Il servizio rende liberi – Mercoledì della V settimana di Quaresima
Mercoledì della V settimana di Quaresima
Dn 3,14-20.46-50.91-92.95 Dn 3,52-56
Dio misericordioso,
che susciti nei tuoi figli la volontà di servirti,
illumina i nostri cuori purificati dalla penitenza
e nella tua bontà ascolta le nostre invocazioni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro del profeta Daniele Dn 3,14-20.46-50.91-92.95
Dio ha mandato il suo angelo e ha liberato i suoi servi.
In quei giorni il re Nabucodònosor disse: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?».
Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente.
I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace. Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi».
Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio».
Liberaci dal Maligno
La pagina del Libro del profeta Daniele narra la conversione del re Nabucodonosor, il quale benedice il Dio d’Israele riconoscendogli il più grande tra i poteri, quello di salvare dalla morte. La salvezza è resa possibile dalla fede di chi, confidando unicamente in Dio, accetta anche di sacrificare la sua vita per rimanergli fedele. L’azione di Dio è più grande di ogni opera umana che, per quanto imponente possa essere, non può che soccombere sotto la forza del Signore. Per Nabucodonosor la fedeltà significava sottomissione alla sua volontà con ogni mezzo coercitivo. La fede che porta alla salvezza, invece, è confidare nell’amore di Dio, il quale non sottomette nessuno ma, al contrario, intende promuovere tutti alla vita. Dio non condanna nessuno perché la giustizia si coniuga con la misericordia. In virtù di esse l’amore di Dio non cerca il suo interesse ma il bene della gente. Per questo scende insieme a chi è provato al fuoco della prova per renderlo refrattario alle minacce e disobbediente alla paura.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 8,31-42
Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».
Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro».
Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato».
Il servizio rende liberi
Le parole di Gesù, riguardo al fatto che egli fa solo ciò che è gradito al Padre, suscitano una certa simpatia nella gente che inizia a fidarsi di lui. Tuttavia, Gesù specifica che per essere veramente suoi discepoli bisogna avere l’umiltà di lasciarsi guidare sul sentiero che conduce alla verità. Non si tratta di accedere a segreti nascosti o acquisire poteri particolari, ma di fare esperienza dell’amore di Dio che è all’origine e a fondamento della nostra vita. Al principio di ogni cosa c’è Dio che ama il Figlio e in lui vuole amare ogni uomo. La verità è la paternità di Dio che sempre genera figli alla vita. La fede è un cammino di maturazione umana che culmina nella comunione con Dio. Gesù si spiega usando l’immagine della casa nella quale abita stabilmente il figlio. La casa è la metafora per indicare la familiarità intima e forte che si stabilisce tra coloro che sono legati da sentimenti di amore. Per essere veramente liberi non ci si può fermare alla simpatia con Gesù ma è necessario scendere sul piano più profondo della empatia in modo da avere in sé i suoi stessi sentimenti di Figlio verso il Padre. Lo schiavo è diverso dal figlio perché passa di casa in casa, ora sotto un padrone ora alle dipendenze di un altro. Il peccato ci rende schiavi e vittime di relazioni precarie e cangianti; con quanta facilità si passa dall’amore all’odio, dalla confidenza all’indifferenza, dal convivio al conflitto. La libertà è la condizione di stabilità affettiva che si conquista gradualmente e a condizione di farsi aiutare. Gesù sta dicendo una cosa molto semplice che è sotto gli occhi di tutti, se siamo onesti intellettualmente. Tutti desideriamo stabilità nelle relazioni umane, eppure non tutti si rendono conto che essa si costruisce poco alla volta partendo dal fondamento della verità. Tutto ciò che non è poggiato sull’amore di Dio è destinato a finire inesorabilmente. L’ascolto, lo studio, la meditazione della Parola di Dio ci rende saldi nella fede e operosi nella carità fraterna.
Il vero problema è dirci credenti, è affermare l’appartenenza alla Chiesa, è aderire persino a qualche gruppo ecclesiale, ma vivere la fede reputandoci maturi, adulti, autonomi al punto da avvertire come una vergogna o un disonore il fatto di aver bisogno di aiuto per liberarci dalle varie forme di schiavitù che avviliscono la propria umanità. L’orgoglio ci rende schiavi di noi stessi. La fede è dunque un cammino di liberazione dal complesso della perfezione per essere veramente capaci di amare e servire i fratelli, non malgrado le nostre imperfezioni, ma proprio attraverso i nostri limiti.
Signore Gesù, quante volte dubito del tuo amore e del fatto di essere amato dal Padre come figlio. Confesso che mi risulta molto più facile citarti che imitarti. La tua parola mi guidi a conoscere e a gustare sempre di più la verità dell’amore del Padre, principio e fondamento della mia vita. Insegnami a legare al tuo cuore ogni relazione e a coltivarla con la stessa premura e gratuità con la quale una madre si prende cura dei propri figli. Liberami dalla dipendenza del giudizio, dalla schiavitù delle apparenze, dalle catene del risentimento. Donami la vera libertà, lo Spirito del servizio.