La scaltra saggezza – Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Fil 3,17-4,1 Sal 121
Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa’ che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fil 3,17-4,1
Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso.
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi.
Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
Pellegrini incontro a Cristo, origine e compitore della nostra salvezza
L’apostolo invita i Filippesi a non lasciarsi distrarre dai giudaizzanti che, senza mezzi termini, chiama «nemici della croce di Cristo». Essi sono il modello di chi, dimenticando il potere salvifico della morte di Gesù, crede che la salvezza dipenda dall’osservanza della legge, soprattutto delle norme alimentari. Quando la legge viene assolutizzata si sostituisce la fede nel Dio di Gesù Cristo con la religione del ventre (allusione alle leggi alimentari); invece di testimoniare con la vita la carità di Dio ci si vanta del proprio organo sessuale circonciso, al punto di arrivare all’assurdo di identificarsi con il membro “mutilato”. Paradossalmente la circoncisione diviene un segno di separazione non dal male, ma da Dio; al contrario, quello che doveva simboleggiare il sigillo di appartenenza a Dio che salva, diventa marchio d’infamia che determina la perdizione.
Con il battesimo il cristiano ha ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che lo ha inserito nel popolo santo di Dio, cittadini del cielo. Paolo parla ai Filippesi che, in quanto coloni romani, sapevano bene cosa fosse il privilegio di essere cittadini romani e non sudditi. L’apostolo afferma che la cittadinanza romana ha un valore subordinato a quella del cielo che ci è stata donata da Cristo. Tale condizione va custodita e alimentata perché si compia nel tempo in cui il Signore Gesù ritornerà a portare a compimento l’opera che ha iniziato con la Pasqua. Paolo, dunque, esorta i cristiani di Filippi, a riporre la propria speranza sono in Gesù, corrispondendo con l’obbedienza alla Parola all’opera dello Spirito Santo che agisce come l’iconografo di Dio, trasfigurando e conformando il nostro corpo mortale e corruttibile nel corpo glorioso di Cristo. Infatti, come il suo è datore di Spirito e Verità, così anche il nostro diventa canale di comunicazione dell’amore di Dio al mondo in cui ci troviamo a vivere.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 16,1-8
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
La scaltra saggezza
L’amministratore della parabola, come il figliol prodigo di quella precedente, approfitta della sua posizione per sperperare inutilmente la ricchezza. Questo atteggiamento viene chiaramente denunciato e stigmatizzato al punto che il padrone decide di togliergli l’amministrazione non prima di avergli intimato di rendicontare e portare in pareggio il bilancio. L’uomo si trova ad un punto di non ritorno dove si gioca la sua vita. Come il figlio minore che ragiona tra sé e decide di ritornare a casa confidando nell’accoglienza del padre, così l’amministratore escogita una strategia per trasformare quella crisi in opportunità. Egli non ha sottratto nulla al suo padrone ma semplicemente ha rinunciato a quello che gli spettava dalla transizione esigendo dai debitori solamente ciò che legittimamente era dovuto al padrone. La soluzione rivela un cambiamento di mentalità dell’amministratore che da avido di guadagno diventa più saggio preferendo investire nelle relazioni con i debitori del suo padrone piuttosto che approfittarne ancora di più magari aumentando il prezzo da pagare e i margini del suo profitto. La disonestà dell’amministratore non viene misconosciuta ma al contempo viene lodata la sua astuzia. Con questa parabola Gesù insegna ai discepoli non solo ad essere come il figliol prodigo che mette da parte l’orgoglio e l’amor proprio per ritornare dal Padre e chiedere di essere riammesso a casa, ma anche come quell’amministratore che, rinunciando ai suoi interessi, punta tutto sull’amicizia con i debitori del suo padrone. La scaltrezza dei figli della luce consiste nel riconoscere il valore dell’amicizia che supera di gran lunga quella dei beni che possiamo accumulare. Essi non servono a salvarci la vita mentre gli amici veri, quello che anche noi abbiamo aiutato nel tempo del bisogno, sono quelli che ci ritroviamo nei momenti critici e senza dei quali cadremmo nella disperazione.
Signore Gesù, dona ai tuoi discepoli la saggezza del cuore perché, rinunciando all’orgoglio e all’avidità, possiamo cogliere l’opportunità che ci è offerta per i meritati castighi di investire tutto sull’amicizia fraterna. C’ insegni a non fermarci alla critica e al giudizio del disonesto ma ad imitare la sua creatività, non per speculare, ma per imparare a finalizzare le rinunce al bene superiore della comunione fraterna. Donaci la “furbizia” dello Spirito non per accumulare beni caduchi, ma per accrescere il legame di amore con i fratelli e in questo modo garantirci, con la vita eterna, i beni che non periscono.