Satana scappa davanti alla gioia del discepolo di Cristo – Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Satana scappa davanti alla gioia del discepolo di Cristo – Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

1 Ottobre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Gb 42,1-3.5-6.12-16 Sal 118

O Dio, che riveli la tua onnipotenza

soprattutto con la misericordia e il perdono,

continua a effondere su di noi la tua grazia,

perché, affrettandoci verso i beni da te promessi,

diventiamo partecipi della felicità eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro di Giobbe Gb 42,1-3.5-6.12-16

Ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo.

Giobbe prese a dire al Signore:

«Comprendo che tu puoi tutto

e che nessun progetto per te è impossibile.

Chi è colui che, da ignorante,

può oscurare il tuo piano?

Davvero ho esposto cose che non capisco,

cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.

Io ti conoscevo solo per sentito dire,

ma ora i miei occhi ti hanno veduto.

Perciò mi ricredo e mi pento

sopra polvere e cenere».

Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli.

Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

Dio è più grande del cuore dell’uomo

Dio, provocato continuamente dal sofferente come divinità cieca e muta, decide di fare la sua deposizione in una specie di processo a porte aperte e in un dialogo in cui la voce dell’uomo progressivamente si attenua (Giobbe: cc. 29-31; Dio: cc. 38-39; Giobbe: 40, 2-5; Dio: 40,6-41,26; Giobbe: 42, 1-6). L’offensiva processuale si apre con Giobbe che protesta guardando con nostalgia il passato felice (c. 29) e piangendo sull’amaro presente (c.30). Con un «giuramento di innocenza» Giobbe dichiara la sua non colpevolezza. Giobbe è davanti al cielo finora muto col suo giuramento firmato (c. 31). Dio non resta più in silenzio accetta di deporre. Questo è il vertice del libro. L’incontro avviene nella cornice di una tempesta, che non è una manifestazione di terrore e di giudizio. Dio accetta il dialogo dando così una svolta alla spiritualità retributiva che riteneva il sofferente sempre peccatore. Dio pronuncia due discorsi che sono le pagine poeticamente più alte del libro. Nei cc. 38-39 c’è il primo discorso divino. In essi emerge il mondo delle meraviglie cosmiche: terra, mare, astri, costellazione, aurore, leoni, ibis, gazzelle, struzzi, asini, bufali, cavalli etc. Nei capitoli 40-41 appaiono anche le energie negative caotiche che attentano allo splendore della creazione; sono energie personificate nei due mostri simbolici behmot e leviatan. Essi possono raffigurare anche la massa dei misteri della storia essendo i due mostri simili all’ippopotamo e al coccodrillo che sono gli animali- stemmi delle due superpotenze di allora la Mesopotamia e l’Egitto. Questi due discorsi appaiono come un’auto esaltazione di Dio in qualità di creatore e liberatore. Giobbe riconosce che esiste un grande e superiore progetto di Dio capace di collocare nel suo interno anche le dimensioni che a noi risultano inutili e incomprensibili. Gli amici di Giobbe si illudevano di conoscere e di esaurire questo progetto identificandolo con le loro tesi teologiche. Ma la realtà li smentiva come smentiva anche Giobbe quando non accettava, come gli amici, che Dio potesse avere una logica diversa da quella umana, capace di sistemare il dolore nell’arco intero della storia della salvezza. Il libro di Giobbe più che una soluzione al mistero del dolore e l’invito a distruggere una falsa immagine di Dio fatta a nostra misura e a placare in questa fede rinnovata quello che in sede razionale rimane un mistero. «Io ti conoscevo per sentito dire: ora i miei occhi ti hanno veduto!» (Gb 42,5). Questa è la vera finale del libro, questo è vero scopo dell’itinerario di Giobbe, al di là della conclusione consolatoria dell’antica leggenda citata nelle ultime righe del libro.

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,17-24)

Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.

In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».

Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Satana scappa davanti alla gioia del discepolo di Cristo

Al ritorno i missionari condividono con Gesù la loro gioia nel verificare l’efficacia del potere ricevuto. Esso – ribadisce Gesù – non è contro nessuno, ma a favore degli uomini, sebbene s’incontrano resistenze all’interno della comunità. Il potere conferito ai discepoli missionari è quello della buona parola che neutralizza il veleno della calunnia e della correzione fraterna che disinnesca il meccanismo della ritorsione.

La vera vittoria del cristiano non consiste innanzitutto nello sconfiggere l’avversario, ma nel rendere più sicura e forte la comunità a cui si appartiene e per la quale si offre il proprio servizio. Chi aiuta a rendere l’ambiente della comunità più puro da rivalità, competizioni, litigi inutili, permette alla stessa di essere più unita e compatta in Gesù; più gioiosa!

Dio, che ricompensa i suoi figli con lo stesso dono che dà a suo Figlio, scrive sul “libro paga” i nomi dei suoi servi fedeli. È il libro della vita di cui parla anche l’Apocalisse.

La gioia del discepolo di Cristo è piena quando essa è vissuta nella comunione intima con Gesù ed è condivisa con i fratelli. Giovanni lo afferma nella sua prima lettera quando dice: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1Gv 1, 1.3).

“Beati gli invitati…”, Gesù ci invita a condividere con lui la gioia dell’amore: ecco la gioia che pervade il cuore del discepolo e che s’irradia attorno a lui attraverso le sue parole e i suoi gesti.

Satana scappa davanti ad un discepolo gioioso!

Signore Gesù, i nostri occhi non ti vedono ma il nostro cuore, come quello dei discepoli di Emmaus, arde di gioia quando, ascoltando la tua Parola, ti accogliamo come pane che nutre e trasforma la vita. È la gioia dei bambini pieni di stupore e curiosità davanti ad un dono inaspettato. Fa che sempre possiamo accoglierti nei fratelli e nelle sorelle, soprattutto i più piccoli, con semplicità e spontaneità. Liberaci dalla tristezza del mondo che istiga al rancore, alimenta la diffidenza, avvelena le parole, arma l’aggressività. Insegnaci la dolce melodia della gratitudine e l’arte dello stimarci a vicenda affinché nelle prove della vita possiamo rimanere saldi nella fede, perseveranti nella speranza e operosi nella carità.