La carità è restituire ai poveri – Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La carità è restituire ai poveri – Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

22 Ottobre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ef 3,2-12   Is 12

Dio onnipotente ed eterno,

donaci di orientare sempre a te la nostra volontà

e di servirti con cuore sincero.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Ef 3,2-12

Il mistero di Cristo è stato manifestato: le genti sono chiamate a condividere la stessa eredità.

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo.

Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza.

A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.

Il sogno di Dio: unica famiglia umana

Paolo si presenta agli Efesini come «il prigioniero di Cristo per voi pagani». Il legame che unisce Paolo a Gesù è forte come le catene che assicurano il prigioniero al ceppo della sua cella. Saldo è anche il rapporto che l’apostolo ha con la Chiesa dalla quale non fugge anche se soffre. Si sente talmente vincolato dall’amore di Cristo e per la Chiesa che, nonostante tutte le difficoltà rimane fedele alla missione che ha ricevuto. Egli è diventato banditore del vangelo della gioia che è più grande delle sofferenze che si trova a patire, insieme a tutti i fratelli nella fede. Egli sa di partecipare alla passione di Cristo per condividere con Lui anche la gioia della risurrezione che non è una realtà futura ma una grazia presente nell’oggi del comune pellegrinaggio terreno. Paolo, messo a parte della Verità per la quale Gesù Cristo è morto ed è risorto per abbattere tutti i muri separatori e fare di tutti un popolo solo che renda gloria a Dio, riceve anche la missione di essere annunciatore della universale vocazione alla santità. Tutti sono destinatari del dono di Grazia mediante il quale si diventa consustanziali di Dio, figli suoi, membra del suo corpo che è la Chiesa. Paolo, dunque, interpreta la sua missione non semplicemente come un divulgatore di una dottrina, ma come un uomo che si rivolge ai suoi fratelli, senza distinzione di razza, cultura o religione, per narrare il Vangelo a partire dalla propria esperienza di “graziato”. Amato dal Padre, Illuminato da Cristo, istruito dallo Spirito Santo, Paolo svolge il suo ministero andando incontro a tutti affinché ognuno possa trovare la strada che lo conduce alla pace della comunione con Dio e alla gioia della riconciliazione nella Chiesa.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,39-48

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».

Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

La carità è restituire ai poveri

Questa parola, nella quale sono presentate l’immagine del padrone e del servo, ci invita a riflettere su quali attese si fonda la nostra vita e in che modo le viviamo. Il padrone è geloso della sua casa e fa di tutto perché non sia violata dal ladro la cui visita avviene in un tempo sconosciuto. La cura che egli ha della sua casa la mette al sicuro da un eventuale pericolo. Da qui la domanda: siamo noi padroni saggi della casa che abitiamo e quale cura abbiamo della comunità a cui apparteniamo? Quale attenzione poniamo al rapporto con Dio, alla relazione tra di noi e al nostro cammino di fede? Siamo custodi e promotori della comunione? È su queste questioni che si gioca la vita, il suo successo o il suo fallimento. Il servo che custodisce nel cuore la parola del padrone fa sua la passione con cui si prende cura dei suoi beni. In tal modo lo imita nel rispetto che ha delle persone che compongono la sua casa e vive pienamente il tempo che gli è dato compiendo fedelmente la missione affidatagli. La speranza è la forza di attrazione che induce il servo a replicare nei confronti degli altri l’amorevolezza del padrone opponendosi a quella della distrazione che invece porta il servo a diventare schiavo del proprio io egoistico e arrogante. La missione affidata al servo fidato e prudente lo investe di una responsabilità che lo rende simile al padrone. Praticare la misericordia prendendosi cura dei fratelli significa portare a termine la missione assegnata e maturare nel senso della responsabilità che è la virtù principale richiesta a chi è messo a capo per esercitare l’autorità. Il servizio svolto senza responsabilità scade in esercizio di autoritarismo. La vera autorità non può prescindere dalla carità che non consiste semplicemente del dare qualcosa ma nel restituire ai poveri ciò appartiene a loro.

Signore Gesù, che rendi visibile la presenza di Dio nei gesti di salvezza, aiuta noi tuoi discepoli a comprendere che nella missione che ci affidi chiedi di continuare a compiere la tua vocazione. Donaci la forza di rimanere fedeli al tuo comandamento e di amarci gli uni gli altri come tu ci hai amato. Quanto più ci conformiamo al tuo cuore tanto più il nostro servizio divenga segno e trasparenza del tuo amore. Vinci in noi la tentazione dell’autoritarismo dietro il quale c’è l’arroganza e l’illusione di poter prendere il posto di Dio; rendici servi affidabili e prudenti dei nostri fratelli coltivando la speranza d’incontrare Te con il quale continuamente maturare nel senso di responsabilità e nella misericordia.