È tempo di conversione – Martedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Madonna del Monte Carmelo

È tempo di conversione – Martedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Madonna del Monte Carmelo

14 Luglio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Madonna del Monte Carmelo

Is 7,1-9   Sal 47

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità

perché possano tornare sulla retta via,

concedi a tutti coloro che si professano cristiani

di respingere ciò che è contrario a questo nome

e di seguire ciò che gli è conforme.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Isaìa Is 7,1-9

Se non crederete, non resterete saldi.

Nei giorni di Acaz, figlio di Iotam, figlio di Ozìa, re di Giuda, Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelìa, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. Fu dunque annunciato alla casa di Davide: «Gli Aramei si sono accampati in Èfraim». Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento.

Il Signore disse a Isaìa: «Va’ incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. Tu gli dirai: “Fa’ attenzione e sta’ tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumanti, per la collera di Resin, degli Aramei, e del figlio di Romelìa. Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelìa hanno tramato il male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl.

Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà!

Perché capitale di Aram è Damasco

e capo di Damasco è Resin.

Capitale di Èfraim è Samarìa

e capo di Samarìa il figlio di Romelìa.

Ancora sessantacinque anni

ed Èfraim cesserà di essere un popolo.

Ma se non crederete, non resterete saldi”».

Saldi nella fede

Il contesto del messaggio che Isaia che portare ad Acaz da parte di Dio è la guerra Siro-Efreimita. Il re d’Israele (regno del Nord) e il re di Damasco avevano deciso di eliminare Acaz, che si era rifiutato di allearsi con loro in un’alleanza anti-Assira, per sostituirlo con un re più compiacente alle loro istanze. Proprio nel momento più critico del conflitto Dio si rivela al re come il vero condottiero della storia e protettore del popolo giudaico. Davanti alle minacce incalzanti dei sovrani nemici il re deve confidare nell’intervento divino e stare tranquillo perché il Signore, origine e custode del regno, non lascia impunito chi attenta alla sua integrità. Il re non deve temere la malvagità dei nemici perché Dio è più forte di loro. Al contempo non deve farsi prendere dalla paura e prendere delle decisioni affrettate col rischio di ragionare e agire nello stesso modo dei suoi avversari. Quello di Isaia è un annuncio di salvezza che intende contrastare quello portato dai messaggeri il quale rendeva consapevole il popolo e il re del pericolo incombente rappresentato dall’esercito dei due re avversari. Il cattivo annuncio suscita agitazione e destabilizzazione, mentre il vangelo, buon annuncio, rivela che Dio ha già vinto sui nemici e bisogna solo attendere che la volontà stabilita da Dio si compia. Questo annuncio di salvezza mira a combattere la paura che atterrisce con la fede che invece fa alzare il capo con coraggio e sostiene l’attesa con la speranza. Il testo gioca sul termine אמן ´mn, da cui la parola ´āmēn, che nella forma verbale significa «essere stabile» oppure «credere». Dunque, credere nel vangelo, ovvero nella parola di Dio trasmessa dal profeta, significa ancorare la propria speranza di salvezza non in sé stessi e negli umani ragionamenti ma in Dio e nel suo amore.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,20-24

Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:

«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.

E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

È tempo di conversione

Nelle parole di rimprovero, che Gesù rivolge agli abitanti dei paesi dove più numerosi erano stati i prodigi da lui compiuti, vi leggiamo emozioni di profonda tristezza e rabbia davanti alla loro indifferenza e superficialità. Gesù si lamenta perché a fronte di tanta misericordia la gente non si converte per compiere la vera giustizia. Isaia, mediante l’immagine della vigna, racconta di quanta cura Dio abbia impiegato per fare d’Israele un popolo. Invece di gioire intona un triste lamento perché si aspettava che producesse frutti buoni di giustizia e invece ha fatto il male. La rabbia di Gesù non è dettata tanto dalle offese a lui arrecate, quanto dall’indifferenza che ha reso il cuore di quella gente impermeabile alla grazia di Dio e refrattario ad ogni cambiamento interiore. Senza l’aiuto di Dio non si può crescere e portare frutto e, se c’è, esso è immaturo e facile a corrompersi. Se l’amore che unisce due sposi o il legame di amicizia che mette insieme le persone di una comunità non sono alimentate costantemente dalla fede difficilmente si esce indenni dalle crisi. Chi non progredisce, inevitabilmente regredisce, attirato nel vortice del male a cui non riesce a resistere senza la fede. Il primo frutto della conversione è la fede con la quale affrontiamo le difficoltà della vita che, senza di essa, ci travolgerebbero. La delusione di Gesù interpreta anche quella di chi ama per rendere felice la persona amata ma si ritrova a doversi difendere proprio da coloro che sono stati aiutati. Il rimprovero non è una minaccia ma un estremo tentativo di far aprire gli occhi a coloro che sono accecati dall’orgoglio perché si rendano conto che l’estromissione di Dio dalla propria vita, nei fatti e non solo a parole, immette direttamente sulla strada del fallimento completo. L’avvertimento di Gesù non è una condanna già scritta ma una severa esortazione a vivere il tempo che rimane per vivere su questa terra dando seguito all’opera di guarigione che Dio ha iniziato in noi con la grazia dei sacramenti. 

Signore Gesù, segno dell’amore di Dio provvido e misericordioso, ti ringrazio per il rimprovero che oggi mi rivolgi perché mi scuota dall’indolenza e dall’ipocrisia di chi cerca segni ma non si lascia convertire per diventare a sua volta nel mondo segno del tuo amore. Apri gli occhi del cuore perché possa riconoscere nel tempo della mia vita terrena i segni della tua presenza amichevole e accogliere il dono di grazia che dà una forma nuova alla mia mente. La forza del tuo Spirito mi converta dalle abitudini cattive, che minano le relazioni, verso atteggiamenti di apertura fiduciosa alla Parola di Dio e di umile disponibilità verso i fratelli.