La virtù dell’ascolto – Mercoledì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La virtù dell’ascolto – Mercoledì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

21 Luglio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ger 1,1.4-10   Sal 70  

Sii propizio a noi tuoi fedeli, o Signore,

e donaci in abbondanza i tesori della tua grazia,

perché, ardenti di speranza, fede e carità,

restiamo sempre vigilanti nel custodire i tuoi comandamenti.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Geremìa Ger 1,1.4-10

Ti ho stabilito profeta delle nazioni.

Parole di Geremìa, figlio di Chelkìa, uno dei sacerdoti che risiedevano ad Anatòt, nel territorio di Beniamino.

Mi fu rivolta questa parola del Signore:

«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,

prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;

ti ho stabilito profeta delle nazioni».

Risposi: «Ahimè, Signore Dio!

Ecco, io non so parlare, perché sono giovane».

Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”.

Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò

e dirai tutto quello che io ti ordinerò.

Non aver paura di fronte a loro,

perché io sono con te per proteggerti».

Oracolo del Signore.

Il Signore stese la mano

e mi toccò la bocca,

e il Signore mi disse:

«Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca.

Vedi, oggi ti do autorità

sopra le nazioni e sopra i regni

per sradicare e demolire,

per distruggere e abbattere,

per edificare e piantare».

Geremia, uomo di Parola

Come ogni profeta, anche Geremia è uomo della Parola dalla quale sgorgano quelle dei suoi oracoli che si intrecciano con il racconto delle sue vicende personali. La missione profetica s’innesta profondamente nella vita di Geremia la cui vocazione abbraccia tutta la sua esistenza dall’origine fino al suo compimento. Il racconto della vocazione è in prima persona e inaugura quelle sezioni del libro che sono denominate «confessioni» nelle quali il profeta racconta dal suo punto di vista la missione che, spesso suo malgrado, segna la sua esistenza. Probabilmente la vocazione è un racconto posteriore, quasi fosse uno sguardo retrospettivo che ancora alla Parola di Dio le parole profetiche. L’atto di parola dice innanzitutto una relazione. Essa mette in connessione Dio e Geremia e avviene per iniziativa del Signore. È Lui, infatti, il soggetto primo del parlare e del relazionarsi. La sua Parola è la prima e l’ultima, quella da cui tutto ha origine e nella quale tutto ha il suo compimento. La relazione con Geremia è sì personale, ma al contempo nel profeta è coinvolto tutto il popolo. Geremia, quale «consacrato» che appartiene a Dio è il segno della relazione che Dio vuole avere con Israele; come Israelita rappresenta il popolo che è chiamato da Dio a vivere un rapporto di alleanza con Lui. Nella persona di Geremia trova una mirabile sintesi il dramma di amore di Dio che vuole amare e salvare Israele e quest’ultimo che attraversa il dramma di un rapporto che si deteriora a causa della sua immaturità. Nel racconto della vocazione di Geremia è anticipata la dinamica della speranza che determina la storia della salvezza: la Parola di Dio penetra nella vita di chi l’ascolta trasformandola in segno dell’amore fedele di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,1-9

Una parte del seme cadde sul terreno buono e diede frutto.

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

La virtù dell’ascolto

Da un luogo piccolo e chiuso, qual è la casa, che è pure uno spazio protetto e sicuro, Gesù esce per sedersi in riva al mare che è un ambiente più aperto ma che indica anche il confine tra le certezze della terra ferma e l’incognita del mare. Per il fatto che Gesù abita i luoghi fisici e psichici degli uomini, essi si radunano attorno a lui, attirati dalla sua capacità di entrare in empatia con loro e condividerne la vita in tutti i suoi aspetti. La barca ormeggiata vicino la riva sulla quale sale diventa la cattedra da cui offrire un insegnamento importante. Sceglie il linguaggio della parabola per spiegare alla gente il senso di ciò che sta avvenendo in quell’incontro. Gesù sale sulla barca e vi si siede perché coloro che sono con lui e l’ascoltano abbiano davanti a loro il mare immagine che riassume in sé le incognite della vita. A volte anche il nostro sguardo su Dio, soprattutto quando nello specchio d’acqua si riflettono nubi dense e minacciose, è carico di diffidenza e pieno d’interrogativi. Ci fa paura perché ci appare misterioso e la sua volontà un’incognita. Con il gesto di salire sulla barca, mentre la folla rimane sula spiaggia, Gesù chiede di stare difronte alla realtà, anche se dolorosa e difficile da accettare, con uno spirito fiducioso e con cuore aperto all’ascolto. Infatti, la parabola è rivolta a tutti coloro che attratti da Gesù desiderano ascoltare la sua parola perché essa è per tutti e non per pochi. Tuttavia, Gesù racconta la parabola perché noi possiamo discernere quale tipo di terreno siamo e se il processo di trasformazione del seme-Parola giunge a maturazione o s’interrompe prima. È evidente che Gesù, come il seminatore, sparge il seme perché poi possa passare per raccoglier ei frutti. Tra la semina e il raccolto si gioca la nostra responsabilità da cui dipende la fecondità della nostra vita. Dio ci parla in tanti modi e ci benedice con i suoi doni. Gesù riassume in sé tutta la Parola di Dio e tutti i suoi doni di grazia. La Parola ascoltata e i sacramenti celebrati quale impatto hanno nella nostra vita? La parabola non dà risposte ma suscita interrogativi che ciascuno deve rivolgere alla sua coscienza per verificare che tipo di cristiano è, ovvero se si lascia trasformare dalla Parola di Dio rendendolo fecondo di buoni frutti della carità oppure se intervengono dei fattori, interni ed esterni, che bloccano il processo di maturazione. Tutti abbiamo gli orecchi, cioè la capacità di sentire, ma non tutti coltivano la virtù dell’ascolto. L’ascolto, infatti, prima che essere una capacità e una competenza, è una virtù nella quale trovano sintesi i doni di Dio della fede, della speranza e della carità.

Signore Gesù, che ti immergi nella terra della nostra umanità e per essa sei morto offrendo la tua vita, vienimi incontro e donami sempre la tua Parola di salvezza. La tua parola non rimbalzi incontrando il cuore duro e la mente ottusa, non si bruci perché ascoltata con superficialità e senza desiderio di approfondirla e assimilarla, la sua voce non sia soffocata dalle grida scomposte e confuse delle preoccupazioni di questo mondo. Semina dentro di me la fede perché possa accoglierti con fiducia e aderire alla tua volontà, getta il seme della speranza perché cresca il desiderio di vivere con Te, spargi la carità affinché la Parola di Dio faccia di me il pane spezzato per i miei fratelli e le mie sorelle affamati di amore piuttosto che di cibo.