L’umiltà è il “lascia-passare” del Cielo – Martedì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)- San Bernardo

L’umiltà è il “lascia-passare” del Cielo – Martedì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)- San Bernardo

16 Agosto 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)– San Bernardo

Ez 28,1-10   Dt 32,26-30.35-36

O Dio, che hai suscitato nella Chiesa il santo abate Bernardo,

acceso di zelo per la tua casa

come lampada che arde e risplende,

per sua intercessione concedi a noi lo stesso fervore di spirito,

per camminare sempre come figli della luce.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Ezechièle Ez 28,1-10

Mentre tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio.

Mi fu rivolta questa parola del Signore:

«Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore Dio:

Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto:

“Io sono un dio,

siedo su un trono divino in mezzo ai mari”,

mentre tu sei un uomo e non un dio,

hai reso il tuo cuore come quello di Dio,

ecco, tu sei più saggio di Daniele,

nessun segreto ti è nascosto.

Con la tua saggezza e la tua intelligenza

hai creato la tua potenza

ammassato oro e argento nei tuoi scrigni;

con la tua grande sapienza e i tuoi traffici

hai accresciuto le tue ricchezze

e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore.

Perciò così dice il Signore Dio:

Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio,

ecco, io manderò contro di te

i più feroci popoli stranieri;

snuderanno le spade contro la tua bella saggezza,

profaneranno il tuo splendore.

Ti precipiteranno nella fossa

e morirai della morte degli uccisi in mare.

Ripeterai ancora: “Io sono un dio”,

di fronte ai tuoi uccisori?

Ma sei un uomo e non un dio,

in balìa di chi ti uccide.

Per mano di stranieri morirai

della morte dei non circoncisi,

perché io ho parlato».

La falsa sapienza dei presuntuosi

Con questa pericope si completa la trilogia contro Tiro che dapprima è vista come una rocca marina che viene coperta dal mare, poi come una nave ricchissima che naufraga nel mare e, finalmente viene rappresentata dal suo re. Non si tratta tanto di un personaggio storico concreto, ma il personaggio regale incarna la monarchia È una storia di esaltazione e di successiva caduta secondo il binomio delitto-pena. Il peccato di superbia attiva il processo che giunge all’epilogo finale della morte. La superbia, ovvero il considerarsi dio al posto di Dio, si costruisce attraverso dei passaggi che sono esposti anche in Dt 8: la ricchezza porta alla sazietà e questa alla presunzione: da essa si passa alla dimenticanza di Dio per finire nell’esercizio della forza e del potere con arroganza. Il presuntuoso cerca d’innalzarsi sempre di più a discapito delle vittime che miete la sua avidità di potere. Ma quanto più in alto cerca di collocarsi tanto più rovinosa sarà la sua caduta che non può che causare una morte tra le più ignominiose. La fine disastrosa rivela l’inconsistenza della sapienza sulla quale ha stupidamente confidato. Gli oracoli contro le nazioni sono un monito ai credenti perché essi non idealizzino e imitino quelli che sembrano avere fortuna ma che assumono un atteggiamento arrogante. Al tempo stesso l’oracolo vuole rassicurare chi è vittima delle ingiustizie e della presunzione degli uomini e donne di potere perché la loro autorità oppressiva e offensiva ha i giorni contati.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 19,23-30

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».

A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».

Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

L’umiltà è il “lascia-passare” del Cielo

Il ricco e il povero possono essere visti dal punto di vista sociale o da quello spirituale. Lo sguardo di Gesù sui suoi discepoli rivela loro il modo con il quale Dio vede la realtà. Egli non si ferma ad analizzarla ma vuole trasformarla. La proposta del discepolato è fatta a tutti indistintamente ma non tutti l’accettano e la prendono sul serio perché affetti da quella malattia dell’anima che si chiama presunzione di bastare a sé stessi. Le persone autoreferenziali, che credono di essere anche autosufficienti, rendono nei fatti impossibile ciò che pensano sia possibile realizzare da soli e con le sole forze di cui dispongono. Essi sono quelli che si considerano, e sono considerati dagli altri «i primi» che però alla fine risulteranno esclusi e ci sono quelli che tutti pensano, e forse anche loro stessi, di essere tra gli esclusi che invece alla prova dei fatti saranno i primi ad entrare nel regno dei cieli. La differenza non risiede nella condizione sociale ed economica ma nella disponibilità a farsi arricchire dagli altri e da Dio accettando il fatto di essere poveri. Chi segue Gesù non solo riconosce di essere mancante, ma soprattutto ha il coraggio di chiamare per nome il suo bisogno principale, che è l’amore. Gesù invita a coltivare la virtù dell’umiltà, propria di Dio, la cui grandezza consiste nel farsi piccolo e povero per arricchirci del suo amore. Nella vita non conta tanto essere padroni del mondo, ma signori di sé stessi, capaci d’indirizzare tutte le proprie facoltà verso un bene più grande che supera il desiderio del possesso. Chi riesce a distaccarsi dal proprio io, rispondendo ad una vocazione d’amore che lo porta a ragionare fuori dagli schemi utilitaristici, scopre nel «noi» della comunità un mondo nel quale la gioia della comunione fraterna è cento volte più bella e duratura della soddisfazione di ricevere applausi, onori ed encomi. Questa è la gioia che si percepisce nello sguardo dei santi. Essi, pur lasciando tutto per Cristo, persino la vita, già gustano in questo mondo la bellezza di un amore senza confini di tempo e senza limiti.

Signore Gesù, Tu che hai attraversato la porta stretta dell’obbedienza alla volontà del Padre e ti sei fatto piccolo per diventare fratello di ogni uomo, guariscimi dalla malattia dell’orgoglio che gonfia e della presunzione di bastare a me stesso. Insegnami la via dell’umiltà perché la serena consapevolezza dei miei limiti e il bisogno di essere amato mi apra ad accogliere il sostegno morale e spirituale che viene da Dio e dai fratelli. Aiutami a confidare nella misericordia divina e a purificare il mio cuore da ogni forma di attaccamento ai beni che passano per radicare la mia speranza nelle realtà del Cielo.