Custodia e accudimento – Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Custodia e accudimento – Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

10 Agosto 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ez 2,8-3,4   Sal 118  

Dio onnipotente ed eterno,

guidati dallo Spirito Santo,

osiamo invocarti con il nome di Padre:

fa’ crescere nei nostri cuori lo spirito di figli adottivi,

perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Ezechièle Ez 2,8-3,4

Io mangiai quel rotolo: fu per la mia bocca dolce come il miele.

Così dice il Signore: «Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole».

Vocazione e missione di Ezechiele: Contemplata aliis tradere

Il racconto della vocazione di Ezechiele è caratterizzato dall’appellativo «figlio dell’uomo» con il quale «la gloria di Dio» si rivolge a Ezechiele. Col nome «figlio di Adamo» si vuole intendere un semplice uomo legato alla terra, piccolo e mortale. Infatti, Ezechiele alla vista della «gloria di Dio» cade a terra prostrato come morto. Lo Spirito di profezia, entrando in lui, gli conferisce una vita nuova e lo rimette in piedi (2,2) perché in posizione eretta possa ascoltare la Parola e mettere in pratica ciò che comanda. Come Ezechiele, anche il popolo degli esiliati, viene sollevato dalla Parola che conferisce una nuova condizione di vita, non più rassegnata ma piena di speranza.

Come in Is 6 e Ger 1 accade un rito nel quale al dono del rotolo dalla mano di Dio corrisponde il gesto profetico di mangiarlo. Il contenuto è tragico perché contiene il dramma della relazione con Dio che il popolo tradisce continuamente fino a raggiungere il culmine. Il gesto di mangiare la Parola vuole indicare la necessità da parte del profeta di assimilarla prima di pronunciarla. Ciò che Geremia dice con un’immagine, Ezechiele lo traduce in gesto simbolico. La dolcezza della Parola risiede nella fedeltà di Dio al suo popolo e nella compassione per la quale Dio invia il profeta.

Dio parla all’uomo in linguaggio umano, intelligibile; l’uomo spesso si rifiuta o ha paura di intendere. Ma quando, come Ezechiele, l’uomo si apre anche la lingua del profeta si fa comprensibile anche se è straniera.

La parola «ruminata» trasforma interiormente il profeta che, da una parte, penetra nel mistero della compassione di Dio, e dall’altra, rende la propria vita trasparenza vera dell’amore di Dio.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 18,1-5.10.12-14

Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».

Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:

«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.

Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.

Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Custodia e accudimento

La festa degli Angeli Custodi ci offre l’occasione per riaffermare la nostra fede nel Dio amante e custode dell’uomo. La custodia è cosa diversa dal controllo e la differenza è la stessa che passa tra l’atteggiamento di un padre e quello di un padrone. Chi spia per controllare si nasconde mentre Dio per custodirci si rivela, si fa prossimo, mostra il suo volto e soprattutto si comunica.

Nella storia d’Israele Dio si rivela come il custode del popolo, sempre vigile e attento per proteggere, per correggere, per sorreggere e per guidare. Sul viso del Custode mentre rivolge il suo sguardo verso gli uomini non si trova mai una smorfia di disgusto o sdegno perché il suo amore è fedele e non disprezza nessuna delle sue creature. Tuttavia, non è impassibile e freddo, ma partecipando a pieno alle vicende degli uomini, gioisce e soffre insieme con loro. Perciò una caratteristica della custodia è la condivisione che crea un ponte comunicativo tra Dio e l’uomo. Proprio perché quello di Dio è uno sguardo compassionevole egli ci accoglie sempre come bambini nei quali i bisogni sono più numerosi dei meriti. In questo senso custodire significa creare dentro di sé lo spazio adatto ad accogliere l’altro in modo integrale senza che passi dal filtro delle attese che lo spogliano della sua dignità.

Il vangelo dell’Infanzia di Matteo racconta di come Giuseppe, grazie al suo angelo, sia diventato custode di Maria e del bambino. Ascoltando la voce del Custode che parla nel segreto della nostra coscienza, nuda, povera e indifesa, siamo da Lui illuminati, confortati e sorretti per prendere decisioni e fare delle scelte che fanno di noi angeli custodi dei nostri fratelli.

Dalla parte dei più piccoli

Non è vero che Dio non è di parte! Dio si schiera decisamente a favore dei più piccoli, dei più vulnerabili e fragili. Essi sono quelli che più facilmente possono smarrirsi come una pecorella che, magari perché distratta, non ritrova più il suo gregge.

Così ciascun membro della comunità, soprattutto chi ha il compito di custode e guida, non può rimanere indifferente davanti allo smarrimento dei suoi fratelli e sorelle. Per amore dei più piccoli deve saper lasciare ciò che è più gratificante o le proprie isole di confort, e intraprendere un viaggio faticoso di ricerca verso l’altro per recuperare il rapporto con chi si è allontanato.

Nei conflitti non basta assegnare i posti, quelli riservati ai giusti e quelli assegnati ai ribelli. Per amore della unità e della comunione totale bisogna fare ogni sforzo per recuperare e reintegrare.

Come agli occhi di Dio, così ai nostri, nessuno è un numero. Il vuoto lasciato da un fratello deve scuoterci, affinché possiamo vincere la rassegnazione con il desiderio sempre rinnovato della comunione fraterna.

Potremmo avere il dubbio che l’insistenza con la quale ricercare il fratello o la sorella che si sono allontanati sia invadenza e che invece bisogna rispettare le scelte altrui lasciandoli andare. Tuttavia, lasciare andare non significa indifferenza. Il cercare l’altro per ricostruire il rapporto con lui è cosa diversa dall’inseguirlo per ripossederlo.

Lo smarrimento dei più piccoli deve portarci anche a riflettere sulle nostre omissioni nel bene che hanno allentato i legami affettivi. La ricerca dell’altro parte dalla conversione personale e dalla riparazione di ciò che ha potuto provocare lo smarrimento del fratello.

Lasciamoci ispirare dalla gioia pregustata di ritrovare la comunione fraterna, piuttosto che dello sterile giudizio di chi si limita a prendere atto di una situazione dolorosa e a condannare. Questo è il tempo della nostalgia della comunione.

Signore Gesù, che ti sei fatto piccolo come un bambino, m’insegni che l’umiltà è il metro di misura della grandezza davanti a Dio. Lui, che abbassa i superbi e innalza gli umili, risuscita Te che la superbia degli uomini condanna a morte ancora oggi scartando le persone ritenute inutili. Tu, come un bambino, ti sei affidato alle mani del Padre che ti ha strappato da quelle della morte. Aiutami a confidare nell’aiuto di Dio che custodisce i passi dei suoi figli. Non mi assicuri che la sofferenza non busserà mai alla mia porta ma sono certo che la forza del tuo amore mi sosterrà in ogni prova e che al termine del cammino della vita mi introdurrai nel coro degli angeli che giorno e notte ti adorano cantando le tue lodi.

XKH141034 The Highland Shepherd, 1859 (oil on canvas); by Bonheur, Rosa (1822-99); 49×63 cm; Hamburger Kunsthalle, Hamburg, Germany; French, out of copyright

Signore Gesù, pastore coraggioso e chiaramente di parte perché schierato a favore dei più piccoli, aiutaci ad abbattere gli steccati mentali e i recinti delle vecchie abitudini. In tal modo potremo discernere la volontà di Dio lasciandoci ispirare non dal criterio della comodità ma da quello della speranza della riconciliazione e della comunione fraterna. Donaci i tuoi stessi sentimenti di compassione e tenerezza affinché riusciamo a vincere l’accidia, che ci blocca nelle nostre zone di confort create su misura a noi stessi, per intraprendere il cammino della ricerca del fratello lontano e perso di vista. Metti nel cuore una sana inquietudine e una salutare tensione tale che sia per noi sempre motivo per andare incontro a quei fratelli che sentiamo più distanti, per il modo di pensare o di agire, e portare loro la gioia dell’amicizia ritrovata.