La preghiera del cuore – Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Ap 1,1-5;2,1-5 Sal 1
Il tuo aiuto, Signore Dio nostro,
ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo Ap 1,1-5;2,1-5
Ricorda da dove sei caduto e convèrtiti.
Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino.
Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. [Io udii il Signore che mi diceva]:
«All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi:
“Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima”».
Il messaggio di Dio all’uomo per vivere da protagonista il tempo della salvezza
l’Apocalisse si apre con una descrizione della storia della rivelazione nei suoi elementi caratteristici (vv.1-2) e con una beatitudine (v.3). Il prologo evidenzia, innanzi tutto, come Dio rivela il senso della storia, dell’umanità, della creazione in un itinerario discensionale. Al vertice supremo c’è Dio stesso, che dona la sua parola a Gesù, il Figlio “ermeneuta e narratore del Padre” in mezzo agli uomini. Cristo invia l’angelo, messaggero divino, a Giovanni, il testimone, che si rivolge alla comunità dei credenti, “riferendo ciò che ha visto”. Oggetto della testimonianza è la rivelazione del mistero divino, il cui contenuto sono gli eventi “ che devono presto accadere “. Giovanni attesta l’azione di Dio nel mondo, un’azione che noi possiamo comprendere, non attendendo quel che deve succedere man mano che la storia va avanti, ma rileggendo la storia a partire dall’ evento della morte e risurrezione di Cristo. Nel prologo, poi, c’è la prima delle sette beatitudini : «Beato chi legge e (beati) coloro che ascoltano le parole…». Suggestivi i due poli entro i quali corre la rivelazione divina: da un lato, c’è al singolare «chi legge» (il lettore del testo nell’assemblea cristiana); dall’altro, ci sono al plurale «coloro che ascoltano le scritte». Giovanni designa questo suo “scritto” con nomi diversi: “rivelazione”, che indica l’origine del messaggio e la sua autorevolezza perché viene da Dio, non da speculazioni e ragionamenti umani; “Profezia”, ovvero un’ opera che aiuta a decifrare la realtà presente nell’ottica divina; “Testimonianza” che dice il riferimento a Cristo, il quale è il “testimone fedele” attorniato da una comunità di discepoli coraggiosi. Giovanni rivolge il saluto alle sette Chiese augurando “grazia e pace” che sono beni messianici, dono gratuito del Dio trinitario. La pericope liturgica salta la restante parte dl cap. 1 per andare al cap. 2 che, insieme al cap. 3, presenta il settenario delle lettere. Si tratta di sette messaggi che il Signore attraverso Giovanni rivolge alle chiese. Egli non li introduce di sua iniziativa, ma li scrive ubbidendo ad un preciso comando del Risorto. Si ha, così, una serie di ritratti di queste chiese, colte nei loro splendori e nelle loro miserie, ma si ha pure un programma pastorale di rinascita spirituale. Nella chiesa di Efeso brillano le luci delle opere buone, della costanza, della perseveranza nella fede, c’è la fedeltà nella lotta contro le deviazioni dottrinali sostenute dai “Nicolaiti”. Ma ci sono anche aspetti negativi. A questa chiesa, che «ha abbandonato l’amore di prima» vengono rivolti tre imperativi, collegati strettamente tra loro e con il contesto che li precede: «Ricorda dunque da dove sei caduto, convertiti e compi le opere di prima» (2,5). Si tratta di superare uno stato d’inerzia che si va cronicizzando, di intraprendere un cammino deciso, senza tentennamenti, anche se necessariamente graduale e perseverante nel tempo.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 18,35-43
Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
La preghiera del cuore
Il cieco di Gerico seduto lungo la strada per mendicare è un personaggio nel quale ciascuno può riconoscersi allorquando si sente bloccato, fermo, in uno stato di prostrazione e di buio, in attesa che qualcuno si accorga di lui e lo aiuti. Dalla richiesta che farà quando è davanti a Gesù intuiamo che quell’uomo, diventato cieco, è scivolato sempre di più ai margini della comunità fino al punto di dipendere dal buon cuore dei passanti. Il cieco non si arrende alla sua condizione di marginalità e s’informa per capire quello che sta accadendo. Sembra che quell’uomo non si accontenti di ricevere qualcosa ma cerchi il contatto con qualcuno. Basta sentir dire che sta passando Gesù di Nazaret per scattare e gridare a gran voce: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me». Non può tacere perché è il suo cuore che lo cerca e al cuore non si può mettere la museruola.
La supplica del cieco non è solo un grido d’aiuto ma un ponte gettato verso l’altro per incontrarlo. Sapere che Gesù è vicino e passa accanto a noi non è sufficiente per essere consolati ma bisogna voler guarire e uscire dalla passività e dal vittimismo. Il grido di supplica esprime la sua volontà di compiere l’esodo dal buio della dipendenza alla luce della libertà.
Gesù si ferma perché con l’aiuto degli altri il cieco possa incontrarlo. Qui comprendiamo l’importanza della comunità che, attraverso la sua opera educativa, guida e accompagna verso Gesù. «Cosa vuoi che io faccia per te?» dice Gesù rivolgendosi al cieco. Così egli, non solo si presenta all’uomo come colui che è a suo servizio, ma anche lo aiuta a esprimere cosa desidera veramente il suo cuore. La risposta immediata rivela il desiderio che alberga nel cuore dell’uomo: rinascere. Il cieco non chiede di ritornare come era prima ma di vedere di nuovo, cioè di essere un uomo nuovo capace di accogliere la luce della Parola e metterla in pratica.
La rabbia, la paura può portarci a vedere tutto buio e a ritirarci ai margini dipendendo dall’elemosina di qualcuno. Il cieco ci insegna a non perdere nessuna delle occasioni per incontrare il Signore ed essere da lui sanati non per ritornare nella passività, fermi sul ciglio della strada o rinchiuderci nella tranquillità delle nostre zone di sicurezza, ma per seguire Gesù fino in fondo, fin sotto la croce e riconoscere che veramente Lui è il Figlio di Dio, colui che mi ha amato e ha dato sé stesso per me.
Signore Gesù, Parola che illumina chi è nelle tenebre e Luce che guida il cammino di ogni uomo, fa crescere in noi la fede come quella del cieco di Gerico che, ascoltando l’annuncio del Vangelo, ha gridato la sua speranza e ha sperimentato la potenza risanante della tua misericordia. La voce dello Spirito che prega in noi possa vincere ogni resistenza interiore ed esteriore perché il grido della nostra supplica giunga diretto a Dio e si apra per noi una via di comunicazione con Lui, esodo di liberazione dalla schiavitù del peccato che ci umilia. Da Te la Chiesa impari sempre a farsi attenta a chi è ai margini perché le mani dei tuoi discepoli formino un ponte che congiunge gli ultimi tra i fratelli a Te che sei il primogenito tra i figli di Dio.