Il cuore non mente mai! – Giovedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Domenico

Il cuore non mente mai! – Giovedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Domenico

3 Agosto 2024 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Domenico

Ger 31,31-34   Sal 50  

Guida e proteggi, o Signore, la tua Chiesa

per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico:

egli, che fu insigne predicatore della tua verità,

sia nostro intercessore davanti a te.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Geremìa Ger 31,31-34

Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato.

«Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.

Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato».

L’alleanza rinnovata

Questi pochi versetti sono noti come l’«oracolo della nuova alleanza». Mostrano in che modo Dio, che il popolo ha ridotto ad un idolo (Cf. la fine del v. 31, letteralmente: «io sono baal su di loro»), è davvero «padrone» (baal) nella vita del suo partner. Il profeta Geremia con l’aggettivo nuovo insiste di più sulla discontinuità e la rottura con l’alleanza precedente anche se non mancano elementi di continuità. Fin dall’uscita dall’Egitto, i germi del rifiuto della «prima alleanza» sono evidenti. Quando Mosè scende dalla montagna con le tavole della legge, il popolo ha già trasgredito la stipulazione fondamentale del contratto, la fedeltà. Israeliti, infatti, avevano chiesto ad Aronne di fabbricare un idolo a misura dei loro bisogni. Solo l’intercessione di Mosè permette che le tavole della legge siano di nuovo incise, diventando così allo stesso tempo segno dell’impegno fedele di Dio e dell’infedeltà di Israele (Es 34). Geremia accusa i suoi contemporanei di una rottura altrettanto radicale, se non addirittura più forte, di quella della prima alleanza. Quelli che hanno rotto l’alleanza si sono resi estranei e a Dio, si sono allontanati da lui e dai suoi progetti, hanno sacrificato il loro avvenire sugli altari eretti agli idoli virgola e hanno fatto dello stesso dio un baal. Dunque, il peccato che rompe l’alleanza e quello dell’idolatria che riduce Dio ad un idolo, a un Dio padrone, al quale il popolo sarebbe asservito, invece di essere il suo libero servo. È dunque necessario che Dio eserciti il suo diritto di baal nei confronti di coloro che hanno fatto di lui un padrone. In questo senso il profeta interpreta l’esilio come la conseguenza logica del peccato di Israele. Tuttavia, colui che avrebbe tutte le ragioni di usare severità, agisce in modo tale da mostrare come esercita il proprio dominio, generando così una sorpresa. Dio prende l’iniziativa e pone in essere la novità. Essa è la base per una nuova alleanza. La nuova alleanza si pone in continuità con l’intenzione di Dio con la quale egli ha stipulato la prima tradita da Israele. La legge è data perché sia attuata in modo che essa possa essere la base per la fraternità. La storia rivela che quando Israele si allontana da Dio diventa più vulnerabile e subisce la violenza della divisione. I profeti, eco della parola di Dio, ricordano che la legge e lo strumento di liberazione dagli idoli, di pacificazione e di unificazione. La novità annunciata dal profeta Geremia sta nella interiorizzazione della legge. Essa impedisce di vederla come una costrizione, facendo della fedeltà la caratteristica che governa il comportamento umano. Ognuno è chiamato a sintetizzare e armonizzare nel proprio intimo le sue esigenze e quelle dell’alleanza. Infatti, quando la riflessione e la volontà sono guidate dalla Torah, l’uomo, unificato nel suo intimo, non può far altro che adottare la logica dell’alleanza in un atteggiamento di fedeltà e di riconoscenza. La scrittura della legge nel cuore produce un cambiamento radicale, una trasformazione antropologica. Ci sono due conseguenze. La prima è una conoscenza profondamente rinnovata di Dio che permette una vera comunione in seno alla comunità e tra i due partners. Il dialogo permette la distanza necessaria rispetto dell’identità e della libertà di ciascuno. La seconda conseguenza riguarda i membri della comunità che si trattano come fratelli ammaestrati nell’intimo del cuore da Dio senza più il bisogno di altri maestri. Il perdono dell’alleato divino è il pilastro della nuova alleanza, di questa ripresa delle relazioni. Perdonando, Dio annulla quello che ostacola l’alleanza cancella la memoria dei difetti che corrono il rischio di trascinare nuovamente nel peccato. La nuova alleanza e un ricordo nuovo, perché purificato da ogni memoria di colpa. L’unica memoria è quella per il giuramento di fedeltà che Dio fa al suo popolo. Solo questo permette la ripresa delle relazioni. Dimenticando il fallimento, Dio compie un nuovo atto di salvezza e di liberazione per Israele. Il perdono diventa la condizione perché il sogno di Dio di comunione diventi realtà tra i fratelli divisi.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 16,13-23

Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Il cuore non mente mai!

Dio parla sempre attraverso una relazione personale nella quale Egli si fa conoscere. Non di rado siamo come la gente che esprime la sua idea su Gesù senza conoscerlo, ma per sentito dire. Capita anche che l’opinione che ci facciamo di una persona e la conoscenza che crediamo di avere di lei non si basi tanto su una qualche esperienza diretta ma sul giudizio che altri hanno espresso o sull’impressione avvertita a pelle. Dio non lo puoi conoscere se non lo incontri faccia a faccia, se non ti lasci coinvolgere in una relazione che non può prescindere dal contatto fisico, dal dialogo a tutto tondo. Solo quando permetto a chi ho di fronte d’interpellarmi profondamente e di interrogare il mio cuore, con tutti i pensieri e le emozioni che quel contatto suscita, posso esprimermi secondo verità. Il cuore non mente mai! Pietro parla a Gesù col cuore anche se non sa fino in fondo cosa sta dicendo perché la verità supera la mente e la sua capacità di comprendere. L’apostolo, come ogni uomo, rimarrà sempre incapace di contenere e possedere la verità dell’amore di Dio. Proprio per questo gli viene affidato il potere non di conoscere tutto ma di far conoscere a tutti l’amore di Dio. La parola di Gesù è la chiave di accesso al mistero insondabile della croce, scaturigine sempre attiva della misericordia. Annunciando la sua Pasqua, che avrebbe celebrato vivendo la sofferenza e attraversando la morte per giungere alla risurrezione, Gesù offre ai discepoli la chiave per comprendere il senso profondo degli eventi, la sua vera identità e la sua missione. Pietro non vuol sentir parlare di dolore, umiliazioni e morte e si rifiuta di accettare quella realtà, così drammatica e priva di fascino, nella quale stenta a vedere la volontà di Dio. Quando Pietro parla con il cuore non sbaglia perché il suo pensiero è ispirato da Dio mentre quando è accecato dalla paura egli ragiona di pancia e reagisce in maniera scomposta. Come in Pietro anche in ciascuno di noi convive la luce della sapienza di Dio ma anche le tenebre dei ragionamenti contorti di Satana. I pensieri giudicanti fanno da schermo alla Parola di Dio che non può fecondare il nostro cuore e neanche quello dei nostri fratelli ai quali, invece di porgere la luce della verità per farlo conoscere, offriamo loro una contro testimonianza che ostacola l’incontro con Lui e l’esperienza sanante del suo amore. Le parole di Gesù a Pietro sono dure come la pietra per far comprendere che il modo di pensare del demonio ci fa inciampare nel cammino della santità, ci atterrisce e ci impedisce di rialzarci. Pur nella severità del rimprovero Gesù richiama Pietro, cioè lo chiama nuovamente a seguirlo. Infatti, quello di Gesù non è un giudizio che inchioda ma un appello forte a non lasciarci dominare dal peccato ma di dominarlo con la forza della sapienza della croce, la logica dell’amore.

Oratio

Signore Gesù, come Simon Pietro professo la mia fede in Te che sei Cristo e Figlio di Dio. Prendimi per mano perché possa conoscerti sempre di più, sceglierti come amico, innamorarmi del Padre e, amandovi con lo stesso Amore con cui mi amate, amare i miei fratelli. Aiutami a confessare la mia fede non solo con le parole ma soprattutto con la vita in modo che da essa traspaia la luce della speranza, guida sicura per gli smarriti di cuore. La tua Parola fecondi il mio cuore perché sia aperto ad ascoltare la voce dello Spirito e a dargli risonanza attraverso scelte concrete ispirate dal tuo esempio di uomo tutto consacrato a Dio per il bene degli uomini.