La maschera delle buone maniere per nascondere la vergogna delle cattive abitudini – Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Santa Monica
Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Santa Monica
2Ts 2,1-3.13-17 Sal 95
O Dio, consolatore degli afflitti,
che nella tua misericordia hai esaudito le pie lacrime
di santa Monica con la conversione del figlio Agostino,
per la loro comune intercessione
donaci di piangere i nostri peccati
e di ottenere la grazia del tuo perdono.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési 2Ts 2,1-3.13-17
Mantenete le tradizioni che avete appreso.
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo!
Noi dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità. A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Rimanere nel solco della fede degli Apostoli
L’uomo, che solleva il suo sguardo da sé stesso e rivolge la mente verso l’oltre rispetto al proprio mondo, si pone domande esistenziali: da dove vengo? Qual è la mia origine? Dove sto andando? Qual è il fine della mia esistenza? Da solo nessuno può darsi una risposta ma ha bisogno di aprirsi all’altro per accogliere il suo messaggio. I Tessalonicesi sono stati evangelizzati da Paolo che li considera come la primizia della sua missione evangelizzatrice oltre i confini della sua terra d’origine. Sebbene provenienti da territori e culture diversi l’apostolo annuncia la comune origine e la individua in Dio Padre, il quale ama tutti gli uomini e ha inviato suo Figlio che si è manifestato nella persona di Gesù. Egli non è venuto per imporre il giogo della schiavitù ma per chiamare alla salvezza, ovvero per radunare tutti nell’unica famiglia di Dio. Il Figlio di Dio, incarnandosi è diventato uno tra gli uomini e le donne del suo tempo per fare della famiglia umana la famiglia di Dio. Questo progetto ha iniziato a realizzarsi con la Pasqua di morte e risurrezione di Gesù e continua nella storia grazie all’azione dello Spirito Santo. Egli parla per mezzo dei profeti e agisce nel cuore dei credenti perché le loro opere di bene siano ispirate al principio della carità fraterna, la stessa che ha spinto Gesù a morire sulla croce. Questo è il cuore dell’annuncio evangelico della chiesa che spesso deve scontrarsi con i nemici interni alla comunità che si appropriano del Vangelo imponendo la loro interpretazione delle parole di Gesù. Paolo mette in guardia dall’Anticristo che distoglie l’attenzione dei credenti da Gesù monopolizzandola su di sé. La tecnica manipolatrice fa leva sulla paura che crea ansia e agitazione. Il Vangelo di Paolo non è frutto della sua riflessione ma della sua esperienza di Gesù Cristo e di quello che ha compiuto in lui. Il vero vangelo non porta ansia e agitazione ma pace e serenità perché combatte la diffidenza con la fiducia, lo scoraggiamento con la speranza, l’autoreferenzialità con la carità.
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 23,23-26
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
La maschera delle buone maniere per nascondere la vergogna delle cattive abitudini
Gesù stigmatizza la miopia religiosa di chi non riesce a vedere oltre il proprio naso e si costruisce un mondo fatto di regole e riti nel quale il proprio “io” prende il posto di Dio. Vivendo la fede solo come un insieme di precetti da applicare, si trasforma Dio in un freddo arbitro di una partita virtuale.
L’ipocrisia assume varie forme, una delle quali è la scrupolosità dietro cui si nasconde l’amore spropositato al proprio io. Allo scrupoloso non interessa Dio, né tantomeno gli altri con i loro bisogni, ma esclusivamente sé stesso. Ciò che conta è costruire di sé un’immagine tale da guadagnare consensi. Ragion per cui ci si concentra su quei particolari che riguardano l’apparenza e si trascurano le cose essenziali. L’ipocrita ha un’attenzione particolare alla maschera che indossa perché possa apparire integerrimo agli occhi degli altri. Se da una parte l’ipocrita è autocentrato, dall’altro è dipendente dal giudizio altrui. Più s’ingegna nel mettersi in mostra più si nasconde allo sguardo di Dio e alla luce della propria coscienza.
Lo scrupoloso non accetta l’imperfezione e non comprende che ci rende felici proprio quell’incontro personale che avviene nello spazio dei nostri limiti. Spesso spendiamo le migliori energie per dimostrare agli altri quello che vorremmo essere nel vano tentativo di accreditarci per quello che non siamo. Si innesca un meccanismo di competizione per distinguerci dagli altri al fine di attestare di essere i migliori.
Saremmo molto più sereni e genuini se ci accontentassimo di essere migliori di come siamo e non i migliori. Capiremmo, infatti, che essere migliore significa impegnarsi a progredire nell’ambito della giustizia, della misericordia e della fedeltà, cioè in tutto ciò che ha a che fare con i rapporti umani. Queste sono le pietre miliari della strada sulla quale seguire Gesù. Con lui impariamo ad attribuire maggiore valore alle relazioni interpersonali piuttosto che essere scrupolosi nelle pratiche di devozione e ad avere più attenzione alle persone piuttosto che curare l’apparenza dei convenevoli o le forme esteriori di religiosità. L’impegno richiesto all’uomo è quello di tradurre in opere il nome di Dio scritto nel cuore di ciascuno di noi. Giustizia, misericordia e fedeltà sono i nomi di Dio che ognuno dovrebbe assumere come punti di riferimento per discernere le scelte da compiere e come distintivi in un mondo che è costantemente tentato di farsi un dio su misura.
Dio gradisce il cuore contrito, cioè l’uomo che non copre le sue nudità con paramenti sontuosi, il lezzo maleodorante del proprio peccato con profumi d’incenso, non nasconde i propri pensieri cattivi dietro una falsa cortesia e la sua fragilità sotto il manto di una religiosità devozionistica.
Dio desidera incontrare l’uomo e amarlo profondamente. Non c’è altro luogo nel quale questo può avvenire se non nel cuore che si fa casa accogliente della Parola e grembo generativo di carità.
Signore Gesù, Maestro credibile che ti sei fatto discepolo obbediente alla Legge dell’amore, donami l’intelligenza della fede per discernere la volontà del Padre, aderirvi con fiducia e attuarla con animo lieto. Fa che possa seguire il tuo esempio di giustizia, misericordia e fedeltà lottando per l’equità sociale con le armi dell’onestà e della coerenza, difendendo la vita con la forza della tenerezza e l’impegno solidale verso i più deboli, costruendo una comunità fraterna basta sul rispetto, la condivisione e la stima reciproca. Dammi occhi che sappiano vedere le necessità dei fratelli, mani pronte a spezzare il pane della fraternità, spalle forti per sostenere il peso di chi non ce la fa a reggersi sulle proprie gambe perché indebolito dal peccato.