Mitezza e umiltà, il rimedio più efficace allo stress – Giovedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Mitezza e umiltà, il rimedio più efficace allo stress – Giovedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

14 Luglio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Is 26,7-9.12.16-19   Sal 101

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità

perché possano tornare sulla retta via,

concedi a tutti coloro che si professano cristiani

di respingere ciò che è contrario a questo nome

e di seguire ciò che gli è conforme.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Isaìa Is 26,7-9.12.16-19

Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere.

Il sentiero del giusto è diritto,

il cammino del giusto tu rendi piano.

Sì, sul sentiero dei tuoi giudizi,

Signore, noi speriamo in te;

al tuo nome e al tuo ricordo

si volge tutto il nostro desiderio.

Di notte anela a te l’anima mia,

al mattino dentro di me il mio spirito ti cerca,

perché quando eserciti i tuoi giudizi sulla terra,

imparano la giustizia gli abitanti del mondo.

Signore, ci concederai la pace,

perché tutte le nostre imprese tu compi per noi.

Signore, nella tribolazione ti hanno cercato;

a te hanno gridato nella prova, che è la tua correzione per loro.

Come una donna incinta che sta per partorire

si contorce e grida nei dolori,

così siamo stati noi di fronte a te, Signore.

Abbiamo concepito,

abbiamo sentito i dolori

quasi dovessimo partorire:

era solo vento;

non abbiamo portato salvezza alla terra

e non sono nati abitanti nel mondo.

Ma di nuovo vivranno i tuoi morti.

I miei cadaveri risorgeranno!

Svegliatevi ed esultate

voi che giacete nella polvere.

Sì, la tua rugiada è rugiada luminosa,

la terra darà alla luce le ombre.

La Parola di Dio viene scuotere la polvere della morte

Il profeta è l’uomo della parola, sia quella che Dio rivolge all’uomo sia la preghiera che il credente eleva verso il Cielo. Nel libro di Isaia si trovano inni e salmi. Quello del cap. 26 ne è un esempio. L’introduzione sapienziale parla della condotta dell’uomo giusto che è garantita dalla Parola di Dio che guida il cammino del pellegrino verso l’incontro con Lui. Il giusto è colui che si fa condurre dal desiderio di stare con Dio e vivere una comunione profonda e intima con lui nel tempio. Questo anelito permette all’uomo di riconoscere tutti i segni dell’amore del Signore che gli indicano la via retta attraverso la quale giungere alla pace che è la pienezza dei beni. Se tutto è in funzione della comunione e dell’armonia, anche l’uomo di adatta e si conforma a questa vocazione universale. Più si inoltra nel mistero della volontà di Dio, obbedendo alla sua parola, tanto più scopre la sua vocazione personale e il fine dei propri sforzi. Riconosce contestualmente quanto stolto è quel comportamento che non porta pace, non costruisce comunione e non contribuisce all’armonia. Fatica inutile è lavorare per sé stessi. È il Signore che fa crescere perché è Lui che edifica e dà senso alla fatica dei costruttori. Il profeta invita gli sfiduciati a non ripiegarsi su sé stessi per piangersi addosso e lamentarsi, prendendosela con gli altri o pensando di essere condannati da Dio. Il popolo, pur prostrato da scelte scellerati dei propri capi, deve alzare il capo per vedere Dio all’opera anche tra le macerie lasciate dalle scelte politiche assunte escludendo il Signore dai processi decisionali.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,28-30

Io sono mite e umile di cuore.

In quel tempo, Gesù disse:

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Mitezza e umiltà, il rimedio più efficace allo stress

Gesù, riconoscendo nei piccoli gli amici privilegiati del Padre, si rivolge agli stanchi e agli oppressi con parole di consolazione e incoraggiamento. Essi sono coloro che, come lui, sperimentano la fatica nell’amare gli uomini, del credere rimanendo fedeli a Dio e del perseverare nella speranza. Amare è un lavoro faticoso come lo è fare il cammino di ricerca per conoscere e aderire alla volontà di Dio, soprattutto quando s’incontrano forti resistenze a partire dalla famiglia e dalla comunità in cui si vive. Lo stress dovuto alle incomprensioni, alla gestione dei contrasti, alla lotta per parare i colpi di chi offende o di chi pretende qualcosa, pesa sul cuore che, senza un supporto valido, cede inesorabilmente. Ogni uomo, sin dal momento in cui nasce, impara che per vivere deve lottare, ma crescendo sceglie se lottare per un fine o lottare contro qualcuno. Chi ci sta attorno non sempre ci insegna e ci aiuta a lottare per una giusta causa, ma spesso ci viene inculcato sin da piccoli, soprattutto con i cattivi esempi, che bisogna lottare contro qualcuno per vivere. La scelta di lottare per vivere o vivere per lottare s’impone davanti ai nemici. Essi sono quelli che con il loro atteggiamento ci danneggiano oppure sono ex amici perché non più alleati ma avversari.

Il discepolo di Cristo, come tutti gli uomini, soffre sulla propria pelle il dramma delle lacerazioni nelle famiglie, dei conflitti tra i membri di un gruppo, dei dissidi tra i componenti di una comunità o di un’associazione. Tutto ciò provoca stress che incide sulla tenuta psicofisica e spirituale del credente tentato dalla sfiducia e indotto a replicare usando gli stessi mezzi dei nemici. La lotta contro gli altri uomini si rivela causa di altra oppressione e stanchezza.

Gesù, mite e umile di cuore, si propone come alleato nella lotta, ma non contro qualcuno, ma per la vita. Egli è sì venuto a portare la spada, ma essa è la Parola di Dio. È la spada della benedizione e non della maledizione, del perdono e non dell’offesa, della riconciliazione e non dell’ottenimento della soddisfazione personale. Gesù, piccolo tra i piccoli, comprende e testimonia che solo stando unito al Padre si può amare fino alla fine e nonostante tutto e, amando, pacificare il cuore. Gesù, invitando a prendere il suo giogo, propone di condividere con lui l’intimità che lo unisce al Padre e così portare a compimento il lavoro faticoso dell’amore.

Con la mitezza e l’umiltà, che attingiamo al cuore di Cristo, si realizza la profezia di Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2, 4-5).

Signore Gesù, che hai preso su di te il peso della mia debolezza e ti sei caricato dei miei peccati, consolami nel tempo della desolazione, dammi sollievo nel momento dell’aridità, sostienimi quando lo stress mette in crisi la mia fede e indebolisce la mia speranza. Bacia le mie ferite con tenerezza e accarezza il cuore provato con il soffio dello Spirito Santo, grazie al quale hai sacrificato per me la tua vita sull’altare della croce, perché mi ispiri sentimenti e mi suggerisca propositi di carità fraterna. Voglio starti vicino per imparare ad amare come Te, perché lontano da Te vivere è morire, accanto a Te e in Te, morire è vivere.