Ogni idea perché sia vera deve avere un corpo – Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ogni idea perché sia vera deve avere un corpo – Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

24 Giugno 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

2Re 19,9-11.14-21.31-35.36   Sal 47  

Donaci, o Signore,

di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome,

poiché tu non privi mai della tua guida

coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dal secondo libro dei Re 2Re 19,9-11.14-21.31-35.36

Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo.

In quei giorni, Sennàcherib, re d’Assiria, inviò di nuovo messaggeri a Ezechìa dicendo: «Così direte a Ezechìa, re di Giuda: “Non ti illuda il tuo Dio in cui confidi, dicendo: Gerusalemme non sarà consegnata in mano al re d’Assiria. Ecco, tu sai quanto hanno fatto i re d’Assiria a tutti i territori, votandoli allo sterminio. Soltanto tu ti salveresti?”».

Ezechìa prese la lettera dalla mano dei messaggeri e la lesse, poi salì al tempio del Signore, l’aprì davanti al Signore e pregò davanti al Signore: «Signore, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. Porgi, Signore, il tuo orecchio e ascolta; apri, Signore, i tuoi occhi e guarda. Ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente. È vero, Signore, i re d’Assiria hanno devastato le nazioni e la loro terra, hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo opera di mani d’uomo, legno e pietra: perciò li hanno distrutti. Ma ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio».

Allora Isaìa, figlio di Amoz, mandò a dire a Ezechìa: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib, re d’Assiria. Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui:

Ti disprezza, ti deride

la vergine figlia di Sion.

Dietro a te scuote il capo

la figlia di Gerusalemme”.

Poiché da Gerusalemme uscirà un resto,

dal monte Sion un residuo.

Lo zelo del Signore farà questo.

Perciò così dice il Signore riguardo al re d’Assiria:

“Non entrerà in questa città

né vi lancerà una freccia,

non l’affronterà con scudi

e contro essa non costruirà terrapieno.

Ritornerà per la strada per cui è venuto;

non entrerà in questa città.

Oracolo del Signore.

Proteggerò questa città per salvarla,

per amore di me e di Davide mio servo”».

Ora in quella notte l’angelo del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centoottantacinquemila uomini. Sennàcherib, re d’Assiria, levò le tende, partì e fece ritorno a Nìnive, dove rimase.

L’umile preghiera del Re e la promessa del Signore

Il re Ezechia dovrebbe essere l’Emmanuele di cui parla il profeta Isaia (Is 7), ovvero il figlio di Acaz, la cui nascita «da una vergine» era stata profetizzata quale segno dato da Dio al re perché avesse più fede davanti alla minaccia della coalizione nemica. Acaz vacilla davanti alla congiura ordita dal re di Damasco e dal re d’Israele per costringere il re di Giuda ad aderire alla coalizione antiassira e che causerà la guerra Siro-Efraimita, preludio della fine del regno d’Israele nel 722. Isaia aveva avvertito Acaz: «Se non crederete, non rimarrete stabili». Si gioca sulla radice verbale ‘mn(da cui amen) che traduce il verbo credere o anche essere stabile.

Ezechia, che aveva avviato anche una riforma religiosa nel regno di Giuda, si trova davanti alla scelta di piegarsi davanti al re assiro, pagando un tributo e riconoscendolo come dio, o ribellarsi esponendosi al pericolo di essere distrutto. Al contrario di suo padre Acaz, si affida nella preghiera al Signore, il quale, per mezzo d’Isaia, lo rassicura riaffermando la sua autorità. Ezechia, pregando, innanzitutto afferma la fede nell’unico Dio, superiore a chiunque pretenda di prendere il suo posto. Poi affida la sua causa al Signore chiedendo la sua protezione. La risposta di Dio, mediante Isaia, non si fa attendere. È una parola di consolazione che riaccende la speranza nel cuore del re. Dio, come canterà Maria nel Magnificat, abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili. Ezechia è un re umile perché nei conflitti non confida in se stesso e non ricorre a stratagemmi umani, ma pone la sua fiducia in Dio e si dichiara disponibile all’obbedienza perché si compia la volontà di Dio e non semplicemente la propria.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 7,6.12-14

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

Ogni idea perché sia vera deve avere un corpo

Quando si ama c’è una domanda che non può essere mai elusa: «Cosa è bene che faccia?». Questo interrogativo inaugura il sano discernimento necessario prima di prendere delle decisioni e di metterle in pratica. Infatti, non dobbiamo fidarci molto del nostro intuito che facilmente può essere frainteso con la voce dell’orgoglio. Gesù indica nella porta stretta da attraversare il processo di discernimento grazie al quale le intenzioni iniziali possono realizzarsi dopo essere state vagliate dal ragionamento. Esso poi a sua volta si deve ispirare al principio enunciato da Gesù secondo il quale il bene da fare si individua a partire dai bisogni reali e non dagli ideali.

Vana sarebbe una fede fervorosa ma disincarnata perché ai tanti sforzi farebbero seguito molte delusioni ed esse hanno la forza di far morire gli entusiasmi. La fede non può essere un fuoco di paglia che si accende e divampa in breve tempo ma subito si consuma e si spegne. Al contrario essa assomiglia alla fiamma di una candela che, sebbene flebile, consente di fare piccoli passi ma nella giusta direzione per uscire dal buio. Dunque, è espresso un chiaro no all’attivismo fine a sé stesso che ha solo la parvenza di servizio ma che in realtà è una forma malcelata di orgoglio.

Gesù ci mette in guardia dal pericolo di lasciarci prendere dalla paura incontrando resistenze e ostacoli nella missione. Anche quando ci ritroviamo soli, e molti di quelli che si dichiaravano amici ci voltano le spalle, dobbiamo ricordare di seguire la voce della coscienza che, educata al discernimento dall’ascolto della Parola di Dio, indica sempre la via giusta anche se appare ai nostri occhi in salita e deserta. La via giusta non è necessariamente quella affollata e il consenso della maggioranza non può essere un criterio di verità. La nostra consolazione e la certa speranza consistono nell’incontro con Cristo che ha percorso da solo la via della croce aiutato solo dal Cireneo e giudicato dai più. Solo la via della Croce, benché stretta e angusta, conduce alla vita vera. 

Signore Gesù, diventando uomo ti sei unito ad ognuno di noi per condividere in tutto la nostra condizione, eccetto il peccato. Così hai mostrato che Dio non è una semplice idea ma una realtà talmente concreta da diventare persona con carne e sangue. Aiutami a rendere altrettanto concreta la mia fede facendo del bene, non secondo il mio giudizio o inseguendo le mode filantropiche del momento, ma ispirato dalla tua Parola che, passo dopo passo, mi guida nelle mie scelte quotidiane a compiere la volontà di Dio. Il senso della solitudine non mi inganni perché, incontrando Te nella carne del debole, in essa possa ritrovare la ragione dell’amore anche di quello che costa tante rinunce.