La verità si scopre al di là del proprio naso – Venerdì della XVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Venerdì della XVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Lv 23,1.4-11.15-16.27.34-37 Sal 80
O Dio, nostra forza e nostra speranza,
senza di te nulla esiste di valido e di santo;
effondi su di noi la tua misericordia
perché, da te sorretti e guidati,
usiamo saggiamente dei beni terreni
nella continua ricerca dei beni eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro del profeta Geremìa Ger 26,1-9
Tutto il popolo si radunò contro Geremìa nel tempio del Signore.
All’inizio del regno di Ioiakìm, figlio di Giosìa, re di Giuda, fu rivolta a Geremìa questa parola da parte del Signore:
«Così dice il Signore: Va’ nell’atrio del tempio del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda che vengono per adorare nel tempio del Signore tutte le parole che ti ho comandato di annunciare loro; non tralasciare neppure una parola. Forse ti ascolteranno e ciascuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso mi pentirò di tutto il male che pensavo di fare loro per la malvagità delle loro azioni. Tu dunque dirai loro: Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi e se non ascolterete le parole dei profeti, miei servi, che ho inviato a voi con assidua premura, ma che voi non avete ascoltato, io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città una maledizione per tutti i popoli della terra».
I sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremìa che diceva queste parole nel tempio del Signore. Ora, quando Geremìa finì di riferire quanto il Signore gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo arrestarono dicendo: «Devi morire! Perché hai predetto nel nome del Signore: “Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata”?». Tutto il popolo si radunò contro Geremìa nel tempio del Signore.
La persecuzione del profeta
L’oracolo del profeta Geremia viene pronunciato in un momento particolarmente delicato segnato dalla morte del re Giosia che aveva avviato delle riforme in ambito cultuale per purificare la fede d’Israele perché non fosse solo un’espressione di religiosità popolare disincarnata dalla relazione personale con Dio. Le parole del profeta mirano a denunciare la concezione sbagliata che fa del tempio una sorta di talismano che garantisce protezione. In realtà non è il tempio in sé a fungere da protezione e sostegno, ma la presenza di Dio che ha posto nel santuario la sua presenza. Essa, tuttavia, dipende dalla condotta del popolo. Infatti, la legislazione del Levitico (Lv 19) proclama un Dio santo che esige anche la santità del suo popolo. La santità è un cammino di conversione perché Dio rende santi come lo è lui. La santità di Dio non si manifesta in luoghi ma nel cuore delle persone che desiderano incontrarlo per abitare con Lui. Gesù, parlando alla Samaritana, espliciterà il pensiero espresso da Geremia quando parla dei veri adoratori di Dio, quelli che adorano «in spirito e verità» (Gv 4). Certamente le parole del profeta risultano scomode perché Geremia non è un uomo del sistema o un funzionario preso dai lacci della perversione morale. Il profeta è una voce fuori del coro che le autorità religiose intendono ridurre al silenzio perché il suo pensiero non è in linea con il loro. Come avverrà nella passione di Gesù, anche per Geremia accade che la folla si lascia influenzare nel giudizio di condanna emesso dalle autorità religiose che però sono le prime a non convertirsi e a non accogliere la parola del profeta quale parola di Dio. Per questo lo accusano della medesima colpa di cui loro stessi si macchiano. Condannando il profeta essi confessano implicitamente la loro colpa e la verità della denuncia di Dio la cui conseguenza, in assenza della conversione, è la distruzione del tempio come la storia ha già più volte insegnato.
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,54-58
Non è costui il figlio del falegname? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
La verità si scopre al di là del proprio naso
Il disprezzo e il rifiuto è l’epilogo di un amore malato. Nella sinagoga di Nazaret ognuno poteva vantare un legame di parentela o di amicizia o di semplice conoscenza con Gesù, tanto più per il fatto che la sua fama si era sparsa nei villaggi vicini. Un giovane ebreo originario della periferica Galilea e proveniente da un villaggio sconosciuto persino alle Scritture fa parlare di sé per la sapienza con cui insegna e la forza grazie alla quale compie prodigi. Il suo ritorno suscita interesse ma anche interrogativi perché chi lo conosce bene non si spiega come abbia acquisito quelle capacità nel parlare e nell’operare miracoli. Lo scandalo deriva dalla delusione di non vedere quei prodigi a cui si aspettavano di assistere dopo aver ascoltato. Ai compaesani di Gesù non basta la parola ma vogliono vedere i fatti perché non hanno compreso che il vero prodigio è la conversione. Ma esso non può avvenire se si rimane chiusi in schemi mentali che sono propri di circoli ristretti e settari. I nazionalismi e i familismi sono generati da una mentalità che favorisce il ripiegamento su sé stessi, la costruzione di barriere e confini per proteggersi e l’ansia di dover tener tutto sotto controllo. Presi dalla mania della verifica premiamo perché l’altro risponda alle proprie attese. L’amore malato cerca di possedere l’altro piegandolo alle proprie aspettative. Se non gli riesce la lusinga si trasforma in derisione e il vanto in disprezzo. Il vero miracolo avviene nel momento in cui riconosco che la verità risiede proprio nell’altra faccia della realtà, quella che è rimasta nell’ombra perché non l’ho voluta mai vedere. Senza lo stupore l’amore si corrompe e degenera nel suo contrario. Stupirsi significa andare sempre al di là delle certezze che portano il marchio della presunzione e del pregiudizio.
Signore Gesù, profeta scomodo ma vero, non hai avuto paura di scontrarti con il pregiudizio, donami il coraggio di annunciare la parola di Dio anche negli ambienti familiari dove più forte è la tentazione di deludere e più facile il pericolo di essere fraintesi e derisi. Il rifiuto e la resistenza che incontro da coloro che meglio dovrebbero conoscermi e più convintamente sostenermi mi aiuti a riconoscere le mie rigidità e chiusure mentali che mi impediscono di scorgere nel fratello e nella sorella più bisognosi il tuo volto familiare. La tua parola faccia di me la profezia del tuo amore che, sebbene umiliato, porta molti frutti di grazia.