatto che Dio non le aveva dato il dono della maternità era rinnovato dalla malizia dell’altra moglie di Elkanà, la quale non perdeva occasione nei momenti di festa di ricordargli la sua maledizione. L’amore di Elkanà per Anna era puro perché, sebbene non gli avesse dato figli, le voleva bene proprio perché era povera. Anna sperimenta l’amore di consolazione del suo sposo che si rivelerà l’unica ragione per cui vivere e alimentare la speranza. L’amore di Elkanà è riflesso dell’amore sponsale del Signore per il suo popolo anche se «sterile» e povero.
Il Signore ascolta il grido del povero
Anna, dall’animo amareggiato, si rifugia nella preghiera con la quale supplica il Signore, il vero Sposo e “padrone di casa”, Colui che «siede sui cherubini» (l’Arca dell’alleanza, che aveva sul coperchio due serafini scolpiti, era il suo trono). Le sue parole sono accompagnate da copiose lacrime che da sole erano sufficienti a narrare la sua afflizione. Quella di Anna è la preghiera del misero che confida nel Signore. La sofferenza innocente di Anna diventa per lei occasione di purificazione del suo desiderio di maternità. Ella non chiede semplicemente di essere soddisfatta nell’umano e legittimo desiderio di maternità ma invoca il dono della fecondità perché attraverso di lei possa essere generato un servo di Dio. Il voto di Anna non è da intendere come un impegno per dimostrare a Dio il suo valore e meritare il premio sperato. Anna, infatti, ha ben presente la tentazione di appropriarsi di ciò che invece è un dono di Dio. L’orgoglio degenera in arroganza, e lei purtroppo la subisce. Non vuole essere madre per non essere da meno all’altra moglie di Elkanà, ma per realizzare pienamente quel «voto di maternità» che sente nel cuore. È la sua vocazione; ma dall’altra parte sperimenta come essa da sola non possa realizzarla, se non con l’aiuto di Dio che invoca con le lacrime. La preghiera di Anna ricorda quella di Gesù nel Getsemani e sulla croce, come la interpreta la lettera agli Ebrei: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7). La benedizione di Eli anticipa la risposta di Dio che ascolta la supplica del povero che grida a Lui.
Il Magnificat dell’Antico Testamento
Da lei, come il suo nome racconta, impariamo che «Dio fa grazia», anche là dove la vita sembra essere ormai arida. La prima preghiera di Anna è muta, silenziosa, tutta chiusa entro un dolore: una preghiera di pianto e di silenzio. Anche Anna, come Agar, prende le distanze dal suo desiderio: il figlio tanto desiderato non lo vuole per sé, ma per la gloria di Dio. Al tempio offre tutto quello che ha e con fiducia lo affida a Dio, e questo affidarlo e affidarsi porta già con sé la speranza – quasi la certezza – del frutto: Anna dona quel figlio atteso al Signore come “nazireo”, votato cioè a Dio tutti i giorni della sua vita. A peggiorare ulteriormente la situazione si aggiunge lo sguardo giudicante del sacerdote Eli che, vedendola muovere le labbra senza emettere suono, la crede ubriaca. Anna non si arrende di fronte ai giudizi affrettati di chi la circonda, ma confida nel Signore e con coraggio spiega il suo agire, svelando al sacerdote la sua preghiera, rivelandosi fiduciosa anche verso chi la giudica. Il testo biblico sottolinea a questo punto che Anna “se ne andò e il suo volto non fu più come prima”. La preghiera che ha innalzato a Dio innanzitutto ha operato un cambiamento in lei. Grazie alla preghiera, la donna passa da uno stato di apatia anoressica a uno stato di serenità che le inonda il volto. L’anno successivo nasce Samuele: la preghiera di Anna diviene un grido di riconoscenza, per essere stata ascoltata dal Signore (le parole “Samuele” e “ascolto” hanno la stessa radice in ebraico). La figura di Anna ci parla anche attraverso una tela di Rembrandt: la donna è colta nell’atto di introdurre il figlio all’ascolto della Torah; la madre è a piedi scalzi e con accanto un bastone, segno di un’anzianità – una maturità – della fede e dell’accompagnamento divino (come recita il Salmo 22: “il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”). Finalmente Anna esplode in un inno che è riconosciuto come il Magnificat dell’Antico Testamento: come Maria infatti la donna racconta delle meraviglie operate da Dio nella sua storia, contemplando il ribaltamento delle sue sorti.
La figura di Anna offre molti spunti di riflessione anche per noi. Anche per noi non è difficile cadere nell’anoressia spirituale e smettere di credere in luoghi o forme di preghiera che possono ribaltare la nostra vita: come Anna anche noi possiamo continuare a credere che ci sia un luogo dove Dio ascolta la nostra preghiera. Anna ha saputo andare oltre il giudizio impietoso di Eli: noi come reagiamo di fronte ai giudizi negativi degli altri? Ci bloccano e ci paralizzano? Siamo condizionati al punto di non essere più noi stessi? Mettendoci in ascolto di Anna, abbiamo potuto sperimentare che la Sacra Scrittura è il luogo dove le nostre lacrime trovano fecondità e la nostra identità si chiarisce, matura e fiorisce sempre di più.
Dagli scritti di S. Teresa di Gesù
L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo d’essere amati. (Vita 8,5)
… la porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l’orazione. Se Dio vuole entrare in un’anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa, perché Egli la vuole sola, pura e desiderosa di riceverlo. (Vita 8,9)
Certo bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare camminando.
…nel cominciare il cammino dell’orazione si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi mai, né mai abbandonarla. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succede-re, mormori chi vuole mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare, ma piuttosto di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presen-tano, si tenda sempre alla méta, ne vada il mondo intero. (Cammino di perfezione 21,4)
Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate con Lui e cercate di innamorarvi di Lui, tenendolo sempre presente. (Vita 12,2)
La continua conversazione con Cristo aumenta l’amore e la fiducia. (Vita 37,5)
Buon mezzo per mantenersi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirsene ad intrattenervi spesso con Lui ed Egli vi suggerirà quello che gli dovete dire.
Se parlando con le creature le parole non vi mancano mai, perché vi devono esse mancare parlando con il Creatore? Non temetene: io almeno non lo credo! (Cammino di perfezione 26,9)
Non siate così semplici da non domandargli nulla! (Cammino di perfezione 28,3)
Chiedetegli aiuto nel bisogno, sfogatevi con Lui e non lo dimenticate quando siete nella gioia, parlandogli non con formule complicate ma con spontaneità e secondo il bisogno. (Vita 12,2)
Cercate di comprendere quali siano le risposte di Dio alle vostre domande. Credete forse che Egli non parli perché non ne udiamo la voce? Quando è il cuore che prega, Egli risponde. (Cammino di perfezione 24,5)
PREGHIAMO
O Dio, che ci dai la gioia di venerare
la Vergine Maria, madre della santa speranza,
concedi a noi, con il suo aiuto,
di elevare fino alle realtà celesti
gli orizzonti della speranza,
perché impegnandoci all’edificazione della città terrena,
possiamo giungere alla gioia perfetta,
mèta del nostro pellegrinaggio nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.