Dove finisce l’innamoramento inizia l’amore – Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Bonaventura

Dove finisce l’innamoramento inizia l’amore – Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Bonaventura

14 Luglio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Bonaventura

Is 1,10-17   Sal 49  

Dio onnipotente, concedi a noi,

che celebriamo la nascita al cielo

del santo vescovo Bonaventura,

di essere illuminati dalla sua eminente sapienza

e di imitare il suo serafico ardore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Isaìa Is 1,10-17

Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni.

Ascoltate la parola del Signore,

capi di Sòdoma;

prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio,

popolo di Gomorra!

«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero?

– dice il Signore.

Sono sazio degli olocausti di montoni

e del grasso di pingui vitelli.

Il sangue di tori e di agnelli e di capri

io non lo gradisco.

Quando venite a presentarvi a me,

chi richiede a voi questo:

che veniate a calpestare i miei atri?

Smettete di presentare offerte inutili;

l’incenso per me è un abominio,

i noviluni, i sabati e le assemblee sacre:

non posso sopportare delitto e solennità.

Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste;

per me sono un peso,

sono stanco di sopportarli.

Quando stendete le mani,

io distolgo gli occhi da voi.

Anche se moltiplicaste le preghiere,

io non ascolterei:

le vostre mani grondano sangue.

Lavatevi, purificatevi,

allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni.

Cessate di fare il male,

imparate a fare il bene,

cercate la giustizia,

soccorrete l’oppresso,

rendete giustizia all’orfano,

difendete la causa della vedova».

Il peccato deforma ma il perdono trasforma

Il peccato imbruttisce Israele che agli occhi di Dio diventa come le città di Sodoma e Gomorra, che erano diventate un covo di peccatori. I primi responsabili della paganizzazione del popolo sono i capi, i quali con il loro stile di vita contrario alla volontà di Dio, fanno deviare il cammino del popolo. Il cattivo esempio del formalismo esteriore, in contraddizione con il comandamento di Dio, contagia diffusamente. Nelle parole del profeta risuona la lamentazione del Signore che non si ferma all’apparenza ma guarda il cuore dell’uomo e conosce le intenzioni negative che lo abitano. Il bene attrae la benevolenza di Dio mentre l’ingiustizia provoca il suo disgusto perché non può tollerare la coesistenza della solennità del culto e il dramma del delitto perpetrato nei confronti dei più deboli. Il Signore ha fatto una scelta preferenziale per i più poveri dei quali condivide la sofferenza e la speranza, soffre con loro l’umiliazione e la mortificazione. Il culto è espressione di una religiosità inutile se non si coniuga con la giustizia sociale perché il fine della liturgia e della lode a Dio è la comunione fraterna. Dio non minaccia vendetta ma esorta fortemente alla conversione. Da una parte bisogna svestirsi delle abitudini idolatriche e dall’altra aderire con tutto il cuore alla volontà di Dio. Bisogna ritornare ad essere discepoli del Maestro che insegna a fare il bene a rigettare il male. Fare il bene significa avere uno sguardo di amore verso i più deboli rifiutando nettamente il pensiero di poter speculare sulla povertà altrui. Con le opere di carità fraterna noi apriamo il cuore a Dio permettendogli di cambiarci interiormente per renderci più somiglianti a Lui. Dio trasforma la nostra vergogna in gloria, la nostra morte in vita.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 10,34-11,1

Sono venuto a portare non pace, ma spada.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:

«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.

Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Dove finisce l’innamoramento inizia l’amore

Le parole di Gesù mettono in crisi. In fondo, proprio per questo usa l’immagine della spada che non è sinonimo di guerra. Gesù dice chiaramente che è venuto a portare la spada e chiarisce che la funzione della spada è quella di separare o recidere. La lettera agli Ebrei afferma che «la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). Il Maligno è illusionista perché, confondendo la mente, scambia la realtà con l’immaginazione. Una forma d’incredulità è convincersi che Dio coincida con l’idea che ho di Lui. Ora, se l’idea è deformata, lo sarà anche la realtà che credo di conoscere. Gesù mette in crisi perché vuole fare chiarezza. Egli non è venuto per realizzare i nostri ideali ma per compiere la volontà di Dio. C’è in realtà una falsa pace che genera vere e proprie guerre e sani conflitti da cui nasce l’autentica pace, che è la comunione. Essa riguarda le relazioni con Dio, con gli altri e con sé stessi. La fede in Cristo, affinché possa aiutare a farci maturare come persone e ad educarci ad amare veramente, deve necessariamente mettere in crisi schemi mentali basati sulla immaginazione piuttosto che sulla realtà. Fin quando non finisce la fase dell’innamoramento non può iniziare e svilupparsi quella dell’amore. Nell’innamoramento si è molto autocentrati e verso l’altro si proiettano i propri sogni, ovvero l’immagine della realtà che piacerebbe vivere. Separare significa distinguere tra l’io e il tu per far emergere più nitida dall’ombra dell’immaginazione l’identità dell’altro, sia nella sua dissomiglianza da sé sia nella somiglianza al volto di Dio. Amare Gesù vuole dire privilegiare nelle scelte l’impegno a seguirlo per diventare come Lui. Non è degno di Lui chi antepone i propri interessi a quelli di Dio. Se, dimentico di me, lo cercherò con tutto il cuore, lo troverò, garantisce Gesù, nel profeta che mi porge la parola di Dio, anche se scomoda e dolorosa da accettare, lo riconoscerò nel giusto che mi dischiude, soprattutto attraverso la sua sofferta fedeltà, l’orizzonte dell’amore di Dio più ampio dei miei piccoli sogni o ancora l’incontrerò nell’anonimo e povero benefattore che, potendomi offrire solo un bicchiere d’acqua, mi farà sentire la vicinanza amichevole di Dio anche nel tempo dell’aridità.

Signore Gesù, la tua Parola come lama di luce, che si fa spazio tra le nubi delle mie alterne e cangianti emozioni, penetri nel profondo del mio cuore e faccia chiarezza nel groviglio dei dubbi e delle certezze. Il tuo Spirito rafforzi la mia fede perché nelle vicende della vita, soprattutto quelle che si discostano dai miei progetti, possa sempre riconoscere il sentiero della volontà di Dio, avere il coraggio di intraprenderlo e sentire il conforto della tua compagnia nel portare quotidianamente la mia croce insieme a Te e ai miei fratelli.