Chi cerca Dio trova sé stesso – Mercoledì della XXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Chi cerca Dio trova sé stesso – Mercoledì della XXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

15 Settembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

1Cor 12,31-13,13   Sal 32

O Dio, creatore e Signore dell’universo,

volgi a noi il tuo sguardo,

e fa’ che ci dedichiamo con tutte le forze al tuo servizio

per sperimentare la potenza della tua misericordia.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 12,31-13,13

Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità.

Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.

E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.

E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.

Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

La Carità divina (lo Spirito Santo) origine della carità fraterna (la Chiesa)

La ricchezza dei carismi e delle manifestazioni dello Spirito possono essere occasione di frammentarietà e competizione se la loro varietà è staccata dalla finalità per la quale sono elargiti. Infatti, come il corpo umano riporta all’unità la pluralità della membra, così Cristo, che è principio unificatore della sua Chiesa, guida tutti i cristiani alla comunione fraterna. Paolo inserisce nella sua catechesi un componimento poetico che è chiamato «Inno alla carità». È composto di tre parti: nella prima si esalta la superiorità della carità rispetto agli altri carismi, nella seconda si descrive la manifestazione della carità attraverso le sue opere, nella terza si afferma la sua perennità perché essa, che è dall’eternità, è per sempre, senza fine. La Carità è l’amore di Dio, non inteso primariamente come amore per Dio ma amore per gli uomini e donne, ovvero amore fraterno. L’amore dell’uomo è essenzialmente passionale (eros) ed egoistico o di interesse (filia), mentre l’amore di Dio (agape) è un amore di dilezione che vuole il bene altrui. La sua sorgente è in Dio che ha amato per primo (1Gv 4,19) e ha dato suo Figlio per riconciliare a sé i peccatori e per farne degli eletti e figli. Come Gesù è il Figlio amato dal Padre, così anche il suo discepolo riceve lo Spirito, cioè l’amore del Padre, e diventa «figlio di Dio e discepolo amato». In questo senso, l’amore non è più solo la natura di Dio ma diventa anche quella dell’uomo. Dio per primo di dà il comandamento dell’amore e lo applica al rapporto con l’uomo. Il precetto dell’amore si traduce in atteggiamenti di amorevolezza, pazienza, benignità, compassione verso gli uomini che trovano attuazione nei gesti e nelle parole di Gesù. Lo Spirito Santo trasfonde nel cuore degli uomini lo stesso amore che spinge Gesù a dare la propria vita affinché anch’essi possano raggiungere le vette della carità nei rapporti col prossimo. L’amore al prossimo, e anche ai nemici, è la prova che Dio è presente nel cuore del credente e che la Carità è il principio attivo della Chiesa, quale comunione fraterna. Se in essa vive e cresce la carità a base di sincerità e umiltà, di dimenticanza e dono di sé, di servizio e mutuo sostegno, vi è la garanzia che la Chiesa non finisce anche se attraversa momenti di tensione e di difficoltà.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 7,31-35

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.

In quel tempo, il Signore disse:

«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:

“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,

abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.

È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.

Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

Chi cerca Dio trova sé stesso

Ci sono alcuni che credono di possedere la conoscenza e disprezzano gli altri o fanno in modo di umiliarli. Questa è la sorte toccata a Giovanni Battista e a Gesù, veri figli di Dio, discepoli della Sapienza. Ciascuno a suo modo ha evangelizzato anche se entrambi hanno incontrato molte resistenze soprattutto da coloro che avrebbero dovuto ascoltarli e comprenderli. Giovanni Battista con la sua estrema sobrietà e Gesù con la sua amorevole prossimità, hanno testimoniato la giustizia di Dio.

Il Signore si fa prossimo e ci parla in tanti modi e in tutte le situazioni, sia piacevoli che spiacevoli. Il linguaggio, anche se assume il tono grave del lamento o quello dolce dell’esortazione e della promessa, comunica sempre il suo amore fedele ed inesauribile.

Non basta conoscere Dio ma è necessario saperlo riconoscere. La diffidenza ci ruba la gioia dello stupore e ci blocca negli slanci di generosità che invece genera la fiducia. Chi non spera nulla che vada al di là di ciò che attende non riesce ad entrare in empatia con il mondo che lo circonda che invece gli apparirà sempre ostile.

Riconoscere Dio presente nella vita significa amarlo e cercarlo nei volti e nelle storie delle persone che incrociamo, come l’amata che, desiderando il suo sposo, non lo attende passivamente se tarda ma si mette in cammino spinta dal bisogno d’incontrarlo.

La conoscenza gonfia di orgoglio mentre la carità edifica, ricorda san Paolo nella Prima lettera ai Corinti cap. 8. L’amore ci spinge a conoscere sempre meglio l’amato e chi cerca Dio, trova finalmente se stesso.

Signore Gesù, abbi pietà della nostra miopia spirituale, della stoltezza dei nostri ragionamenti e della durezza di cuore che impedisce di contemplare la vera bellezza e la bella verità nei molteplici segni del tuo amore. Guariscici dall’invidia gli occhi, pacifica la nostra mente e togli dalle nostre parole il veleno della critica. La tua grazia ci aiuti a convergere su ciò che ci unisce e a camminare insieme sulle vie della giustizia aiutandoci reciprocamente nel momento della debolezza e della prova.