La Parola di Dio è sorgente creativa della Carità – Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La Parola di Dio è sorgente creativa della Carità – Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

7 Ottobre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Gal 1,13-24   Sal 138

Dio onnipotente ed eterno,

che esaudisci le preghiere del tuo popolo

oltre ogni desiderio e ogni merito,

effondi su di noi la tua misericordia:

perdona ciò che la coscienza teme

e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati Gal 1,13-24

Dio si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti.

Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri.

Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.

In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mentisco.

Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». E glorificavano Dio per causa mia.

La vocazione apostolica

Gli avversari di Paolo insistono sull’origine umana della sua predicazione per squalificarla. L’apostolo risponde narrando il suo «vangelo» ovvero l’esperienza della sua “morte e risurrezione” nella quale gli viene rivelato dal Padre suo Figlio Gesù.

Il racconto del suo “battesimo” di apostolo inizia rievocando il passato remoto di giudeo fedele e zelante (vv. 13-14), per passare ad accennare alla rivelazione di Gesù come figlio di Dio avuta per grazia (vv. 15-16a), dunque riferisce dei suoi primi anni di attività missionaria all’insegna dell’indipendenza ed estraneità dalla Chiesa di Gerusalemme e dai suoi capi (vv. 16b-24).

Paolo parla di «apocalisse» ossia di «rivelazione». Ciò che è impossibile vedere con gli occhi fisici diventa visibile nella fede, con gli occhi del cuore (cf. At 9 dalla cecità al vedere in modo nuovo. Luca attraverso l’immagine della malattia fisica della cecità vuole collegare il recupero della salute del corpo alla salvezza della persona).

Nel racconto di Paolo c’è un prima, caratterizzato dalla sua radicalità giudaica che lo faceva primeggiare su tutti gli altri, e un dopo, quando egli da persecutore della Chiesa diventa evangelizzatore. L’incontro con Gesù cambia radicalmente la sua esistenza e la direzione della sua vita.

Questo passaggio non ha cambiato la personalità umana di Saulo caratterizzata da una forte passione e dall’essere molto volitivo. Cambia l’orientamento e la destinazione del suo essere: dal vivere per sé al vivere per Cristo.

Nel tempo prima della conversione il suo zelo religioso era giunto fino alle forme violente della persecuzione perché il Vangelo gli era estraneo. Ma, una volta conosciuto, indirizza la sua passione nella missione evangelizzatrice. Essa, benché condotta in piena autonomia non era assolutamente una forma di contraltare o contrapposizione agli altri apostoli. Infatti, la narrazione che fa Luca dimostra che la conversione di Paolo fu graduale. Come fu per la comunità di Gerusalemme e per gli apostoli, anche per paolo la persecuzione ha giocato un ruolo fondamentale per purificare e orientare la propria vocazione e missione apostolica.

I vv. 15-16 rivestono un ruolo fondamentale. All’inizio della sua missione Paolo era conosciuto solo di fama: il persecutore è diventato predicatore. Ma come questo passaggio fosse avvenuto lo ignoravano. Egli colma questa mancanza. I Galati avevano già ascoltato la narrazione vocazionale dalla bocca stessa dell’apostolo. Ora Paolo la richiama. Ritorna al “primo annuncio”, al momento in cui egli è stato evangelizzato da Dio Padre che gli ha rivelato Gesù, suo Figlio e il suo grande amore che salva. Il Vangelo non è solo una notizia che viene comunicata ma è rivelazione, cioè un evento relazionale che accade “in me” e che è espressa mediante le parole e le azioni.

Nel racconto della sua vocazione emerge chiaramente che il vangelo che Paolo predica non è estraneo alla sua storia personale. Infatti, quanto predica è frutto di una personale e diretta esperienza di grazia in cui ha incontrato il Crocifisso Risorto. Proprio questo evento lo colloca sullo stesso piano degli apostoli che erano tali prima di lui. Con essi c’è comunanza ma anche distinzione che è sottolineata dall’autonomia che Paolo ha nei confronti dei «notabili» di Gerusalemme.

Il confronto con le «colonne» della Chiesa di Gerusalemme nasce da un reciproco riconoscimento di autorità che si fonda sulla comune esperienza diretta di Gesù Cristo che li ha chiamati alla salvezza e ad essere suoi testimoni. Paolo rivendica una vocazione comune con gli apostoli della «prima ora» da cui trae origine la missione.

La comparazione con Mt 16,16-17 aiuta a collocare Paolo e Pietro sullo stesso piano perché entrambi sono destinatari della rivelazione ad opera del Padre. Mt 11,25-26 sottolinea che il Padre è la fonte della rivelazione e che i destinatari sono i piccoli. Questo spiega anche perché Saulo, come il primo re d’Israele, prenderà il nome di Paolo che significa “piccolo”.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 10,38-42

Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.

Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

La Parola di Dio è sorgente creativa della Carità

Un inno allo Spirito Santo lo chiama «dolce ospite dell’anima». Anche Gesù fu ospitato da Marta che lo accolse nella sua casa mentre era in cammino. Dio bussa alla porta del nostro cuore in attesa che gliela apriamo in modo da essere accolto. Le due sorelle, Marta e Maria, incarnano due modelli di accoglienza. La prima si affanna e si preoccupa di tante cose ma sembra perdere di vista l’essenziale, mentre la seconda centra la sua attenzione sulla Parola di Dio. A volte l’esperienza del servizio è l’occasione per autorealizzarsi e rischia di diventare un modo per affermare sé stesso. Colui che serviamo, con molto impegno e fatica, diventa il mezzo piuttosto che il fine della nostra azione. Prova ne è il fatto che Marta giunge a comandare a Gesù cosa deve dire, quasi ad esigere che l’ospite obbedisca alle sue indicazioni. La sacralità dell’ospitalità è indicata dall’atteggiamento di Maria, che in silenzio ascolta la Parola di Gesù e si fa discepola. Il servizio autentico, quello fatto per amore, non parte dalla propria volontà, ma dalla ricerca, dalla scoperta e dall’adesione alla volontà di Dio. L’ascolto meditativo della Parola di Dio genera il discernimento che avviene non solo nel segreto della propria coscienza ma anche nell’ambito della comunità che tutta intera si pone in obbedienza alla Parola di Dio. Il servizio di carità trova la sua inesauribile sorgente creativa nell’ascolto della Parola di Dio e senza di essa il nostro è solo attivismo sterile e inefficace che, invece di far conoscere e amare Gesù, produce tensione e lotte tra fratelli. Essi non sono tanto accomunati dal medesimo servizio, ma dall’unico ospite da servire, lo stesso che chiede di essere accolto, ascoltato e amato nei più poveri.

Signore Gesù, ospite discreto della mia anima, stai alla porta del cuore e bussi desiderando di entrare per condividere il pane di lacrime e di gioia. Fa che accogliendoti come Zaccheo o come i discepoli di Emmaus possa offrirti il posto dell’ospite d’onore, il centro della mia vita. Donami la fede che ha ispirato Maria a lasciare tutto e a fermare il tempo per sedere ai tuoi piedi e ascoltare il Maestro. Quando gli affanni e le preoccupazioni della vita si affollano rendendomi nervoso e scontroso e mi sento solo ad affrontare i problemi fa che abbia il coraggio di sostare davanti a Te per parlare cuore a cuore per poi riprendere il filo del discorso nel servizio operoso ai miei fratelli. Insegnami l’arte dell’ascolto della Parola perché impari quella dell’ascolto dei miei fratelli verso cui andare incontro per offrire, non oro e argento, ma la tua Parola che ha trasformato la mia vita facendone un dono.