Prendersi cura del corpo per guarire l’anima – Sabato della V settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Santa Scolastica

Prendersi cura del corpo per guarire l’anima – Sabato della V settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Santa Scolastica

6 Febbraio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Sabato della V settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – Santa Scolastica

1Re 12,26-32; 13,33-34   Sal 105

Nella memoria della santa vergine Scolastica,

ti preghiamo, o Padre:

dona anche a noi, sul suo esempio,

di amarti e servirti con cuore puro

e di gustare la dolcezza del tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal primo libro dei Re 1Re 12,26-32; 13,33-34

Geroboàmo preparò due vitelli d’oro: ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan.

In quei giorni, Geroboàmo, [re d’Israele], pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboàmo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboàmo, re di Giuda».

Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.

Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboàmo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture.

Geroboàmo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboàmo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra.

La «brutta copia» di Dio

Ecco riproporsi il peccato originale: alla sapienza di Dio si oppone quella diabolica. Ciò che Dio unisce il diavolo invece divide. Geroboamo non è un re scelto da Dio ma è il prodotto della ribellione. È la «copia» corrotta del re, quella che nasce dalla mente traviata di un popolo che si è conformato in tutto alla mentalità pagana. Il re ribellandosi a Dio non è più servo del Signore ma di satana e dunque, sostituendosi a Dio, agisce per dividere e contrapporre. Il re Geroboamo, non solo devia verso il peccato di ribellione contro Dio, ma inganna anche il popolo creando un sistema cultuale parallelo in modo da allontanare il suo cuore dall’unico Signore. Come la perseveranza di Salomone nel peccato ha portato alla divisione del regno, così l’ostinazione di Geroboamo nel compiere il male avrebbe provocato la fine definitiva del regno d’Israele in attesa di una nuova rifondazione ad opera di un re obbediente e misericordioso: Gesù Cristo.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,1-10

Mangiarono a sazietà.

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».

Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».

Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.

Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.

Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Prendersi cura del corpo per guarire l’anima

«Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: “Sento compassione per la folla”». I discepoli ricevono un grande insegnamento perché Gesù rivela loro i suoi sentimenti di compassione per quella gente che non ha da mangiare. Non c’è sentimento più umano, e al medesimo tempo più divino, della compassione. Il cuore, che sa andare oltre sé verso l’altro per accogliere e condividere le ansie, le paure, le speranze, i bisogni altrui, diventa il punto d’incontro tra Dio e l’uomo. Un cuore compassionevole è all’origine di quella scelta e azione pastorale che voglia prendersi cura di ogni uomo e di tutto l’uomo. Gesù insegna che non si può spezzare il pane della Parola di Dio, e nutrirsi di essa, senza preoccuparsi anche del corpo e del suo sostentamento. La fame di pane racchiude in sé tutti gli altri bisogni legati al corpo e che sono il veicolo per raggiungere il benessere spirituale. La compassione non coglie solo bisogni settoriali e non intercetta specifici ambiti dell’esistere, ma si fa sentire vicino al fratello così come è, nella sua totalità e complessità. Il pane diventa uno strumento per saziare la fame di amicizia e di amore fraterno, perché l’uomo non è solo corpo biologico ma anche corpo spiritualizzato. 

Gesù educa i discepoli attraverso un vero e proprio laboratorio in cui la fede non gioca un ruolo importante solo nella crescita spirituale ma anche in quella umana. Sicché i discepoli comprendono che si evangelizza, prima ancora che con le parole, con le opere di misericordia corporali, perché se non ci si prende cura dei corpi non si possono guarire le anime.

Grazie, Signore Gesù, perché mediante i segni sacramentali mi fai sentire nel cuore la tua compassione, il calore della tua divina umanità. Con il pane e il vino eucaristici mi doni la forza e la gioia di venirti incontro servendo i fratelli; l’olio profumato mi consacra per rivestirmi della dignità dei figli di Dio e mi dà coraggio per resistere al male e perseverare nell’amore; la mano posta sul capo mi comunica lo Spirito che sana le ferite del peccato e ravviva il desiderio della comunione fraterna. Donami, Signore Gesù, la stessa compassione che tu senti nei confronti dei più deboli affinché anche io possa prendermi cura amorevolmente delle membra del tuo Corpo, la Chiesa, e tu possa esserne il suo cuore pulsante.