Operai di comunione – Martedì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Operai di comunione – Martedì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

8 Luglio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Os 8,4-7.11-13   Sal 113B   Mt 9,32-38: La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!

O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio

hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,

dona ai tuoi fedeli una gioia santa,

perché, liberati dalla schiavitù del peccato,

godano della felicità eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dal libro del profeta Osèa Os 8,4-7.11-13

Hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta.

Così dice il Signore:

«Hanno creato dei re

che io non ho designati;

hanno scelto capi

a mia insaputa.

Con il loro argento e il loro oro

si sono fatti idoli,

ma per loro rovina.

Ripudio il tuo vitello, o Samarìa!

La mia ira divampa contro di loro;

fino a quando non si potranno purificare?

Viene da Israele il vitello di Samarìa,

è opera di artigiano, non è un dio:

sarà ridotto in frantumi.

E poiché hanno seminato vento,

raccoglieranno tempesta.

Il loro grano sarà senza spiga,

se germoglia non darà farina

e, se ne produce, la divoreranno gli stranieri.

Èfraim ha moltiplicato gli altari,

ma gli altari sono diventati per lui

un’occasione di peccato.

Ho scritto numerose leggi per lui,

ma esse sono considerate come qualcosa di estraneo.

Offrono sacrifici

e ne mangiano le carni,

ma il Signore non li gradisce;

ora ricorda la loro iniquità,

chiede conto dei loro peccati:

dovranno tornare in Egitto».

Il vento delle passioni alimenta la tempesta che travolge

Il profeta Osea stigmatizza l’atteggiamento dei governanti che si succedono l’uno dopo l’altro a causa di colpi di stato. Essi sono organizzati da uomini a cui non interessa nulla la fedeltà al Signore ma per fini esclusivamente mondani. I re sono scelti secondo criteri che prescindono totalmente dalla volontà di Dio. All’estromissione di Yahvè, l’unico e vero Dio che ha creato tutto ciò che esiste, corrisponde la produzione di idoli che sono opera delle mani degli uomini. Gli idoli sono il segno evidente del ripudio di Dio da parte d’Israele che rompe l’alleanza con il suo Signore per farsi dio al posto suo nella forma di un vitello. Il divorzio non è finalizzato ad una nuova unione ma alla pretesa di quella autonomia che si rivelerà ben presto isolamento e che si trasformerà in disastro totale. Dio esige il ripudio della falsità che porta alla morte. Infatti, l’idolatria o l’egolatria, indeboliscono fino al punto di non essere capaci di sostenere la lunga notte del conflitto. Israele, se continua a peccare, si dissolverà come il vitello d’oro che Mosè distrugge, dissolve nell’acqua che viene trangugiata dagli israeliti peccatori.

L’atteggiamento di Israeliti è folle perché essi si danno tanto da fare, ma per nulla, come seminare il vento. Il vento è il simbolo delle passioni che sono sempre cangianti e che agitano i cuori di coloro che ne sono investiti. Seminare il vento vuol dire alimentare il fuoco delle passioni che tutto distrugge. Il vento del male diventa tempesta che si abbatte anche sugli innocenti che subiscono gli effetti di scelte scellerate e ingiuste. Quando non si crede più in Dio si finisce col credere a tutto e col moltiplicare riti e gesti che sono religiosi ma privi di fede e di vita, perciò non graditi a Dio, non solo inutili ma anche nocivi. È in gioco la vita che non progredisce nell’amore ma regredisce fino al punto di essere ridotta a nulla. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,32-38

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».

Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

Operai di comunione

La liberazione dell’indemoniato coincide con la sua guarigione. Colui che prima era reso muto da un demonio acquista la capacità di parlare. La reazione all’evento è contrastante. Le folle si stupiscono e riconoscono l’intervento di Dio mentre i farisei si scandalizzano perché attribuiscono l’esorcismo allo stesso demonio e accusano Gesù di essere un suo accolito. L’invidia gioca brutti scherzi perché è una lente che deforma la realtà stravolgendola. La denigrazione nasce sempre da un animo inasprito dalla gelosia, dalla sete frustrata di potere e di controllo sugli altri. Lo stupore delle folle e la compassione di Gesù s’intrecciano e s’illuminano vicendevolmente. La compassione supera il pregiudizio e lo stupore va oltre l’apparenza; infatti, attraverso la prima s’ incontra l’umanità ferita e stanca mentre con la seconda si riconosce l’intervento provvidenziale di Dio. Gesù non s’inorgoglisce per il successo e non s’inasprisce per le critiche ma continua nella missione di predicare il Vangelo e di guarire ogni tipo d’infermità e malattia. Questo perché, mantenendo lo sguardo del cuore fisso sul volto del Padre, non cerca altro che compiere la sua volontà. La compassione è il sentimento che nasce da un animo puro come quello di chi è più desideroso di scoprire piuttosto che di possedere, di lasciarsi coinvolgere da una bellezza più grande invece di occupare posti di potere. Chi ha compassione non si preoccupa di sé ma dell’altro. Infatti, Gesù, calandosi pienamente nella situazione delle folle stanche e disorientate, coglie il loro bisogno di unità e coesione. Le parole che Gesù rivolge ai discepoli sono dirette anche a noi che spesso siamo accecati dalla gelosia. Come quelle cattive dei farisei anche le nostre parole deformano la realtà e creano confusione e disorientamento. L’azione del maligno avviene nel segreto e influisce sull’interpretazione che diamo ai fatti e soprattutto si manifesta nei giudizi taglienti espressi nei confronti degli altri. Sicché da operai inviati nel campo per raccogliere la messe diventiamo come cinghiali che invadono i terreni per divorare e distruggere.

Signore Gesù, poni una custodia alle mie labbra perché da esse possano uscire solo parole che servono per la necessaria edificazione dei fratelli. Scompaia dal mio animo ogni asprezza, sdegno, malignità e gelosia perché nel mio cuore possa farsi spazio la compassione. Donami occhi per vedere le necessità dei fratelli e non per stigmatizzare i loro errori, e fa che il mio indice non sia rivolto contro di loro ma le mie dita possano incrociare quelle di chi è nel dolore per sollevarlo e consolarlo con la mia amicizia. Rendimi operaio della comunione a servizio dell’unità di tutti gli uomini.