Dio si commuove per la fede dei piccoli – Mercoledì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Dio si commuove per la fede dei piccoli – Mercoledì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

3 Agosto 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ger 31,1-7   Ger 31,10-13  

Mostra la tua continua benevolenza, o Padre,

e assisti il tuo popolo,

che ti riconosce creatore e guida;

rinnova l’opera della tua creazione

e custodisci ciò che hai rinnovato.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Geremìa Ger 31,1-7

Ti ho amato di amore eterno.

«In quel tempo – oracolo del Signore –

io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele

ed esse saranno il mio popolo.

Così dice il Signore:

Ha trovato grazia nel deserto

un popolo scampato alla spada;

Israele si avvia a una dimora di pace».

Da lontano mi è apparso il Signore:

«Ti ho amato di amore eterno,

per questo continuo a esserti fedele.

Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,

vergine d’Israele.

Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli

e avanzerai danzando tra gente in festa.

Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samarìa;

dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno.

Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno

sulla montagna di Èfraim:

“Su, saliamo a Sion,

andiamo dal Signore, nostro Dio”.

Poiché dice il Signore:

Innalzate canti di gioia per Giacobbe,

esultate per la prima delle nazioni,

fate udire la vostra lode e dite:

“Il Signore ha salvato il suo popolo,

il resto d’Israele”».

Il dinamismo della speranza

Questo è uno dei capitoli più importanti del libro degli oracoli del profeta Geremia e rappresenta il culmine del messaggio della speranza. I destinatari sono coloro i quali s’identificano con Israele perché si pongono tra coloro che attendono la salvezza del Signore e accolgono con fiducia il messaggio del profeta. Sono coloro che nella notte del dolore, sradicati dalla loro terra e spogliati di tutto, avvolti nelle vesti del lutto, non si sono lasciati vincere dalla disperazione, decretando la morte della relazione con Dio, ma hanno lottato contro la paura per custodire la fede e tenere accesa in qualche modo la speranza, attraverso la memoria della provvidenza divina, sperimentata dai loro padri nel cammino dell’esodo, e l’incessante preghiera di lamentazione e di intercessione. Chi prega ha gli stessi dubbi e malumori degli altri con i quali condivide la sorte infelice, ma reagisce tenendo viva la relazione con Dio, silenzioso e apparentemente inerte, gridando verso di lui il suo dolore. Grazie alla fede, che si traduce in preghiera, si può sopravvivere ai drammi della vita che scuotono le fondamenta e mettono in discussione le verità date per certe nel tempo della prosperità. Geremia, che condivide il dramma dell’uomo sofferente, si fa orecchio di Dio che ascolta e si commuove, portavoce del grido dell’umanità ferita, bocca del Signore che risponde all’appello dei suoi figli. Dio, infatti, ricorda a Israele che il suo amore è gratuito e incondizionato, perciò eterno e inclusivo. L’amore di Dio, proprio perché non è possessivo, ma oblativo e generativo, non tollera di essere circoscritto dentro dei confini geografici o culturali oppure sociologici e politici, ma per sua natura si espande per allargare il suo raggio di azione e ampliare gli orizzonti fino all’infinito. “Quel tempo” è il tempo finale perché è quello del compimento del progetto di Dio. Esso consiste nella comunione universale, nella pace che è armonia delle differenze e mortificazione delle diffidenze. La speranza è la caparra della gioia che, come luce che viene dall’eternità illumina nel presente le zone d’ombra della morte, passaggi necessari per gustare definitivamente e in pienezza la pace. La luce della speranza fa del deserto, luogo metaforico e teologico in cui la miseria interiore ed esteriore dell’uomo s’incontra con la misericordia di Dio, la terra di mezzo oltre la quale c’è la riva della salvezza e della comunione. Dio si è fatto deserto per aprire la via della salvezza ed è necessario per l’uomo essere deserto perché Dio possa giungere attraverso le ferite al suo cuore.

L’amore di Dio, come luce che «appare da lontano», da una parte offre un criterio di valutazione del peccato e della distanza da Dio, dall’altra la sorgente di questa luce non è distante, ma vicina perché Dio è “il prossimo”, colmando ogni distanza e abbattendo ogni ostacolo. L’amore di Dio è la sorgente della speranza perché fa della distanza, dovuta al peccato, il tempo della salvezza, tempo e spazio del pellegrinaggio verso la Gerusalemme del Cielo e la vigna del paradiso. La speranza non si concilia con la passività che è invece propria della rassegnazione e del fatalismo, ma attiva un dinamismo di corresponsabilità per cui si riprende a costruire e piantare animati dal desiderio di abitare la casa che si edifica e gustare i frutti del proprio impegno.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 15,21-28

Donna, grande è la tua fede!

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».

Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Dio si commuove per la fede dei piccoli

Dialogando con i discepoli, dopo lo scontro avuto con le autorità giudaiche, Gesù spiega il senso della parabola con la quale chiarisce che l’uomo diventa impuro non per quello che gli entra dalla bocca ma per il male che viene dal cuore ed esce dalla sua bocca. Ciò che si mangia non può inquinare il cuore ma da un cuore malato di peccato esce un veleno capace di corrompere ogni relazione. C’è infatti un rapporto stretto tra la bocca, da cui escono le parole e il cuore, che è la sede dei desideri e dei progetti. Isaia aveva stigmatizzato il culto falso di chi onora Dio con la bocca ma non lo desidera col cuore. C’è una preghiera falsa e inutile, quella che non nasce dal cuore aperto all’ascolto della Parola, e c’è una preghiera vera ed efficace attraverso la quale si esprime il profondo anelito di salvezza. Gli ipocriti pregano convinti di salvarsi da soli con le proprie opere meritorie, mentre chi crede veramente riconosce con umiltà la propria piccolezza e si affida unicamente alla bontà misericordiosa del Signore.

Gli apostoli avevano da poco fatto l’esperienza sconvolgente nella quale Gesù si era manifestato come Dio camminando sulle acque. Il vero senso della manifestazione non risiede nella potenza di dominare le forze della natura ma di venire incontro all’uomo incapace da solo di fronteggiare le resistenze della vita. Il tratto che contraddistingue il Dio di Gesù è il suo farsi prossimo. Questo avviene prima in un contesto di incomprensione e poi come risposta immediata alla supplica di Pietro. In entrambi si rivela il cuore di Gesù spinto dall’amore gratuito. Di contro le parole di Pietro fanno emergere la sua poca fede. La preghiera di Pietro nasce dalla paura di morire ma la paura è alimentata dalla poca fede dell’apostolo. In questo scenario si staglia la figura della Cananea che sembra ingaggiare una lotta con Gesù. Ella, infatti si trova di fronte un Gesù silenzioso, che non le rivolge neanche una parola.  Sembra un’altra persona rispetto all’esperienza fatta sul lago. Lì Gesù va verso gli apostoli, qui invece sembra scappare dalla donna. Gli apostoli stessi non comprendono l’atteggiamento del Maestro. Il bisogno crea delle attese che non coincidono con le intenzioni degli altri. Così non c’è perfetta aderenza tra la volontà di Dio e il bisogno dell’uomo come non c’è simmetria tra la grazia divina e i meriti umani. Gesù era intervenuto prontamente al grido di aiuto di Pietro e gli apostoli assistendo alla scena lo avevano riconosciuto come Figlio di Dio. Nel caso della Cananea invece l’esaudimento non è immediato. La donna persevera nella preghiera lottando con la fede contro il silenzio e la distanza di Dio. Ella non solo segue Gesù ma gli si prostra davanti umiliandosi di fronte a lui. La preghiera perseverante, che spera contro ogni speranza, giunge ad un faccia a faccia in cui la disparità e l’asimmetria dei soggetti viene riconosciuta dalla donna e con esse sia la grandezza della misericordia di Gesù sia la sua piccolezza. Pietro viene rimproverato a causa della sua poca fede mentre la Cananea viene lodata per la sua grande fede perché è la fede dei piccoli, capace di una preghiera che supera le nubi e commuove il cuore di Dio.

Oratio

Signore Gesù, Tu che sulla croce hai vissuto il dramma del silenzio di Dio e scendendo agli inferi hai sperimentato la sofferenza dell’assenza di Dio, sostieni la mia fede quando non trovano risposta le mie suppliche e la desolazione soffia forte sulla debole fiamma della speranza. Maestro della fede, educami al dialogo orante mosso non dalla paura ma dal desiderio di essere salvato. Fa che la mia preghiera si unisca a quella dei miei fratelli e sorelle che invocano da Dio con umiltà e fiducia il dono della pace. Donami la pazienza d’imparare dal silenzio l’arte del parlare perché dal mio cuore, purificato dalla tua Parola, possano germogliare propositi di bene e parole buone che servono per la necessaria edificazione della comunione fraterna.