La comunità, dono e missione – Mercoledì della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Mercoledì della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo
hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
possiamo giungere alla vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro dei Proverbi Pr 30,5-9
Non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane.
Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
Non aggiungere nulla alle sue parole,
perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo.
Io ti domando due cose,
non negarmele prima che io muoia:
tieni lontano da me falsità e menzogna,
non darmi né povertà né ricchezza,
ma fammi avere il mio pezzo di pane,
perché, una volta sazio, io non ti rinneghi
e dica: «Chi è il Signore?»,
oppure, ridotto all’indigenza, non rubi
e abusi del nome del mio Dio.
La preghiera del sapiente per ottenere la prudenza e rimanere nella sobrietà
Il sapiente riconosce che la sua parola non può che essere eco della parola di Dio che è pura perché nasce da un cuore che arde d’amore. In questo fuoco purificatore si bruciano i ragionamenti umani che inquinano l’animo rendendolo duro e freddo. I ragionamenti di Dio sono estranei alla logica legata all’orgoglio dell’autoreferenzialità e alla paura della miseria. Povertà e ricchezza sono due condizioni estreme che potrebbero alimentare o l’arroganza dell’ateo autosufficiente o la disperazione che porta a scelte sbagliate. Nell’uno e nell’altro caso il pericolo è quello di essere resi stolti o dal troppo o dal troppo poco con la tentazione di vivere un ateismo pratico nel quale tutto è poggiato su sé stessi e le proprie capacità. Il sapiente chiede a Dio il dono della prudenza per saper godere dell’essenziale senza confonderlo col superfluo.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 9,1-6
Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
La comunità, dono e missione
«Gesù convocò i Dodici». Questa pagina del vangelo potremmo definirla come l’atto di nascita della Chiesa. Essa è generata dalla chiamata di Gesù che costituisce attorno a sé una comunità. Appena formata la Chiesa riceve il dono dello Spirito Santo che è «la forza e il potere di cacciare i demoni e di guarire le malattie». Il dono offerto ai Dodici non è un privilegio fine a sé stesso ma chi lo riceve diventa autorità nella misura in cui fa del carisma una missione. Infatti, il dono dello Spirito Santo che riceviamo nel battesimo ci sottrae dall’influenza del demonio e fa di noi il sacramento di Gesù, cioè il segno visibile della sua presenza che sana e salva. La Chiesa è innanzitutto una comunità convocata attorno a Gesù, il quale consegna ad ogni battezzato, come aveva fatto ai Dodici, il dono e la missione. Il dono dello Spirito è ricevuto perché si possa portare avanti la missione di Gesù e, come lui, uscire per le strade degli uomini per annunciare il Vangelo e guarire gli infermi. La missione non consiste nel portare un annuncio, ma nell’offrire agli uomini la Parola di Dio che in sé ha il potere di liberare e guarire. Gli apostoli non devono impostare la loro missione caricando la gente di rimproveri, accuse, giudizi, sensi di colpa, precetti morali. Al contrario, sono inviati ad entrare nelle case per coinvolgersi e integrarsi nel tessuto relazionale delle famiglie spesso poco lineare e ricco di complessità, difficoltà, tensioni. Bisogna entrare poveri di tutto per farsi carico del bisogno del fratello e della sorella senza pesare sul loro già precario equilibrio. Questo è lo stile di Gesù, l’apostolo di Dio, che, entrando in relazione con le persone, non ha fretta di dire o di dare ma innanzitutto accoglie l’invito, si fa loro prossimo lasciandosi coinvolgere nel loro vissuto, ascolta i suoi interlocutori le cui domande sono suscitate dal modo in cui si rapporta con gli altri, anche quelli che non la pensano come lui. Sono proprio le relazioni la prima cosa da guarire. L’ascolto della Parola cura da principio la relazione con Dio in modo da essere maggiormente ricettivi del dono dello Spirito. Questo determina l’efficacia della missione perché non si riduca a comunicazione di verità astratte ma si realizzi nel condividere la forza e il potere dello Spirito che sana i cuori e li dispone alla comunione fraterna, la più alta forma espressiva della Chiesa e compimento del Regno di Dio.
Signore Gesù, apostolo del Padre e sacramento del suo amore, la tua Parola formi i discepoli ad essere missionari pellegrini per le strade degli uomini e narratori della misericordia che li ha sanati e salvati. Lo Spirito Santo conferisca forza e potere agli apostoli perché vivano la missione che condividi con noi coinvolgendosi nelle vicende degli uomini, integrandosi nelle dinamiche umane e in quelle familiari, facendosi carico degli infermi e delle loro situazioni di vita ferite dai conflitti, dalle tensioni o dalle sofferenze. Poni sulle nostre labbra parole di fede che nascono da un cuore aperto ad accogliere la grazia di Dio. Fa che alle parole si accompagnino gesti carichi di profonda umanità che comunichino la tenerezza con la quale ti prendi cura delle nostre infermità.