Il giorno della verità – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
2Gv 1,3-9 Sal 118
Dio onnipotente e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla seconda lettera di san Giovanni apostolo 2Gv 1,3-9
Chi rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio.
Io, il Presbìtero, alla Signora eletta da Dio e ai suoi figli, che amo nella verità: grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nell’amore. Mi sono molto rallegrato di aver trovato alcuni tuoi figli che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre.
E ora prego te, o Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore.
Sono apparsi infatti nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo! Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio.
Rimanere sulla strada della santità
Nel canone del Nuovo Testamento sono entrati tre scritti, che sono in forma epistolare, attribuiti a Giovanni, il quale si presenta come il Presbitero. Rientrano tra le lettere dette cattoliche perché non sono indirizzate ad una comunità particolare ma a tutta la Chiesa che è chiamata «Signora». È un termine che testimonia il fatto che la comunità cristiana si percepisce come Chiesa-Sposa del Cristo Signore, risuscitato dai morti e glorificato nel suo corpo, e partecipe della sua regalità. Il Presbitero Giovanni è una figura autorevole che scrive per esprimere la sua gioia e soddisfazione nel vedere i frutti della conversione e i progressi fatti nel cammino di fede. Da qui l’esortazione a custodire il dono dello Spirito di Gesù che agisce nei credenti imprimendo nei loro cuori gli stessi sentimenti di Cristo. Infatti, l’obbedienza alla volontà del Padre fonda la sua scelta di amare gli uomini fino al dono totale della sua vita, morendo in croce. Così, mediante il medesimo Spirito, donato da Gesù risorto, i cristiani possono mettere in pratica il comandamento dell’amore fraterno e rimanere sulla via che conduce alla salvezza. Il Presbitero si rallegra perché lo Spirito Santo trova nella carne dei credenti lo spazio per scrivere in essi l’immagine del Figlio di Dio. La dottrina, a cui fa riferimento l’autore della lettera, non è un sistema filosofico, frutto dell’elaborazione della mente di qualcuno, ma è il contenuto del Vangelo, ovvero la verità che Dio ama l’uomo con tutto sé stesso. Questa verità diventa la stella polare che indica l’orizzonte e la strada, cioè l’orientamento della propria condotta di vita dalla quale traspare la bellezza di vivere per l’amore di Dio e per amare i fratelli.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 17,26-37
Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».
Il giorno della verità
Noè e Lot sono due personaggi biblici protagonisti di alcune vicende raccontate nel libro della Genesi. Entrambi si salvano dalla morte perché obbediscono alla voce di Dio che a Noè dà l’incarico di costruire una barca, abbastanza grande da poter ospitare almeno una coppia per ogni specie di esseri viventi, prima del diluvio e ordina a Lot di uscire dalla città di Sodoma prima della sua distruzione. Essi si distinguono dagli altri che invece continuano a condurre una vita che sembra normale ma che invece si rivela fallimentare perché non resistono all’onda d’urto delle vicende storiche. La routine della vita ci porta a fare sempre le stesse cose, ma esse diventano nuove nella misura in cui sono fatte con amore e per amore e non semplicemente per sé stessi, per abitudine o per convenzione. Il contesto sociale nel quale viviamo non è dissimile da quello evocato da Gesù e caratterizzato da uno stile di vita materialistico. Mangiare, bere, sposarsi, lavorare, sono le attività comuni degli uomini e delle donne. Questa è la normalità! Cosa è che non va? Semplicemente non va il fatto che attraverso le attività della vita non si cresce umanamente se si vive come macchine, il cui fine è solo produrre quello che serve per la propria sussistenza. Questo non significa vivere, ma è “tirare a campare”, vivacchiare. C’è chi pensa che salvare la propria vita significa semplicemente realizzare i propri sogni e desideri; ma la storia insegna che ragionare in questo modo vuol dire incamminarsi verso un finale tragico, non solo perché non si riesce ad essere veramente felici e soddisfatti, ma si perde anche quello che si è cercato di realizzare. Perdere la vita per Gesù vuol dire fidarsi di Lui, seguirlo e imitarlo. Come Noè e Lot anche Gesù va controcorrente ed è in dissonanza con la cultura che esalta il piacere e mortifica la dignità umana. Nel tempo della tribolazione egli non si tira indietro e non torna sui suoi passi per salvare sé stesso, ma obbedisce fino in fondo alla voce dello Spirito che lo porta a offrire la sua vita sulla croce per amore. Proprio perché si spoglia della gloria divina rivestendo fino alla fine i panni del servo della volontà di Dio, Gesù viene esaltato e vive per sempre.
Signore Gesù, Tu che davanti alla prospettiva della morte non ti sei tirato indietro ma hai offerto la tua vita sulla croce perché noi fossimo salvati, aiutaci a tenere il cuore sempre attento alla voce di Dio affinché non cadiamo nella trappola della mondanità che ci rende come macchine, fredde e tristi, destinate solo a produrre e a consumare. Insegnaci che la vita è bella non solo quando ci riserva soddisfazioni e successi, ma soprattutto quando diventa dono per Dio e aiuto concreto a chi è in difficoltà. Dacci la forza di rinunciare a ciò che alimenta l’egoismo e ci rende isole di un arcipelago di solitudine. Fa che, incontrandoti nella stanza segreta della coscienza, nella casa comune dei fratelli riuniti nel tuo nome, nelle periferie esistenziali della storia, sappiamo cogliere sempre l’occasione di ascoltare la tua Parola per distogliere l’attenzione dal nostro io e riconoscere nei fratelli i destinatari dell’ amore che Tu hai riversato nel cuore.