La via della Croce è la strada della vita – Sabato della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La via della Croce è la strada della vita – Sabato della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

25 Settembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Sabato della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo

hai posto il fondamento di tutta la legge,

fa’ che osservando i tuoi comandamenti

possiamo giungere alla vita eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del Qoèlet Qo 11,9-12,8

Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che ritorni la polvere alla terra e il soffio vitale torni a Dio.

Godi, o giovane, nella tua giovinezza,

e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.

Segui pure le vie del tuo cuore

e i desideri dei tuoi occhi.

Sappi però che su tutto questo

Dio ti convocherà in giudizio.

Caccia la malinconia dal tuo cuore,

allontana dal tuo corpo il dolore,

perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.

Ricòrdati del tuo creatore

nei giorni della tua giovinezza,

prima che vengano i giorni tristi

e giungano gli anni di cui dovrai dire:

«Non ci provo alcun gusto»;

prima che si oscurino il sole,

la luce, la luna e le stelle

e tornino ancora le nubi dopo la pioggia;

quando tremeranno i custodi della casa

e si curveranno i gagliardi

e cesseranno di lavorare le donne che macinano,

perché rimaste poche,

e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre

e si chiuderanno i battenti sulla strada;

quando si abbasserà il rumore della mola

e si attenuerà il cinguettio degli uccelli

e si affievoliranno tutti i toni del canto;

quando si avrà paura delle alture

e terrore si proverà nel cammino;

quando fiorirà il mandorlo

e la locusta si trascinerà a stento

e il cappero non avrà più effetto,

poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna

e i piagnoni si aggirano per la strada;

prima che si spezzi il filo d’argento

e la lucerna d’oro s’infranga

e si rompa l’anfora alla fonte

e la carrucola cada nel pozzo,

e ritorni la polvere alla terra, com’era prima,

e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,

tutto è vanità.

La ragione della fede

Qoèlet è l’esempio di come la fede può convivere con la lucida convinzione dell’insufficienza della ragione a comprendere il mondo. Proprio sulla base della fede e non di una supposta condiscendenza all’epicureismo, Qoèlet suggerisce, come unica soluzione all’indecifrabilità dell’esistenza, di mangiare, bere e godere delle gioie che Dio offre agli uomini nei tempi e nelle forme che dispone nella sua superiore Sapienza. Non si tratterebbe di una fuga rinunciataria e dispettosa in piaceri limitati per l’impossibilità di raggiungere se non la felicità almeno la conoscenza. Quello che egli propone è l’umile accettazione dei ritmi di vita assegnati da Dio all’uomo, il rispetto dei tempi fissati per ogni cosa, l’uso ubbidiente delle energie vitali che il creatore ha donato agli uomini. Infatti, quegli stessi piaceri, se ricercati o programmati da noi invece che umilmente accolti per ubbidienza alla propria creaturalità, diventano subito e tutti vanità, cioè non senso. Vissuti invece in questo spirito di umiltà non sono alternativi né all’angoscia della ricerca né all’affidamento a Dio, ma segni che manifestano l’accettazione della nostra piccolezza. La fede in Dio, come in Giobbe, non solo non è messa in discussione ma è esaltata; invece, la ragione umana viene precipitata entro limiti senza sbocchi automi. Questa relativizzazione di ogni comprensione puramente umana del mondo contiene un appello a Dio affinché si offra con maggiore immediatezza all’uomo come suo possibile orizzonte. L’uomo saggio accetta con serenità la continua sconfitta della sua ragione, senza mai rinnegarla o desistere dalla ricerca benché priva di risultati immediati. Anche se Dio rimane lontano e ancora non si rivela, il sapiente lo attende, ma senza grida di protesta o petulanti richieste. Ne riconosce la presenza sovrana e benevola nel godimento dei modesti piaceri che la vita talvolta offre, senza ricercarli e senza rifiutarli o rimandarli, come se fosse l’uomo il regolatore dei tempi. In questa capacità di godere in nome dell’umiltà e della dipendenza da Dio, non per dimenticare ma per resistere nella debolezza, sta forse la lezione spirituale e più originale e sempre valida di Qoèlet.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 9,43-45

Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato. Avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».

Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

La via della Croce è la strada della vita

Gesù guarisce un giovinetto e lo restituisce al padre suscitando la reazione entusiasta della folla che riconosce l’opera di Dio. Tutti erano ammirati dei miracoli che Gesù compiva. Ma l’ammirazione e la meraviglia non sono ancora indice di fede perché il vero miracolo di Gesù si compie quando l’uomo accoglie l’amore di Dio effuso con il suo sangue dalla croce. La fede, dono di Dio, è fuoco, ma non come quello di paglia, proprio delle emozioni. La fede è il fuoco che Dio accende nel cuore dell’uomo perché, infiammato di carità, contagi di amore anche gli altri fratelli. Gesù sembra smorzare i facili entusiasmi dei discepoli che, galvanizzati dalle espressioni di ammirazione della folla che aveva assistito ai suoi miracoli, coltivavano sogni di gloria. La mente corre avanti sognando scenari esaltanti che rischiano di farli allontanare dalla realtà, soprattutto quella difficile che vivono le persone più fragili. La gloria a cui il Signore guida non è quella degli onori o del potere, ma è la stessa che gli appartiene e che si manifesta sulla croce, vero trono di governo e autentica cattedra di sapienza. A questa gloria si giunge solo attraversando fino in fondo il mistero del dolore che gli uomini invece tentano di esorcizzare ed eliminare dalla propria vita. Per affidarsi a Dio, e da Lui farsi innalzare, bisogna consegnarsi nelle mani degli uomini, cioè amarli anche se peccatori, o forse proprio per quello. Il mistero del dolore è tanto grande quanto lo è anche quello della salvezza la cui azione estende il suo raggio seguendo di pari passo quello della morte, ma superandola di gran lunga.

Signore Gesù, maestro della sapienza della Croce, insegnaci a non fermarci scandalizzati davanti alla sofferenza, ma illumina la nostra mente per dare un senso costruttivo al dolore. Tu mi conduci alla gloria della vita eterna attraverso molte tribolazioni che, seppur feriscono e umiliano, tuttavia da esse si può trarre sempre un insegnamento per crescere umanamente. Aumenta in me la luce della fede perché possa sempre cercare il tuo volto e aderire con gioia alla tua volontà. Fa che seguendoti sulla via della croce il mio cuore si lasci plasmare dalla tua parola e trovi nel tuo esempio ispirazione per forme sempre più creative di carità.