Senza rinuncia non c’è dono – Lunedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Lunedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Ap 14,1-3.4-5 Sal 23
Dio onnipotente ed eterno,
che hai voluto ricapitolare tutte le cose
in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo,
fa’ che ogni creatura,
libera dalla schiavitù del peccato,
ti serva e ti lodi senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo Ap 14,1-3.4-5
Recavano scritto sulla fronte il nome di Cristo e il nome del Padre suo.
Io, Giovanni, vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.
E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.
Essi sono coloro che seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.
Segno della croce, segno dei figli di Dio
L’Agnello in piedi sul monte Sion è l’immagine che traduce la regalità di Gesù Cristo. Il suo regno, a dispetto da quello che appare, è ben saldo sulla roccia, al contrario del dragone, simbolo dell’incarnazione del male, che invece è sull’arena del mare.
Ai seguaci della bestia, contrassegnati con il numero del suo nome (13,16-17), Giovanni oppone i fedeli dell’Agnello (5,6 s.) contrassegnati col nome suo e del Padre (7,4; 12,17s.). È il resto fedele (11,1s.) in mezzo alle persecuzioni, attorno al quale sarà restaurato il regno dopo la vittoria. Come a Elia che, scoraggiato, crede di essere l’unico sopravvissuto tra i profeti fedeli a Yahveh, anche a Giovanni, che si fa interprete della paura dei perseguitati dal potere romano, viene rivelato che Dio si è riservato un resto tra il popolo che è rimasto fedele. La montagna di Sion, che richiama quella di Gerusalemme su cui sorgeva il tempio, sta ad indicare che Dio rimane sempre presente al fianco dei suoi figli. Il nome di Gesù insieme a quello del Padre scritto sulla fronte dei salvati è segno della loro appartenenza alla comunità d’amore formata dalle persone divine. Questo legame di appartenenza è frutto del dono del Risorto, anche se richiede di essere confermato dalle scelte di vita attraverso le quali si compie la parola di Dio. Il segno della croce che il credente traccia su di sé indica il fatto che egli riconosce di appartenere a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo e di essere coinvolto liberamente nel circolo dell’amore che li unisce attraverso uno stile di vita che rinnega quello imposto da satana per aderire a quello proposto da Dio.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,1-4
Vide una vedova povera, che gettava due monetine.
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Senza rinuncia non c’è dono
Gli occhi di Gesù si soffermano ad osservare una vedova povera la cui offerta sarebbe passata inosservata se lui non avesse attirato l’attenzione sul gesto dall’altissimo valore spirituale. Il silenzio, che accompagna la piccola oblazione della vedova, viene riempito dalla parola di Gesù che al contempo solleva il velo dell’anonimato e rivela il senso più intimo di quella offerta gradita più di quella fatta dai ricchi che rinunciano solo ad una piccola parte del loro superfluo. La riflessione di Gesù parte non dalla constatazione di quanto viene offerto, ma dal cogliere quello a cui si rinuncia. Il valore del gesto offertoriale è dato proprio da ciò a cui si rinuncia mettendo in luce la fede dell’offerente. Allora le proporzioni s’invertono. I ricchi pur dando tanto hanno rinunciato a poco, mentre la povera vedova rinunciando a tutto ha dato più di tutti. Gesù indica nell’obolo della vedova un grandissimo gesto di fede che è tale perché genera l’amore il cui valore non si misura sulla quantità delle cose che si fanno o si danno, ma su quanto si è disposti a rinunciare. Gesù rivela il valore autentico della donazione a partire da ciò che il dono rappresenta per chi lo offre. I ricchi offrono una parte del superfluo, mentre la vedova getta nel tesoro del tempio tutto quello che è a sua disposizione per vivere.
La vedova ha preso dalla dispensa vuota le due monetine, sufficienti appena per un pezzo di pane. Con il gesto di offrire a Dio quello che è umanamente indispensabile, la donna sta affermando davanti a Dio che Lui è il suo tutto. La fiducia in Dio di questa povera vedova è massima, perciò, nella sua miseria offre a Lui tutto quello che ha per vivere. È certa che Dio provvidente e generoso le darà tutto quello che le serve per vivere. Per la vedova, al contrario dei ricchi che confidano nella ricchezza, il necessario è l’amore inteso come dono totale di sé all’altro. Questa povera donna ha compreso che Dio è l’unico bene necessario per la sua vita, perciò, con il suo gesto silenzioso insegna la verità più grande: nella vita una cosa sola è necessaria, amare!
Signore Gesù, scrutatore del cuore degli uomini di cui conosci i pensieri più profondi, aiutami a sfuggire all’inganno dell’apparenza e a cogliere nel silenzio dei gesti ordinari della vita l’inestimabile valore dell’amore. Nell’umile offerta della vedova Tu leggi il senso ultimo dell’oblazione della tua vita sulla croce. Hai potuto darci tutto perché per amore hai rinunciato a tutto e nulla hai trattenuto per te. Il tuo Spirito alimenti in me la fiducia in Dio perché la paura non mortifichi la fede, non accechi la speranza e non inaridisca la gioia dei piccoli e grandi gesti d’amore.